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Donne: rosa con spine

(26 Settembre 2012)

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Martedì 25 Settembre 2012 23:00 .

Il dossier presentato da Save the Children al ministro Elsa Fornero e alla vice-presidente del Senato, Emma Bonino restituisce un‘immagine negativa e arretrata della condizione femminile nel nostro Paese. Numeri che lasciano ancor più amarezza alla vigilia di un mese, come quello di ottobre, che sarà interamente dedicato alle donne e alla cultura di genere su tutti i fronti: dalla salute al lavoro.

Il bivio, che a parole sembrava superato, rimane sempre lo stesso: essere madri e assecondare la propria potenzialità biologica o avere un ruolo e una funzione sociale. Se ci sono due figli, due donne su tre non hanno lavoro per interruzioni forzate nella maggior parte dei casi. La carenza di servizi di welfare a sostegno delle famiglie e le discriminazioni ancora presenti nel mondo del lavoro obbligano moltissime donne giovani (tra i 25 e i 34 anni) ad essere inattive.

Le donne quindi pagano due volte la crisi economica, costrette spesso per necessità al part-time o alla rinuncia totale di un’occupazione. E insieme a loro pagano i figli e il tenore di vita di numerosissime famiglie. Questo è l’effetto collaterale che una certa politica maschile e una sociologia fintamente neutra cerca di nascondere sotto il tappeto. Non fa differenza il livello di formazione e di istruzione, che anzi paradossalmente costituisce una penalizzazione ulteriore rispetto agli uomini e ai loro livelli di occupazione e remunerazione.

Il record, purtroppo, è tutto italiano, dato che nel contesto europeo il nostro Paese investe meno di tutti nei servizi per le famiglie e per l’infanzia e non sarà certo la sola investitura formale di un Garante dell’Infanzia, senza voci di bilancio adeguate, ad intervenire seriamente sul problema e a farlo diventare qualcosa di più di una mera vetrina mediatica.

Alle mancanze dei servizi e alle lacune del sistema welfare si unisce poi un gap culturale che la società italiana non è riuscita ancora a metabolizzare. Gli uomini continuano ad impegnarsi molto meno nel lavoro familiare e domestico, lasciando alle mamme il carico maggiore e sottraendole di fatto opportunità concrete di lavoro e di guadagno.

Un doppio assedio quindi quello che grava sulla condizione delle donne italiane: da una parte l’alibi della crisi che le vede comunque maggiormente penalizzate degli uomini e dall’altra una parziale assimilazione del principio dell’eguaglianza che le vede confinate alla sfera familiare come un ripiego e come un’esclusione definitiva o quasi dalla dimensione pubblica in ogni suo aspetto.

Non c’è dubbio quindi che la carenza di un welfare degno rappresenti un ulteriore elemento di squilibrio tra generi: le donne sono le principali vittime di una organizzazione sociale arretrata e di un mercato del lavoro ormai in preda alla deriva mercatista. Sono i due elementi della condanna maggiore che costringe le donne che sono mamme a doversi occupare integralmente del lavoro di cura non disponendo di alcun aiuto.

La famiglia tradizionale, sbandierata da destra a sinistra come pilastro della società e come esclusivo, legittimo luogo della rappresentanza corretta degli affetti, viene clamorosamente ignorata proprio dalle politiche del lavoro e da quelle sul welfare. A questo si aggiunge poi la scarsa cultura dell’eguaglianza che caratterizza l’Italia rende tutto più sopportabile e comprensibile. Ovviamente per i padri, i mariti e per i datori di lavoro.

Rosa Ana De Santis - Altrenotizie

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