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(7 Gennaio 2012) Enzo Apicella

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(Imperialismo e guerra)

Attuali posizioni del Partito Comunista Libanese

(8 Ottobre 2012)

Nel corso della visita in Libano per il trentesimo anniversario del massacro di Sabra e Shatila c’è stato un incontro (non espressamente previsto dal programma) tra una larga parte della delegazione italiana ed il Partito Comunista Libanese, nella persona di un componente della Commissione Esteri del Partito, un incontro interessante da cui sono emerse alcune posizioni dei comunisti libanesi certamente poco note in Italia, e che vale la pena far conoscere ad un pubblico più grande.
Prima di entrare nel merito delle questioni trattate vale la pena di dare qualche piccola notizia sul Partito Comunista Libanese, in modo che, seppur nell’inevitabile parzialità e sinteticità dell’esposizione, ci si possa fare una idea quanto più precisa di quanto appresso riportato.
Il Partito Comunista Libanese è l’unico partito libanese su base nazionale che abbia una struttura non confessionale (altri piccoli partiti si dicono non confessionali ma le loro dimensioni non li rendono di fatto incidenti in nessun angolo della società e della politica libanese), alle ultime elezioni politiche ha avuto poco meno del 4% dei voti, mentre alle elezioni amministrative ottiene risultati molto maggiori ( in alcuni comuni anche il 30% dei voti ), in quanto a livello nazionale viene penalizzato dal “voto utile” su base confessionale, mentre a livello amministrativo questo fattore è molto meno incidente e può dispiegare in maniera più massiccia il suo potenziale elettorale; il partito ha un buonissimo seguito tra i giovani.
Nel corso dell’incontro il compagno che rappresentava il PCL rispondendo a una serie di domande dei componenti la delegazione italiana ha esplicitato alcune posizioni del partito su alcuni temi, primo tra tutti quello dei fatti siriani, in merito ai quali il PCL non ha assunto una posizione di netto schieramento a fianco di uno dei due contendenti, a differenza di molte forze politiche libanesi, ma ha una posizione più articolata, e per certi versi a mio avviso al momento “neutra”.
Il compagno libanese ha espressamente dichiarato che gli effetti di quanto succede in Siria si vedranno anche in Libano, e che la questione siriana non si risolverà in tempi brevi ma avrà una lunga durata, di fatto secondo il PCL in Siria c’è una situazione di guerra civile ed hanno forti timori per una futura divisione confessionale di quel paese, inoltre l’intervento di potenze esterne che stanno armando i propri referenti locali fa si che il conflitto sia anche internazionale e regionale, a detta del compagno sui fatti siriani gioca molto anche la scoperta di grandi giacimenti di gas nelle acque territoriali siriane; a parere del PCL in Siria c’è indubbiamente un complotto esterno, ma alcune contraddizioni sono comunque giunte a maturazione e deve esserci un cambiamento.
Il PCL è contrario all’intervento straniero in Siria, allo spargimento di sangue tra siriani e alla divisione confessionale di quel paese, ed auspica un dialogo tra le parti per raggiungere un accordo.
Molto francamente la posizione del PCL mi sembra fuori dalla realtà, in Siria lo spazio per il dialogo non esiste più, non è questo il luogo e il momento per analizzare le colpe di questo stato di cose, ma lo spazio del dialogo non c’è più, in Siria i due contendenti o vincono o perdono, e il non schierarsi con nessuno alla fine della contesa potrebbe avere come risultato quello di aver scontentato tutti.
Dal punto di vista della politica interna invece il PCL, come tutti i partiti politici del Libano, in questo momento è molto impegnato intorno al dibattito sulla legge elettorale con cui si andrà a votare per eleggere il nuovo parlamento nel 2013, che a detta della maggioranza degli osservatori sarà proporzionale con suddivisione in circoscrizioni elettorali su base confessionale. Il PCL è decisamente favorevole al sistema proporzionale, ma altrettanto decisamente contrario alle circoscrizioni elettorali su base confessionale, preferendo che tutto il Libano sia un’unica circoscrizione elettorale (dal punto di vista tecnico, visto che la popolazione del Libano è di meno di 4.000.000 di abitanti la cosa è fattibilissima, anzi auspicabile), in questo modo però tutta l’architettura politica, che poi è la derivazione dell’architettura sociale, crollerebbe: il Libano non sarebbe più dal punto di vista elettorale un paese diviso tre varie confessioni religiose, e questo sarebbe il primo passo per eliminare la divisione confessionale nel paese. La cosa è giusta ma a mio avviso al momento non realizzabile, tranne il PCL tutte le altre forze politiche non hanno nessun interesse a mutare un sistema da cui sono nate, di cui sono espressione a su cui prosperano.
A prescindere dalla legge elettorale al PCL si apre però il problema di eventuali alleanze politiche e/o elettorali, che potrebbero essere differenti a secondo del tipo di legge che sarà adottata, ma che verrà sollecitato a fare dalle altre forze che si riconoscono nella resistenza nazionale, perché la mancanza di un accordo nelle scorse elezioni è stata tra le principali cause della sconfitta subita dalla “sinistra”, e non ha portato all’elezione di nessun candidato del PCL.
Causa principale del contendere è la differenza di vedute tra PCL ed Hezbollah rispetto ad alcune questioni, prima fra tutte il reale cambiamento del paese, il PCL sostiene che la resistenza ed il fronte politico che la esprime debbono portare anche ad un cambiamento economico e sociale, mentre Hezbollah è comunque una espressione della divisione confessionale libanese, e non ha alcun interesse ad un reale cambiamento.
Tra i due partiti c’è anche una forte polemica relativamente alla resistenza, con Hezbollah che pian piano al livello di immaginario collettivo, sia interno che internazionale, viene sempre più percepito come il motore della resistenza, e come di fatto l’unica struttura che la ha praticata e la pratica, e come stia rappresentando la resistenza come un fatto militare e confessionale, sembra quasi che la resistenza sia nata con Hezbollah ed esista perché c’è Hezbollah, mentre il PCL tiene molto a stabilire la verità storica e politica sulla resistenza, rimarcando come la resistenza all’invasione israeliana ha ufficialmente inizio il 16 settembre 1982, quando un gruppo di cinque militanti comunisti assale ed annienta a Beirut una pattuglia dell’esercito israeliano, ed all’epoca Hezbollah non era stato ancora fondato, e come prima della nascita di Hezbollah Beirut e Sidone si erano già liberate, insieme al 70% del Libano occupato.
Anche rispetto all’invasione israeliana del 2006 il PCL rivendica la sua fattiva partecipazione alla resistenza, che è costata al partito 12 caduti in combattimento.
Per il PCL la resistenza non è squisitamente una faccenda militare, ma anche e soprattutto una faccenda politico/sociale, che deve portare ad una effettiva modificazione dei rapporti sociali e di produzione in Libano.
Attriti e differenze di non poco conto, ma le altre forze della sinistra e della resistenza stanno lavorando per verificare la fattibilità di un accordo che comprenda tutti e che porti a vincere le elezioni politiche ormai prossime.
Rispondendo ad una domanda il compagno ha ribadito che il partito ha una forte influenza sui lavoratori, e che pur essendo fuori dal Parlamento molte leggi a favore dei lavoratori sono state approvate grazie alla sua pressione ed alle lotte che il partito ha diretto perché queste leggi andassero a buon fine.
Al termine dell’incontro siamo stati invitati a partecipare alla manifestazione che il PCL ha tenuto il 23 settembre u.s. per celebrare il trentennale della resistenza all’invasione israeliana, e così ci siamo ritrovati nel teatro dell’UNESCO dove altre 600 militanti, in larga parte giovani e giovanissimi (fatte le debite proporzioni tra la popolazione italiana e quella libanese una manifestazione di 600 persone in Libano equivale ad una manifestazione di oltre 10.000 persone in Italia), hanno inneggiato alla resistenza, ed hanno ascoltato il discorso del segretario generale del partito, che ha fatto un escursus sui fatti storici e politici relativi alla resistenza libanese, ha ricordato come la resistenza al capitalismo deve essere globale e, dulcis in fundo, ha fatto appello alla comunità libanese residente in Venezuela a votare in massa per Hugo Chavez alle prossime elezioni che si terranno in quel paese; al rientro in Italia il nostro aereo era pieno di libanesi che via Roma ritornavano dalle ferie estive…..a Caracas!!

7/10/2012

Gustavo Pasquali

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