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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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La nuova concertazione

C’è troppa confusione mentre servirebbe chiarezza di linea e di proposta

(22 Agosto 2004)

I prossimi mesi saranno quelli che decideranno sul futuro della contrattazione sindacale. La questione della verifica dell’accordo del 23 luglio è ormai concretamente all’ordine del giorno e con essa si deciderà il livello di autonomia o di subordinazione della contrattazione, ma anche il modello sindacale dei prossimi anni.

Ufficialmente la discussione si è aperta lo scorso 14 Luglio. In quella occasione la Cgil ha abbandonato il tavolo promosso da Confindustria su “Crescita, sviluppo, modello contrattuale”. (vedi il documento presentato da Confindustria in occasione dell’incotro)

Ovviamente non sottovalutiamo la decisione della Cgil, non fosse altro perchè depotenzia per il momento l’accelerazione di Montezemolo” e l’atteggiamento di estrema disponibilità manifestato da Cisl ed Uil, ma ci permettiamo di sollevare alcune riflessioni sulla solidità della posizione Cgil e sulle prospettive.

Non si può onestamente pensare che la Cgil, andando a quell’incontro, non sapesse cosa Montezemolo avrebbe messo sul tavolo, tanto più che era chiaro come quell’incontro fosse stato “preparato” e caricato di aspettative dalla così detta cordata Bergamasca (Bonbassei di Confindustria, attuale responsabile delle relazioni con il sindacato, ed il segretario della Cisl Pezzotta ).

D’altra parte Montezemolo non aveva certo lesinato ogni sforzo, sia in occasioni ufficiali che informali, per far sapere da tempo quali sarebbero state le posizioni e le proposte di Confindustria e cioè:

- Conferma del metodo concertativo (da rafforzare per quanto riguarda le procedure di raffreddamento del conflitto e le regole per garantire una maggiore coerenza neocorporativa nel confronto tra le organizzazioni)
- Maggior legame e dipendenza del salario alla produttività
- Maggiore flessibilità contrattuale in rapporto ai diversi indicatori territoriali e settoriali

Come si vede la differenza con le posizioni di D’Amato non si vede tranne, forse, nel bon-ton con cui le si sono presentate.

Una cosa che Montezemolo può permettersi potendo lui contare su un grosso lavoro precedente di accordi contrattuali (separati e non), leggi, ecc. che hanno di fatto già intaccato il precedente modello contrattuale indirizzandolo verso quelle trasformazioni che Confindustria, ma anche parte del centrosinistra, considerano ormai acquisite e da incassare dando loro stabilità formale e sostanziale.

A quell’incontro serviva quindi che la Cgil arrivasse con una posizione chiara e di contrasto al modello di trasformazioni che Confindustria avrebbe proposto. Serviva cioè mandare un forte e chiaro segnale. Ma la Cgil sembra non avere ancora una sua posizione e una proposta.

Nello stesso direttivo nazionale, convocato prima dell’incontro con Confindustria, la segreteria Cgil si è ben guardata dal mettere all’ordine del giorno una discussione su quale orientamento assumere in merito a quello che Confindustria avrebbe messo sul tavolo. Il direttivo si è concluso così senza indicazioni e conclusioni di sorta.

In questo modo l’abbandono del tavolo da parte della Cgil si è motivato essenzialmente sul piano del metodo, solo sulla base del fatto che ancora non era stato avviato quel confronto unitario con Cisl e Uil per produrre una proposta comune sulle questioni del modello contrattuale. (vedi intervista a Carla Cantone della segreteria Cgil)

La conclusione di tutta la vicenda (al di la delle scontate polemiche sollevate da Cisl e Uil) si è così ridotta ad un rimando alle commissioni unitarie che dovrebbero elaborare una proposta sindacale per settembre o ottobre. A guardare le cose da vicino, non siamo poi così distanti dalle aspettative di Montezemolo che poggiavano appunto sull’avvio immediato di un confronto su ricerca e politica industriale e su una sessione autunnale in merito al modello contrattuale.

Se riduciamo la cosa al suo lato pratico ciò che sostanzialmente è successo, al di la delle roboanti celebrazioni di una Cgil che abbandona un tavolo che in realtà non si è interrotto, è la riedizione sempre più difficile ed imbarazzata di una pratica Cgil stretta tra le coerenze con le sue conclusioni congressuali, imposte soprattutto dalla tenuta dell’iniziativa in Fiom, e la necessità di liberarsi in qualche modo da quelle coerenze per trovare gli spazi ad una mediazione con Cisl e Uil, come già avvenuto ed avviene in diverse categorie sindacali che pur di non rompere con Cisl e Uil firmano accordi che fanno del congresso di Rimini ormai carta straccia.

Un vero e proprio pasticcio, evidente anche nell’iniziativa confederale della Cgil che mentre tiene alta la polemica col Governo, cerca il confronto con Confindustria, soprattutto a fronte di un particolare credito che settori sempre più vasti del Centrosinistra, danno alla nuova gestione di Montezemolo. Così, mentre sul Governo si spara continuamente (e giustamente) su pensioni, legge 30, legge 66, con Confindustria si firmano accordi (vedi l’accordo sugli artigiani, gli accordi sulla legge 30 fatti sia a livello nazionale che territoriale, come quelli firmati dalla Cgil Liguria e di Bergamo, per fare solo alcuni esempi recenti) che rendono, proprio di quelle leggi, concretamente esigibili dalle imprese.

Sulla storia recente non ci dilunghiamo oltre ma rimandiamo, per chi fosse interessato, alla lettura di una precedente nota del coordinamento Rsu del 31 marzo 2004

E’ facile comprendere come questa schizofrenia nelle pratiche, in antitesi con le posizioni declamate, può essere spiegata solo con il fatto che in realtà le illusioni e le pratiche concertative non sono affatto sconfitte in Cgil, cosa per altro denunciata dalla stessa sinistra sindacale (vedi comunicato di Patta del 4 giugno scorso).

E proprio questa situazione basterebbe a dimostrare la necessità, soprattutto oggi, di una forte sinistra sindacale, capace di una precisa critica ed una efficace iniziativa di contrasto alla evidente ripresa della deriva concertativa, capace cioè di ridare ruolo e protagonismo alla base della Cgil per conquistare quel cambiamento di rotta che era il nostro obiettivo congressuale, oggi fortemente compromesso dalle pratiche della Cgil e delle sue categorie.

Ma a questo riguardo, su ciò che pensiamo sui limiti e sulla necessità di un rilancio della sinistra sindacale in Cgil, rimandiamo al precedente documento del coordinamento rsu del 3 Agosto scorso.

Già da settembre, quindi, con la ripresa di una discussione tra Cgil Cisl e Uil sulla proposta unitaria da avanzare in materia di modello contrattuale si vedrà quanto sia ancora valida la posizione congressuale della Cgil a Rimini.

1. La Cgil andrà al confronto con le altre organizzazioni, ma con quali proposte ? e sulla base di quale mandato la segreteria Cgil andrà a questo confronto, visto che ancora la Cgil nel suo insieme non ha definito una sua proposta chiara e precisa tanto meno discussa con tutte le sue strutture e valicata dalla sua base ?.

2. La sinistra sindacale Cgil come interverrà in questa discussione ? Ci si può (ad esempio) accontentare di una critica ad un’inflazione programmata indicata dal governo all’1,6% e denunciata da tutti in queste settimane come irrealistica e bassa, oppure si dirà chiaramente ciò che abbiamo sostenuto nel nostro documento congressuale, e cioè che la contrattazione a cui pensiamo non deve avere vincoli o prederminazioni di sorta se non la capacità di rappresentare i bisogni salariali, e non solo quelli, dei lavoratori ?

L’errore più grave che potrebbe fare la Cgil è quello di spacciare la discussione sul modello contrattuale come se fosse semplicemente una complicata verifica e sistemazione dell’accordo del 23 luglio, pensando solo a contenere il danno e salvare la forma.

L’errore più grande in cui potrebbe incorrere la sinistra sindacale in Cgil è quello di non denunciare e rivendicare invece il carattere congressuale di una decisione che la Cgil deve prendere, poiché qui si tratta in realtà di decidere se mettere in archivio la linea di Rimini (una linea già di per sé debole nelle sue proposizioni ma almeno contraddittoria rispetto alle derive concertative) o di mettere in moto una vera svolta sindacale. Qui si decide sopratutto del livello di subordinazione del lavoro all'interesse di mercato e di impresa almeno per i prossimi 10 anni, una questione che richiederebbe come minimo un congresso anticipato, altro che gruppi di lavoro, commissioni o decisioni prese a maggioranza dai soli membri il direttivo nazionale.

Una cosa deve essere certa comunque fin da ora.

Su una materia così importante nessuno ha oggi il diritto ed il mandato di trattare per conto dei lavoratori senza averli coinvolti nella discussione e senza avere avuto da loro il consenso sul merito di una piattaforma sindacale senza la quale nessun confronto con Confindustria può essere avviato.

17 agosto 2004

Delegate e delegati che si riconoscono nel movimento
“per un coordinamento nazionale delle Rsu”

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