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    4° congresso dell’Akp turco: apoteosi erdoganiana

    (1 Ottobre 2012)

    erdocongress

    Il pensiero stupendo che il premier turco Recep Tayyip Erdogan riacclamato per la terza volta (ma sarà l’ultima) leader di Adalet ve Kalkinma Partisi (Akp) si porta in petto è riassunto nello slogan “Splendida nazione, splendido potere, obiettivo 2023” http://www.youtube.com/watch?v=yXx442MmHKg . E’ un modo per scippare a kemalisti e nazionalisti, con tanto d’immagine di Atatürk nell’enorme sala, l’anniversario della nascita della Turchia moderna che cade appunto fra undici anni. Forte di una maggioranza elettorale che s’approssima al 50% l’Ak Party dopo un decennio di governo pensa d’inanellarne un secondo e raggiungere l’anniversario in questione tenendo ancora saldamente le redini della politica nazionale. Un obiettivo di regime che il partito dell’Islam moderato - secondo gli oppositori una struttura autoritaria e personalistica - si pone esplicitamente. Per ora con Erdogan, in futuro con un nuovo leader carismatico che all’orizzonte non esiste. Perché come ogni capo unico Erdogan non ha rivali ma solo collaboratori. Sebbene alcuni recenti sondaggi per le future presidenziali diano più chance all’attuale Capo di Stato Gül, l’insaziabile primo ministro per rimanere ai vertici della politica sotto altra veste non rinuncia alla candidatura e la rilancia attraverso la modifica Costituzionale che trasforma la Turchia in Repubblica Presidenziale.

    La nuova Carta non è ancora pronta ma questa mossa è stata avallata nel giugno scorso da una sentenza della Corte Costituzionale che ha allungato il mandato dell’attuale presidente da 5 a 7 anni, il tempo necessario per ratificare ufficialmente la modifica. Il progetto è tutt’altro che segreto “Abbiamo disperatamente bisogno di una nuova Costituzione che riflette ai più alti livelli la volontà popolare. La vogliamo aperta a diritti umani e integrazione” ha esplicitato il leader. Se Erdogan la fa da padrone su tutta la penisola anatolica figurarsi nel suo partito che i repubblicani accusano di volersi trasformare in Stato, cosa che facevano essi stessi sin dalle origini. Si sa la politica ha la memoria corta sui propri vizi ed è sempre propensa additare quelli altrui. Naturalmente la prosopopea con cui il leader in carica ha aperto ad Ankara il 4° Congresso dell’Akp indica apertamente una via da pensiero unico e non da dibattito aperto http://www.youtube.com/watch?v=nr6KxBGx9ew . Pur invitati i rappresentanti dei due maggiori gruppi d’opposizione si sono rifiutati di partecipare. I repubblicani del Cumhuriyet Halk Partisi (Chp) tramite il rappresentante Keskin hanno dichiarato “Abbiamo duramente condannato l’atteggiamento censorio dell’Akp che nel Congresso parla di percorrere una via democratica e fuori la combatte impedendo la libertà di stampa”.

    Si riferiva al rifiuto posto dal partito islamico all’accredito per una serie di media critici verso il governo: le testate Cumhuriyet, Sözcü, Aydinlik, Evrensel, Birgün, Yeniçag, Özgür Gündem e IMC TV. Milliyetçi Hareket Partisi (Mhp) ha invece ritirato la propria delegazione per la presenza del presidente regionale del Kurdistan iracheno Massoud Barzani. Ancora giochi della politica: lui sedeva accanto a personalità come Mursi, il premier pakistano Gilani, al vice presidente sudanese Taha ma ai kurdi di casa del Peace and Democracy Party non era stato fatto alcun invito. Come abbiamo ricordato Erdogan per rilanciarsi ai vertici del partito e dello Stato quale risolutore della questione kurda ha riaperto i canali con la leadership del Pkk, ma da buon comunicatore non s’è fatto sfuggire la ghiotta occasione del congresso. Ai cittadini kurdi ha ricordato che rispetto alle vecchia linea dell’assimilazione lui propone una vera fratellanza “Sia che votiate Akp sia che sosteniate altri partiti vi dico: risolviamo insieme i problemi senza cedere alla violenza”. Il lungo discorso è proseguito con un po’ di cifre che fan sempre effetto “In dieci anni il governo ha speso 35 miliardi di lire turche per risollevare le regioni del sud-est. (abitate dalla quella comunità, ndr). Dobbiamo scegliere la via della soluzione politica e non possiamo essere lasciati soli in questo cammino”. Altre cifre per il vanto del palco vengono da un debito col FMI passato dai 23.5 miliardi di dollari nel 2002 all’attuale 1.3 miliardi, mentre negli stessi anni il prodotto interno lordo è cresciuto dai 230 miliardi di dollari ai 771 miliardi d’oggi con l’8.5% di crescita anche in questa durissima fase di crisi mondiale. Il copione è conosciuto ma a effetto. Dagli spalti urla da stadio.

    30 settembre 2012

    Enrico Campofreda

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