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Psicocomunista

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(14 Novembre 2010) Enzo Apicella

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COSTRUIAMO IL FRONTE ANTICAPITALISTA DI CLASSE

una proposta per i comunisti ovunque collocati…

(24 Ottobre 2012)

frontefiorett

Il contesto internazionale è caratterizzato da una crisi strutturale del capitalismo non più risolvibile con semplici palliativi di sostegno al consumo o nuove regole per contenere la competizione tra poli e interessi capitalistici concorrenti.

Le ipotesi socialdemocratiche e neo-moderate sono in crisi in tutta Europa, in quanto non esistono più sufficienti margini di redistribuzione del “surplus”. Anzi si assiste a una feroce guerra internazionale tra potenze e frazioni della grande borghesia per accaparrarsi fette dei profitti una a danno delle altre. Nel tentativo di dare una risposta alla crisi, nel loro complesso, queste forze tentano la strada di un ulteriore spostamento a destra delle loro politiche social-liberiste e filo-imperialiste, rendendo totalmente ininfluenti le posizioni cosiddette “laburiste” al loro interno.

Le maggiori potenze capitaliste aumentano la competizione cercando di imporre una nuova gerarchia tra gli alleati e nei confronti dei rivali in competizione, ma si trovano in sintonia nell’attacco feroce alle masse salariate e popolari al proprio interno e nel sostegno alle politiche di ingerenza economica e militare verso l’esterno usando principalmente i memorandum della Troika (Ue-Bce-Fmi) e le politiche aggressive della Nato. All’interno di una Europa coinvolta direttamente in questo scenario, il governo Monti e l’agenda politica delle forze che lo sostengono sono l’espressione, in Italia, di questo processo sostenuto dalle classi dominanti che stanno imponendo le regole ferree della dittatura del capitalismo finanziario spogliando i popoli e le classi lavoratrici della propria sovranità popolare residua.

Questo governo di “professori-banchieri” dimostra chiaramente la sua natura di classe. Il debito e lo spread vengono usati come forma di ricatto permanente sulla testa delle classi subalterne per cancellare salari, diritti, lavoro e tutte le conquiste ottenute in decenni di lotte. La logica della spending review e del pareggio di bilancio in Costituzione tende a rendere permanenti questi obbiettivi vincolando le politiche economiche nazionali dei prossimi governi e aprendoci un futuro di disoccupazione e impoverimento di massa. Anche l’imposizione alle amministrazioni locali del rispetto del Patto di Stabilità, attraverso privatizzazioni e ulteriore precarietà, discende organicamente da questa impostazione.

Questo ci pone di fronte a una fase costituente che ridisegnerà la geografia politica nel nostro paese. In Italia siamo all’interno di un processo sovrastrutturale che vede il disfacimento di una rappresentanza istituzionale egemone della piccola e media borghesia rappresentata da Berlusconi e che sta coinvolgendo tutta la rappresentanza politica fin qui conosciuta. Se da una parte si stanno presentando movimenti populistici e fascistoidi, dall’altra su posizioni egemoniche si sta realizzando un cambio della guardia nella nuova gerarchia dei poteri. Alla testa si sta ponendo il capitalismo finanziario. Appoggiato in Italia dal Vaticano e dalla Presidenza della Repubblica, attraverso Monti si cerca di accreditare la crisi della rappresentanza come “inevitabile” per affermare che l’unica politica efficiente e pulita è quella che essi propongono.

Il capitalismo finanziario, oltre che inglobare dentro di sé il grosso della ricchezza, cerca di inglobare anche il controllo sociale attraverso la sua rappresentazione politica. L’operazione culturale è quella di far apparire l’attuale governo sobrio, pulito, “tecnico” e al di sopra delle parti mascherando il fatto che la crisi del sistema impone al capitalismo, nella sua ultima fase quella del capitalismo finanziario, di svelarsi in prima persona, con la propria faccia alla testa della gerarchia del potere politico. Ciò non solo tende a distruggere ogni compromesso democratico ma pone la possibilità di svolte autoritarie e/o bonapartiste. Questo non significa sottovalutare la necessità di denunciare l’involuzione e la corruzione dell’attuale classe politica, ma la critica al ceto politico deve legarsi sempre più alla questione sociale.

Le tradizionali forze rappresentative del mondo del lavoro, essendosi misurate su un terreno riformista se non migliorista, oggi non rappresentano più quel mondo ormai lasciato solo e sono coinvolte direttamente dalla crisi di rappresentanza. Una loro riconversione non è all’ordine del giorno, anzi la tendenza è quella di schierarsi all’ombra dei nuovi poteri.

Comunisti/e, è tempo di muoversi!

Questa fase di ricomposizione delle gerarchie di comando intorno a politiche finanziarie fortemente regressive subisce ogni giorno un’accelerazione impressionante, mentre la risposta operaia e popolare è tuttora inadeguata e questo avviene anche perché i comunisti e tutta la sinistra di classe sono divisi e non riescono a trovare il terreno per un rilancio credibile.

Per superare questa fase di scomposizione e uscire dall’angolo, facciamo una proposta su cui attendiamo delle risposte.

Le analisi sulla fase ormai convergono da più parti su alcuni elementi non secondari e incontestabili, ma non riescono a tradursi in proposte politiche. Analisi ancora certamente da approfondire e proposte da definire, ma comunque sufficienti per dare vita ad una proposta politico-organizzativa di mobilitazione contro il governo Monti e lo schieramento che lo sostiene: un programma minimo di lotta che rappresenti stabilmente in questa fase gli interessi delle classi subalterne, incompatibili con la gestione capitalistica della crisi.

La posizione espressa dalla Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista – che mette da parte le illusioni di una alleanza di centrosinistra e dichiara di voler costruire uno schieramento alternativo politico, sociale ed elettorale alle politiche UE-BCE-FMI portate avanti dal Governo Monti di cui il PD è uno dei puntelli determinanti – può aprire una concreta possibilità per rompere l’immobilismo nel quale ci troviamo, non solo per il PRC ma anche per tutto l’arcipelago dei comunisti e della sinistra di classe.

Nonostante questa scelta giunga in ritardo e sia caratterizzata tuttora da incertezze e contraddizioni, la posizione espressa dal PRC può favorire, solo a determinate condizioni, lo sviluppo dell’opposizione di classe al governo Monti e delineare un’alternativa di sistema, elementi essenziali per riaprire in modo coerente e dal basso il processo della rifondazione comunista e della ricostruzione del partito nel nostro paese. Parliamo di un fronte anticapitalista di classe che non solo entri in campo nello scontro politico e sociale, ma che si configuri anche come possibilità concreta per i comunisti nella quale essi dimostrino politicamente di esistere e tentare un percorso credibile di superamento della frammentazione e ricomposizione della diaspora, fuori da scorciatoie organizzative, nuove scissioni o atteggiamenti minoritari.

Questa possibilità richiede innanzitutto che Rifondazione faccia chiarezza in modo da superare la evidente contraddizione della FDS che, così come si è configurata politicamente e organizzativamente fino ad ora, si è rivelata uno strumento di freno in quanto al suo interno permangono fortemente, anche se in forma minoritaria, posizioni che vedono comunque l’unica possibilità di una loro sopravvivenza all’interno del centrosinistra. Per riconquistare spazi di agibilità democratica e rappresentanza del conflitto, è sicuramente necessario unire il più ampio schieramento e agire su tutte le contraddizioni, ma al tempo stesso non bisogna coltivare ambiguità e illusioni, rincorrendo unicamente forze che hanno nel loro dna la costruzione di governi con lo stesso orizzonte di centrosinistra (come l’IDV) o che addirittura vi hanno già aderito (come SEL).

Inoltre portare avanti alleanze ed accordi di governo negli Enti Locali e nelle Regioni con i partiti che sostengono Monti e l’agenda della Troika, diventa sempre più incompatibile con una proposta di alternativa reale, proprio per le scelte imposte ai Comuni, alle Province ed alle Regioni dal Patto di Stabilità: tagli alla spesa sociale ed ai servizi, privatizzazioni, esternalizzazioni, sfruttamento del territorio e dell’ambiente, speculazioni edilizie, mentre il denaro pubblico viene sprecato in grandi opere inutili e dannose come ad esempio la TAV e gli inceneritori.

Per chiarire questi nodi e fare tutti insieme un passo avanti, nessuno può sentirsi autosufficiente e limitarsi a criticare l’esistente. Oggi è richiesto anche a tutto il mondo variegato dei comunisti e delle realtà che si dichiarano antagoniste al sistema capitalistico, di accettare questa sfida politica, ognuno con la propria autonomia ma senza settarismi, misurandosi con la proposta di Rifondazione, per costruire un fronte anticapitalista e di classe.

Noi indichiamo come prima iniziativa che va in questa direzione la manifestazione del “No Monti day” del 27 ottobre, la cui piattaforma politica, intento strategico e forme organizzative possono rappresentare l’inizio della costruzione di un fronte stabile e organizzato che si radichi sempre più nei conflitti sociali e nei territori contro l’agenda di Monti e di UE-BCE-FMI.

Chiediamo quindi di rispondere a questa proposta di lavoro unitario a tutte le compagne ed i compagni dell’arcipelago comunista e anticapitalista; della vasta diaspora dei “senza tessera” che ieri come oggi resistono all’attacco dei padroni sui posti di lavoro, sui tetti, nelle piazze, nelle occupazioni per il diritto al lavoro ed alla salute; nelle scuole e nelle università per l’accesso al sapere; nei territori dove si pratica il conflitto per i diritti sociali e la difesa dei beni comuni.

Noi ci mettiamo a disposizione da subito.

Comunicato congiunto

Comunisti Uniti,
Collettivo comunista Putilov di Firenze,
Comunisti/e per l’opposizione di classe e l’alternativa di sistema – doc3 del PRC

Ottobre 2012

per info e adesioni: perunfronteanticapitalista@inventati.org

www.comunistiuniti.it

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