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Mercenari di Berlusconi

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(28 Febbraio 2011) Enzo Apicella
Silvio Berlusconi difende la scuola cattolica contro quella pubblica che subirebbe l'influenza deleteria di ideologie che non rispettano la verità

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    USA, la lotta sale in cattedra

    (18 Settembre 2012)

    wegot

    Lunedì 17 Settembre 2012 23:00

    L’imponente sciopero indetto dagli insegnanti della scuola pubblica di Chicago è entrato lunedì nella seconda settimana dopo che i loro delegati sindacali hanno respinto nella giornata di domenica una proposta di accordo negoziato con le autorità scolastiche cittadine. La protesta degli insegnanti è la più massiccia da 25 anni a questa parte negli Stati Uniti ed ha assunto da subito la connotazione di una lotta per la salvaguardia dell’educazione pubblica nel paese, sotto attacco bipartisan sia a livello locale che federale.

    Quella in corso a Chicago è anche la più recente manifestazione delle tensioni sociali e dei profondi malumori diffusi tra la popolazione americana nei confronti della risposta delle élite politiche ed economiche alla recessione globale e alla crisi del capitalismo a stelle e strisce.

    In prima linea contro gli insegnanti in sciopero c’è il sindaco di Chicago, l’ex capo di gabinetto del presidente Obama, Rahm Emanuel, ben deciso ad implementare a tutti i costi una “riforma” del sistema educativo cittadino in gran parte basata sulla chiusura di un numero considerevole di scuole pubbliche e sulla promozione delle cosiddette “charter schools”, istituti privati sovvenzionati con fondi pubblici.

    Inoltre, gli scioperanti protestano contro l’utilizzo di test unificati a cui sottoporre annualmente gli studenti e i cui risultati serviranno in parte a valutare le prestazioni degli insegnanti, i quali, in mancanza di risultati, potranno essere licenziati con un preavviso massimo di un anno.

    Questo metodo, in linea con il programma federale “Race to the top” dell’amministrazione Obama, è stato creato appositamente per fornire una giustificazione alla chiusura delle scuole pubbliche meno efficienti, quasi sempre situate nei quartieri più poveri e degradati. In tal modo, la classe dirigente d’oltreoceano potrà scaricare sugli insegnanti le responsabilità della crisi economica e sociale, nonché del continuo taglio dei fondi per l’istruzione pubblica, che si riflettono in maniera determinante sul rendimento degli studenti nei distretti più problematici.

    Inoltre, i risultati negativi dei test previsti, che porteranno al licenziamento degli insegnanti con maggiore esperienza e anzianità, permetteranno la loro sostituzione con neo-assunti a cui verranno garantiti stipendi e diritti decisamente inferiori.

    A combattere questa battaglia sono così 26 mila insegnanti di Chicago, la cui astensione dal lavoro a partire da lunedì della settimana scorsa ha tenuto fuori dalle aule più di 300 mila studenti. Nel timore di vedersi sfuggire la situazione di mano, visto anche il sostegno raccolto in città e a livello nazionale dagli insegnanti in sciopero, l’amministrazione comunale e i vertici del sindacato Chicago Teachers Union (CTU) hanno cercato in tutti i modi di far rientrare la protesta nel fine settimana.

    Il confronto con il sindaco e l’autorità che gestisce le scuole pubbliche cittadine (Chicago Public Schools, CPS) ha perciò portato ad una bozza di accordo, i cui dettagli il CTU ha cercato di tenere nascosti ai propri affiliati fino all’ultimo momento, così da forzare un voto dei delegati prima ancora che gli iscritti potessero conoscerne il contenuto.

    Il tentativo non è però andato a buon fine e domenica pomeriggio i punti di un accordo già raggiunto giovedì sono stati resi noti. Successivamente, gli 800 rappresentanti degli insegnanti hanno votato per continuare lo sciopero, assestando un colpo alla credibilità del CTU tanto più grave quanto i delegati sono ritenuti molto più vicini alla linea della dirigenza del sindacato rispetto alla maggioranza degli iscritti.

    La presidente del CTU, Karen Lewis, ha tuttavia già programmato un nuovo voto per martedì sullo stesso testo, senza che siano previsti altri negoziati, nella speranza che altri due giorni di pressioni e attacchi da parte della stampa agli scioperanti convinca i delegati ad esprimersi a favore della bozza di accordo e a far cessare la protesta. Sull’eventuale accettazione dell’accordo dovranno in ogni caso esprimersi tutti i membri del sindacato, ma il loro voto verrà chiesto solo dopo che lo sciopero sarà terminato.

    L’accordo presentato domenica rappresenta una capitolazione pressoché totale alle richieste di Rahm Emanuel e include solo trascurabili concessioni che il sindacato si è già affrettato a presentare come successi. Per il sindaco, il quale in seguito al voto di domenica ha minacciato azioni legali per far rientrare lo sciopero, l’azione di protesta sarebbe illegittima perché gli insegnanti starebbero scioperando per motivi attorno ai quali, secondo la legge dello stato dell’Illinois, non hanno il diritto di farlo e perché la loro astensione dal lavoro mette in pericolo la salute e la sicurezza degli studenti.

    Per molti scesi nelle strade di Chicago in questi giorni lo scrupolo verso gli studenti mostrato dal sindaco è apparso quanto meno singolare, dal momento che le politiche messe in atto dalla sua amministrazione e dai suoi compagni di partito intendono distruggere la scuola pubblica per mettere l’educazione nelle mani di privati il cui unico obiettivo è il profitto.

    Secondo quanto rivelato recentemente dal Chicago Tribune, infatti, l’ex braccio destro di Obama sarebbe pronto ad annunciare, dopo la fine dello sciopero in corso, un piano che prevede la chiusura di 120 dei 600 istituti pubblici di Chicago nei prossimi cinque anni e l’apertura di 60 nuove “charter schools” che andrebbero ad aggiungersi alle 100 già esistenti.

    A differenza della maggior parte degli insegnanti che rappresenta, il CTU condivide sostanzialmente gli obiettivi della “riforma” della scuola pubblica di Emanuel. Il sindacato ha dimostrato infatti di accettare la tesi di quanti affermano che il ridimensionamento dell’educazione pubblica a favore dei privati sia inevitabile, dal momento che le risorse economiche sono ormai insufficienti, anche se miliardi di dollari di denaro pubblico vengono regolarmente sborsati per guerre imperialiste e per sovvenzionare banche e speculatori di Wall Street.

    La “riforma” promossa a Chicago da Rahm Emanuel e su scala nazionale dall’amministrazione Obama raccoglie il consenso anche di tutti i maggiori media americani e dell’intera classe politica democratica e repubblicana, contro cui gli insegnanti si trovano in questi giorni a combattere.

    I resoconti dello sciopero sui giornali continuano così a sottolineare i disagi causati ai genitori che non possono mandare i loro figli a scuola, mentre si moltiplicano gli editoriali che attaccano gli insegnanti, come quello pubblicato settimana scorsa dal New York Times e che senza mezzi termini ha definito la protesta una “follia”.

    I repubblicani, da parte loro, nonostante il duro scontro elettorale in vista del voto di novembre, hanno manifestato tutta la loro solidarietà con il sindaco democratico e le autorità scolastiche di Chicago, come il candidato alla vice-presidenza, Paul Ryan, il quale ha affermato più volte di condividere in pieno la condotta di Rahm Emanuel.

    La posizione del sindacato degli insegnanti appare sempre più lontana dagli interessi dei suoi membri, principalmente a causa di un appiattimento ormai quasi totale sul Partito Democratico. Il CTU fa parte dell’American Federation of Teachers (AFT), a sua volta affiliata all’AFL-CIO, vale a dire la più grande federazione sindacale degli Stati Uniti, e tutti appoggiano la campagna per la rielezione di Barack Obama, alimentando l’illusione tra i loro iscritti che solo i democratici, se debitamente pressati dal basso, possano mettere in atto politiche a beneficio di lavoratori e classe media.

    Questa subordinazione dei sindacati ad un partito che è espressione unica dei grandi interessi economici e finanziari americani fa in modo che i loro vertici finiscano puntualmente per far accettare ai propri iscritti imposizioni e ricatti, smantellando a poco a poco i diritti conquistati in decenni di dure battaglie.

    Il tradizionale sodalizio tra sindacati e Partito Democratico, d’altro canto, fa sì che il prolungarsi dello sciopero a Chicago possa trasformarsi in un motivo di serio imbarazzo anche per il presidente Obama, proprio mentre necessiterebbe di un fronte compatto tra i suoi sostenitori in vista delle ultime durissime settimane di campagna elettorale per la Casa Bianca.

    Michele Paris - Altrenotizie

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