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    No nuke, se Israele e Iran saranno trattati allo stesso modo

    (23 Ottobre 2012)

    L'idea di una nuclear free zone nella regione vedra' la luce solo se non saranno fatte differenze tra Tel Aviv e Tehran. Per ora e' corsa agli armamenti atomici.

    aieagrifoni

    di Giorgia Grifoni

    Roma, 23 ottobre 2012, Nena News - Il nucleare, in Medio Oriente, non s'ha da fare. Non è però una regola generale: vale solo per l'Iran. Se, dopo i virus informatici che hanno messo ko le centrali iraniane e i misteriosi assassinii dei tecnici iraniani - di cui Teheran accusa Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita- c'era ancora qualche dubbio sulla posizione delle petromonarchie del Golfo al riguardo, ad inizio anno furono le dichiarazioni dell'ex ambasciatore saudita a Washington (e alleato strettissimo di diverse Amministrazioni Usa) Turki al-Faysal, a dissipare ogni interrogativo: il nucleare (iraniano) è una minaccia per la stabilità del Medio Oriente e l'Occidente lo deve fermare. La regione deve diventare una "nuclear-free zone" e a garantirla devono essere i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, secondo le parole del diplomatico. Altrimenti, fece intendere al Faysal, si procederà a una "corsa al nucleare, che potrebbe includere l'Arabia Saudita, l'Iraq, l'Egitto e la Turchia".

    Una questione, quella della nuclear-free zone, che merita "l'attenzione e l'energia di tutti". La soluzione proposta da al-Faysal contempla uno "scudo di sicurezza nucleare" istituito dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu e "sanzioni militari" per tutti i paesi sospettati di lavorare a un programma nucleare. A oggi, i detentori ufficiali di energia atomica nella regione sono Israele (che possiede anche un nutrito arsenale militare non dichiarato) e Iran, verso i quali è stata sempre attuata una politica "due pesi, due misure": all'Iran, "nemico dell'Occidente", sono state imposte sanzioni per il sospetto sviluppo non-pacifico del suo programma nucleare. Israele, "fedele alleato" degli Stati Uniti nella regione, continua invece a lavorare all'atomica senza neanche essere firmatario del Trattato di Non-Proliferazione nucleare, istituito nel 1970 e a cui 189 paesi, compreso l'Iran, aderiscono.

    La questione del nucleare israeliano e della sua approvazione da parte delle potenze "amiche" è chiara: Israele può permettersi indisturbato di mandare avanti un programma nucleare (anche a scopi bellici) senza che alcun ispettore dell'Aiea venga spedito a Tel Aviv per controllarne l'arsenale segreto, come in passato accadeva invece per l'Iran. Si stima che lo stato ebraico disponga di quasi 200 ordigni nascosti nel deserto del Negev: ordigni di cui si è a conoscenza solo grazie alle confessioni di uno scienziato nucleare israeliano, Mordechai Vanunu, che per le sue confessioni è agli arresti domiciliari a vita.

    Altro singolare esempio del "due pesi, due misure" è che Israele può permettersi di bombardare e distruggere le centrali nucleari dei paesi della regione sospettati di proliferazione atomica senza che ci siano conseguenze. Se tutti ricordano l'operazione Babilonia del 1981, quando Israele distrusse, con un attacco a sorpresa, il reattore nucleare iracheno di Osiraq, forse a qualcuno è sfuggito il bombardamento di alcune infrastrutture militari siriane - sospette di essere sede di proliferazione atomica- da parte dello Stato ebraico nel 2007. L'evento rischiò di far scoppiare una nuova guerra tra Damasco e Tel Aviv, ma rimase impunito.

    Secondo alcuni, il richiamo saudita a una nuclear-free zone in Medio Oriente porrebbe anche Israele a rischio sanzioni. Ma sembra invece che Tel Aviv non verrà toccata neanche questa volta. La proposta saudita non è nuova: già durante il rinnovo, nel 1995, del Trattato di non proliferazione, i paesi del Golfo avevano proposto che il Medio Oriente divenisse una nuclear-free zone. Proposta reiterata nella conferenza del 2010 e appoggiata anche dagli Stati Uniti. Israele aveva dichiarato che però una tale realtà doveva essere discussa dopo il completamento della pace con gli Arabi: e infatti un anno fa, durante una riunione annuale dell'Aiea, gli Stati arabi rinunciarono a presentare una risoluzione che condannasse l'attività nucleare israeliana e la sua non-adesione al trattato di non -proliferazione.

    L'opzione alternativa è la corsa all'armamento nucleare: l'Arabia Saudita, che ha minacciato l'eventualità, si è già da tempo organizzata con il Pakistan per assistenza e forniture nucleari. La Turchia, sua rivale nella guida del Medio Oriente, ha tutte le carte -economiche e diplomatiche- in regola per essere già al lavoro su un proprio progetto atomico, magari con la Russia. Resta da capire come l'Iraq, in ginocchio da anni di occupazione e di guerra civile, e l'Egitto, alle prese con una rivoluzione ancora inconclusa, possano partecipare alla corsa al nucleare. Ma Riyadh, come sempre, troverà un modo per portarli dalla propria parte contro gli "eretici sciiti".

    Nena News

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