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Ustica. Monumento all'assassino ignoto

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(Omicidi di stato)

Aldrovandi ucciso, stato assassino

A sette anni dall’omicidio

(8 Ottobre 2012)

aldroucciso

Ferrara, via dell'Ippodromo. Venticinque settembre duemilacinque. Una pattuglia della Polizia di Stato aggredisce, pesta selvaggiamente, ammanetta e uccide Federico Aldrovandi, di anni diciannove. Lo hanno ucciso pestandolo e costringendolo in una posizione supina, ammanettato. Nonostante gridasse che stava soffocando. L'autopsia rivela un massacro: trauma cardiaco da schiacciamento, emorragie interne, costole rotte, congestione cerebrale. Due manganelli rotti per la forza dei colpi che hanno inferto. La notizia comincia a girare: la polizia dichiara che il giovane stava dando in escandescenza a causa di droghe, che ha aggredito la pattuglia di polizia intervenuta a calmarlo e che è deceduto a causa dello stress della situazione. Si, effettivamente un pestaggio generalmente causa stress. Le tracce di droga trovate dagli esami tossicologici saranno minime e una coraggiosa testimone rivelerà, a discapito delle intimidazioni sistematiche fatte dalla polizia di stato verso tutti gli abitanti di via Ippodromo, che l'aggressione e il pestaggio furono gratuiti e continuati. Le incongruenze della versione della polizia emergeranno lentamente. Come emergerà il tentativo di insabbiamento con tamponi di sangue tenuti occultati per mesi e versioni di comodo preparate a tavolino con la complicità dall'allora questore di Ferrara, Elio Graziano (ma non temete, il nostro non è stato allontanato ma vigila sulla sicurezza dei cittadini in altre città) e della magistratura. Qualche mese fa si è concluso il processo ai quattro poliziotti (Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani, Luca Pollastri) con le condanne definitive a tre anni e sei mesi di reclusione. I quattro sono ancora in servizio, nonostante la condanna definitiva del giugno 2012. L'assasinio di Federico Aldrovandi non è stata il primo e non è stata l'ultimo commesso da appartenenti alle forze dell'ordine: Uva, Cucchi, Sandri, Giuliani, Lonzi, Bianzino, tutte le persone che si sono prese per “un tragico incidente” una pallottola ad un posto di blocco, che chissà perchè quando mirano alle gomme ti prendono in testa. Ma c'è di più: i poliziotti sono stati condannati per “eccesso colposo in omicidio colposo”. L'omicidio colposo, tanto per intenderci, è quando uno non assicura un vaso di gerani alla finestra, questo cade e ammazza un passante. Un'incidente dovuto ad una mancanza di attenzione, non ad un dolo, insomma. Si ha un po' di difficoltà a definire incidente il pestare a morte una persona. Si può dire che non c'era volontà di uccidere: ma in tal caso sarebbe omicidio preterintenzionale. Non colposo. Ma il problema sta a monte: chi indossa una divisa spesso e volentieri si crede un dio in terra, investito di un'impunità dovuta alla legittimazione sociale del suo ruolo da un lato e dalla deresponsabilizzazione delle sue azioni dall'altro. Ci sono stati gli interessantissimi esperimenti della scuola sociologica di Palo Alto a confermare questa tesi. Divisa e violenza sono correlati in maniera automatica. Certamente possono esistere eccezioni individuali, ma sono, appunto eccezioni. Lo stato è violenza organizzata e possibilità dell'esercizio illimitato della violenza sui singoli individui o specifici gruppi sociali di indesiderabili. Per Aldrovandi la storia è andata in modo sensibilmente differente rispetto alle tante, troppe (ma anche una è troppo) storie di questo genere. La fortuna, se di fortuna possiamo parlare, è stata che la famiglia di Federico, la madre Patrizia, il padre Lino e il fratello Stefano, ha cercato ostinatamente la verità, che hanno avuto la forza di andare avanti nonostante le denunce per diffamazione presentate poliziotti e magistrati. C'erano famigliari, amici, conoscenti, intelettuali, artisti che sono riusciti a creare una mobilitazione intorno a questa triste storia. Ma cosa succede quando a venire ucciso non è un ragazzo italiano con una famiglia italiana alle spalle ma un marginale, un clandestino, un tossico, uno percepito come estraneo al corpo sociale italiano, bianco, moderato? La risposa è semplice: non succede niente. Nessuno si interessa di quello che è successo a parte i soliti “estremisti dei centri sociali” o i “buonisti cattocomunisti”. Se Federico si fosse chiamato Mohammad ben pochi si sarebbero interessati al suo tragico omicidio. Come in pochi si interessano alle quotidiane violenze nei CIE, di questi giorni la notizia della gabbia per lavarsi a Lamezia, o nelle carceri, nelle strade. Non si può pensare di contrastare la violenza poliziesca sperando in crisi di coscienza di singoli questurini o in solerti magistrati o nell'azione legislativa. La violenza poliziesca la si contrasta costruendo relazioni sociali per cui non è ammissibile e possibile pestare a morte una persona, incarcerarla, torturarla. In tempi di possibile aumento del conflitto sociale la violenza poliziesca è destinata ad aumentare, e la storia italiana degli anni '70 è esplicativa, in quanto lo stato e il capitale per difendersi non si fanno problemi a sospendere, più o meno esplicitamente, i diritti formali stabiliti da quel paravento alla vera faccia del potere che è la costituzione. Le repressioni avvenute in questi giorni nella penisola iberica ben dimostrano che è perfettamente possibile sparare pallottole di gomma ad altezza uomo, nonostante sia ben conosciuta la mortalità delle stesse. Come ben l'han dimostrato le guerre a bassa intensità condotte dagli stati europei nei confronti dei gruppi indipendentisti. Come ben lo dimostra l'uso della violenza nei confronti della popolazione Valsusina in questi mesi, con gas lacrimogeni lanciati ad altezza uomo e nelle case, pestaggi e misure restrittive di vario genere. Per il potere è inconcepibile che qualcuno si opponga al suo volere così come per un poliziotto è inconcepibile che un ragazzo si incazzi se viene fermato senza motivo mentre rientra a casa. Non basta un generico “mai più” per opporsi alle ingiustizie. Occorre l'esercizio quotidiano della resistenza, dell'azione diretta, dell'autogestione, dell'autorganizzazione. Affinchè nessuno tra qualche anno possa permettersi di dire che Aldrovandi, come tentò di fare il comune di Milano per Pinelli, è tragicamente morto. Aldrovandi, come Pinelli, è stato tragicamente ucciso da dei poliziotti. In un contesto e per motivi differenti ma ucciso.

Umanità Nova, n. 30 anno 92 (Ottobre 2012)

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