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Tempi duri: Come funziona il Tmc-2

(30 Settembre 2003)

Il lavoro e i movimenti per farlo sono praticamente gli stessi, ma i tempi per spostare, tagliare, avvitare, sollevare la Fiat li ha ridotti drasticamente: anche del 20 per cento. Prima, a Melfi e Pratola Serra, poi a Cassino (con l’accordo separato del 15 marzo 2001), Mirafiori e, al ritorno dalle ferie, anche a Termini Imerese e Pomigliano d’Arco. Questa la cronistoria del Tmc-2, il sistema di misurazione dei tempi per l’esecuzione del lavoro elaborato nei pensatoi Fiat a metà degli anni Ottanta, sperimentato inizialmente nell’indotto (la Magneti Marelli), contrabbandato insieme al sogno della fabbrica integrata di Melfi e oggi proposto nel piano Boschetti come unica uscita possibile dalla crisi. Tmc-2 nel linguaggio della cronotecnica vuol dire “Tempi dei movimenti collegati-seconda versione”, ma in quello più crudo della fabbrica significa che se prima per montare un pezzo avevi a disposizione 60 secondi oggi te ne devi far bastare 48 e che, alla fine dei conti, fai in cinque giorni quello che prima ti riusciva in sei: “Praticamente è come aver introdotto il sabato lavorativo”, esemplifica efficacemente Claudio Stacchini, della segreteria della Fiom piemontese. “Per ogni vettura che transita in linea noi lavoriamo 1 minuto e 36 secondi – spiega Pasquale Ditolve, 36 anni, delegato Fiom, operaio della Fiat Sata di Melfi dal ’93 –. A Termini Imerese, prima dell’introduzione della nuova metrica, le stesse operazioni si facevano in due minuti”. La differenza sembra poca, ma 24 secondi nella cadenza infernale della linea sono tanti e moltiplicati per tutte le operazioni della giornata fanno molta fatica in più. “Quando sono arrivati da Termini a vedere come funzionava il Tmc-2 – prosegue il delegato – gli operai siciliani si sono davvero preoccupati. Da noi le cadenze sono così sostenute che spesso siamo costretti a inseguire le vetture sulla linea; in un giorno, sul layout facciamo chilometri e chilometri avanti e indietro”.

Perche’ la nuova metrica?

A Melfi, le proteste della Fiom contro il Tmc-2 vanno avanti da anni. A Cassino, l’accordo che ha introdotto la nuova metrica, nel 2001, fu un accordo separato: la Fiom non firmò. La stessa cosa è accaduta a Mirafiori, il 18 marzo del 2003; a Pomigliano d’Arco e Termini Imerese, invece, l’azienda è andata avanti unilateralmente e i sindacati minacciano proteste. Ma è utile, all’azienda, creare un clima così conflittuale in un momento delicato come questo (ad agosto la quota di mercato Fiat è scesa ancora, al 6,5 per cento) e nel quale, per superare la crisi, ci sarebbe grande bisogno anche del grande impegno di tutti i lavoratori?

La tesi sostenuta dalla Fiom è nota: la Fiat procede verso la liquidazione del settore auto e, per questo, tenta in tutti i modi di ridurre i costi, estendendo a tutto il gruppo quel Tmc-2 che, guarda caso, è lo stesso sistema metrico usato dalla General Motors, il colosso di Detroit che dovrebbe fagocitare il Lingotto. “La stessa operazione – dice ancora Stacchini – di chi decide di vendere casa ma prima la rassetta per renderla più appetibile al compratore”. Con il Tmc-2 Fiat può ottenere, a scelta, due risultati: produrre con meno lavoratori lo stesso quantitativo di macchine o più macchine con gli stessi lavoratori. Ma è una strategia che, anche a vederla solo in ottica padronale, non convince del tutto: l’incidenza del costo del lavoro nel bilancio Fiat è bassa, intorno al 10 per cento (era il 19,1 per cento nel ’95) e gli stipendi dei suoi lavoratori sono tra i più miseri in Europa. Cesare Cosi, dell’ufficio sindacale della Fiom Piemonte, ex operaio di Mirafiori e tra i massimi esperti in metrica del lavoro ( vedi il suo contributo), la spiega così: “Il Tmc-1 (adottato in Fiat prima del Tmc-2, ndr) era un sistema condiviso tra le parti e rendeva possibile una contrattazione di merito. Si discuteva di organizzazione del lavoro, prodotto, layout; ognuno, ovviamente, con i propri interessi ma partendo da una base oggettiva: la condivisione della stessa metrica del lavoro. Con l’adozione unilaterale, da parte dell’azienda, del Tmc-2 questo terreno comune salta e la contrattazione ne riceve un danno fortissimo”. Cioè, non si contesta più una modalità applicativa della metrica, ma la metrica stessa: la contrattazione rischia di diventare “ideologica”, nel senso più pieno del termine.

A Melfi, memoria storica del Tmc-2

E alla Sata di Melfi, in dieci anni di Tmc-2, questa conflittualità non è davvero mancata. “La nuova metrica – ricorda Giuseppe Cillis, segretario generale della Fiom lucana – partì il primo gennaio del ’94. Noi rivendicavamo quello che i lavoratori degli altri stabilimenti stanno chiedendo ora, e spero con risultati migliori dei nostri: la verifica puntigliosa dell’applicazione di un sistema che rendeva più intenso il lavoro. Anche all’epoca, come sta facendo in questi giorni a Mirafiori, la Fiat sosteneva che il Tmc-2 poteva migliorare il modo di lavorare. Ma perché questo avvenisse era necessario intervenire sulle “situazioni” ergonomiche, sulle posizioni dei lavoratori lungo la linea, sugli strumenti di lavoro”. Se, per esempio, un avvitatore produce un numero di vibrazioni più basse magari si può sopportare un lavoro anche più intenso. “Ma questi cambiamenti, che dovevano accompagnare la nuova metrica, non sono mai stati adottati – attacca Cillis –. Per noi il modello organizzativo va ripensato complessivamente. La maggiore flessibilità di cui può aver bisogno l’azienda va coniugata con la tutela e la salute dei lavoratori”. A dieci anni di distanza Ditolve prova a tirare le somme: “Con la crescita esponenziale dei carichi di lavoro, su un totale di circa 4.900 addetti abbiamo ormai più di mille lavoratori “limitati” (coloro, cioè, che non possono fare le operazioni più pesanti, ndr), con ernie del disco, tendiniti, sindromi del tunnel carpale. E questo numero, con l’aumento dell’età media degli addetti, salirà sempre di più se non s’interviene. La gente è stanca: ogni anno, mediamente, 200 persone lasciano l’azienda”. E non è che la diminuzione della produzione alleggerisca il ritmo, anzi. A Melfi in settimana hanno abbassato la produzione di 30 vetture, “ma insieme hanno tolto 25 persone dalla linea – commenta il delegato – e i tempi di lavoro, in questo modo, sono sempre più saturati”.

E a Mirafiori nessuna prospettiva

Nel panorama Fiat spicca poi la situazione di Mirafiori. Si tratta dell’unico sito produttivo dove all’introduzione del Tmc-2 non è seguita nessuna indicazione di sviluppo. Lo dicono i dati: l’impianto funziona ormai al 45 per cento; i tre turni si fanno solo sulla Punto, mentre per Multipla, Lybra e Thesis si lavora solo su un turno giornaliero e la Panda è migrata in Polonia; la Punto, poi, sarà progressivamente sostituita dal monovolume Idea, ma si passerà da 800 a 300 vetture al giorno. Entro fine anno, gli addetti superstiti saranno 14.000: erano 29.000 solo tre anni fa. Nonostante questo, Fim Uilm e Fismic hanno firmato il 18 marzo l’accordo che ha dato via libera al Tmc-2 e, contestualmente, a quasi duemila mobilità. A giugno sono iniziati gli scioperi contro la nuova metrica. “Hanno protestato – racconta Rocco Moscato, delegato Fiom da quindici anni – anche tanti lavoratori iscritti a sigle firmatarie dell’accordo”. Ma come si vive il passaggio al Tmc-2 da una tempistica di lavoro più tradizionale? “Male – ammette Moscato –, anche perché l’età media qui a Mirafiori è alta, 45 anni. Molti non ce la fanno a star dietro alla linea e così tante vetture rimangono sul piazzale incomplete. E questo a dispetto di quella qualità di cui la Fiat continua a parlare tanto”.

Prima dell’estate, Guariniello ha avviato un’inchiesta, a seguito di un esposto della Fiom, per verificare gli effetti della nuova organizzazione del lavoro sulla sicurezza e salute degli addetti; effetti che per i sindacati sono nocivi soprattutto in relazione alle patologie da sforzo ripetuto. L’azienda, accusa la Fiom, non ha aggiornato il documento di valutazione dei rischi, previsto dal dlgs 626/94 e, soprattutto, rifiuta ogni approccio partecipativo al problema sicurezza: “I rappresentanti dei lavoratori nella Commissione fabbrica integrata – accusa Moscato – hanno segnalato criticità su una ventina di postazioni. Ma la Fiat ha detto che andava tutto bene e, anzi, su alcune di esse ha addirittura aumentato i carichi”.

Ora, come è noto, il Tmc-2 “tocca” a Termini Imerese e Pomigliano D’Arco. Ancora è presto per dare giudizi; tuttavia, proprio per evitare i conflitti, nello stabilimento napoletano l’azienda ha iniziato a applicare il sistema metrico solo sulla linea dell’Alfa 147 e in maniera soft: “Ma – spiega Andrea Amendola, responsabile Fiat della Fiom napoletana, – abbiamo già annunciato mobilitazioni se e quando le cadenze saranno intensificate”. E, mercato permettendo, c’è da scommetterci che lo saranno.

Stefano Iucci

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