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Inciucio all’olandese

(31 Ottobre 2012)

inciuciol

Mercoledì 31 Ottobre 2012 00:00

I colloqui per la formazione del nuovo esecutivo olandese si sono chiusi con successo questa settimana grazie al raggiungimento di un accordo all’insegna dell’austerity tra i due partiti che avevano ottenuto il maggior numero di seggi nelle elezioni per il rinnovo del Parlamento lo scorso mese di settembre. A capo della nuova coalizione di governo ci sarà ancora il premier uscente Mark Rutte del Partito Liberale (VVD), il quale sarà affiancato dal Partito Laburista (PvdA) guidato dall’ex attivista di Greenpeace Diederik Samsom.

Nella precedente legislatura, Rutte presiedeva un gabinetto di minoranza che era crollato nel mese di aprile in seguito al ritiro dell’appoggio garantito dal Partito per la Libertà (PVV) di estrema destra di Geert Wilders. Per timore di perdere ulteriore terreno tra gli elettori, quest’ultimo aveva infatti bocciato un pacchetto di tagli alla spesa pubblica pari a 16 miliardi di euro richiesto dalle autorità europee. La decisione di Wilders aveva portato allo scioglimento anticipato del Parlamento e al voto di settembre.

Entro la prossima settimana, Rutte tornerà così a capo dell’esecutivo olandese, mentre Samsom ha già annunciato di non volere accettare nessun incarico ministeriale, anche se i laburisti intendono mettere le mani su alcuni dicasteri chiave, come le Finanze e gli Esteri.

Per la gioia dei mercati finanziari e diversamente dalle precedenti coalizioni olandesi, costruite su numerose formazioni politiche, il nuovo governo si baserà soltanto su due partiti che, assieme, godono di una maggioranza relativamente ampia in Parlamento, grazie ai 79 seggi di cui dispongono sui 150 totali. Con questi margini, il gabinetto nascente dovrebbe avere la necessaria stabilità per portare a compimento le “riforme” chieste da Bruxelles, anche se l’impopolarità dei provvedimenti che attendono gli olandesi faranno con ogni probabilità scendere rapidamente il livello di gradimento del governo.

Mentre dunque il precedente esecutivo guidato da Rutte era caduto, in sostanza, per l’avversione diffusa nel paese nei confronti delle misure di austerity adottate, quello che sta vedendo la luce a L’Aia promette di riproporre le stesse ricette economiche.

VVD e PvdA si sono infatti accordati per implementare gli stessi 16 miliardi di euro di tagli entro il 2017, così da portare il deficit olandese dal 2,6% del PIL previsto per il 2013 all’1,5% tra cinque anni. Le misure che si profilano minacciosamente all’orizzonte, come al solito, comprendono tagli alle pensioni, innalzamento dell’età pensionabile, riduzione dei rimborsi per le prestazioni sanitarie, delle deduzioni fiscali sui mutui e dei sussidi di disoccupazione, nonché l’immancabile “riforma” del mercato del lavoro con lo smantellamento dei diritti acquisiti.

All’indomani del voto di settembre, i risultati delle urne avevano spinto molti commentatori a prevedere difficili e prolungati colloqui per la formazione di un nuovo governo. La discussione tra VVD e PvdA è andata avanti invece solo per 47 giorni, una sorta di primato per gli standard olandesi, a conferma della sostanziale identità di vedute tra i due partiti in ambito economico nonostante il teoricamente diverso orientamento ideologico e una campagna elettorale, come quella laburista, nella quale era stato promesso un allentamento dell’austerity e un aumento della spesa pubblica.

Quello che i giornali profilano in questi giorni è piuttosto un semplice cambiamento di toni da parte del nuovo governo di un paese che fino a pochi mesi fa appariva totalmente allineato alla retorica tedesca del rigore assoluto.

I cambiamenti saranno perciò solo esteriori, come sembra testimoniare la probabile scelta del nuovo ministro delle Finanze. Questo dicastero era occupato dal cristiano-democratico Jan Kees de Jaeger e verrà assegnato ora al laburista Jeroen Dijsselbloem, definito ad esempio dal Wall Street Journal un falco in ambito fiscale come il suo predecessore ma con un temperamento più conciliante.

La presenza al governo del Partito Laburista potrebbe determinare anche un certo avvicinamento alla Francia di François Hollande. Ciò non comporterà comunque alcun alleggerimento dell’austerity, come dimostra il fatto che il governo socialista di Parigi ha recentemente fatto ratificare al Parlamento senza modifiche il Patto di Stabilità europeo voluto da Berlino, a differenza di quanto aveva promesso Hollande in campagna elettorale.

L’evoluzione del quadro politico olandese ribadisce ancora una volta il ruolo decisivo giocato in questo frangente storico dai partiti ufficialmente di sinistra o di centro-sinistra, ai quali gli ambienti finanziari internazionali hanno assegnato il compito di contenere le tensioni sociali nei rispettivi paesi derivanti dalle politiche di rigore e di mascherare i provvedimenti più duri a danno delle classi disagiate con la retorica dell’equità dei sacrifici o con misure simboliche che dovrebbero colpire i redditi più elevati.

La continuità del governo de L’Aia guidato dal liberale Mark Rutte conferma infine anche come nell’attuale quadro politico europeo, sia con partiti di destra o di sinistra al potere, non esista alcuna via d’uscita dal rigore. A pagare la crisi saranno infatti sempre e comunque lavoratori, pensionati, disoccupati, giovani e classe media, nonostante la retorica di quanti, come i leader del Partito Laburista olandese, prospettano la necessità di una svolta con misure che favoriscano la crescita economica allentando la morsa dell’austerity.

Michele Paris - Altrenotizie

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