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Giorgio Sacchetti, Lavoro Democrazia Autogestione Correnti libertarie nel sindacalismo italiano (1944-1969)

(6 Novembre 2012)

“... Occorre cercare strade nuove, soluzioni nuove ed avere il coraggio di ricorrere ad azioni nuove...”
[Umberto Marzocchi, cit. a p. 249]

Giorgio Sacchetti nell'ultimo libro, Lavoro, democrazia, autogestione. Correnti libertarie nel sindacalismo italiano (1944-1969), pubblicato dell'editrice Aracne di Roma nel maggio 2012 [pp. 372, euro 21], mette a frutto le sue conoscenze tanto del mondo sindacale e del lavoro quanto dei movimenti libertari e di protesta nel secondo dopoguerra.
Attraverso una dettagliata e per molti versi originale analisi, l'autore sostiene la tesi secondo cui all'interno del sindacalismo italiano dalla Liberazione al biennio '68-'69 ci sia stato un percorso - plurale ma coerente - libertario e autogestionario. Una tendenza minoritaria e sicuramente non univoca che è poi stata fatta propria, almeno nei suoi termini più moderni, dal movimento del '68 caratterizzato ovunque da un debordante spirito di libertà e di autodeterminazione, opposto alle “vecchie” strutture autoritarie.
La storia del sindacalismo italiano di matrice libertaria non si è quindi conclusa con lo scioglimento dell'Unione sindacale italiana nel 1925: è una vicenda che continua, sebbene in maniera carsica, fino al '68-'69, e oltre, come dimostrano le vicende dell'operaismo italiano che riscopre e attualizza in nome del protagonismo di classe diversi metodi di lotta del sindacalismo d'azione diretta, dallo sciopero “selvaggio” al boicottaggio, dallo sciopero a scacchiera al sabotaggio.
Quali sono dunque queste correnti libertarie del sindacalismo italiano? Innanzitutto la prima CGL (senza la “i”), una CGL tanto rossa quanto “sconosciuta”, per citare un libro scritto da Pietro Bianconi nel 1975, ricostituita a Napoli nel novembre 1943 grazie all'impulso di militanti azionisti, libertari e spartachisti. Forte di ventisei leghe e quarantamila tesserati viene riassorbita con metodi togliattiani all'interno della nuova CGIL unitaria nell'estate del 1944. Quel che sopravvive è un Comitato della sinistra sindacale (in cui sono attivi alcuni vecchi compagni dell'USI meridionale).
Proprio l'azione dentro la CGIL unitaria rappresenta una corrente ben definita del sindacalismo libertario italiano. È un tema che Sacchetti aveva già avuto il merito di affrontare nelle biografie di Umberto Marzocchi e di Attilio Sassi (entrambe edite da Zero in Condotta di Milano): non pochi libertari, seppur osteggiati da diversi settori dell'anarchismo, tra cui i cosiddetti antiorganizzatori e i fautori della ricostituzione dell'USI, decidono di rimanere fedeli al principio dell'unità di classe (già caro a Malatesta e Fabbri) e di agire come componente anarcosindacalista all'interno della Confederazione. È un tentativo sostanzialmente fallimentare, nella misura in cui evidentemente nei decenni del secondo dopoguerra non è l'anarcosindacalismo a permeare la CGIL, ma è piuttosto la struttura burocratica e accentratrice del sindacato a frustrare le energie dei compagni. È però una vicenda complessa, degna di essere studiata da un punto di vista storico. Sacchetti lo fa dando voce ad alcuni protagonisti di questa storia: i già citati Marzocchi e Sassi, ma anche Gaetano Gervasio (le cui memorie sono anch'esse state stampate da ZiC) e Marcello Bianconi, tutti protagonisti di quegli anni e di quelle scelte.
Tali aspetti vanno probabilmente letti in parallelo alle vicende dell'USI del secondo dopoguerra su cui infatti si sofferma più volte Sacchetti. A proposito di quest'altra tendenza libertaria, autonoma rispetto alla CGIL, può tornare utile la lettura del volume uscito proprio nel 2012 (centenario della fondazione dell'Unione): Le figure storiche dell'Unione sindacale italiana.
Anche il primo operaismo è una corrente libertaria e di azione diretta; esso però non è interno al sindacato, ma va ben oltre: nasce e si sviluppa negli anni delle culture giovanili, naturalmente libertarie e contestatarie, dei fatti di Genova del luglio del 1960, degli scontri di Piazza Statuto a Torino nel 1962, delle agitazioni degli edili romani del 1963, della mobilitazione internazionalista in favore degli antifranchisti, dei primi gruppi operaisti come il Gatto Selvaggio di Torino, delle riviste “Quaderni Rossi” e Quaderni Piacentini” ecc.
Questa è, per chi scrive, la parte più godibile del libro, insieme al capitolo successivo che descrive, con ampiezza di citazioni, fonti e rimandi, i conflitti sociali tra il 1962 e il 1969. Ne sono protagonisti i “nuovi anarcosindacalisti”, studenti e operai fra controcultura e dissenso che portano in piazza, in fabbrica, in università la propria ribellione, una rivolta per condizioni di lavoro più umane, ma anche contro il lavoro salariato, una contestazione che è radicale e creativa, politica ed esistenziale e che autori come Luciano Bianciardi prima e Nanni Balestrini poi, giustamente citati da Sacchetti, hanno saputo ritrarre come pochi. L'autunno caldo del 1969 con la sua radicalità, con la pratica di democrazia diretta, con la sua dose di consiliarismo è intrinsecamente anarcosindacalista e simbolo della prassi operaia autonoma e libertaria.
Conclude il volume una ricca appendice con riproduzione di alcuni importanti documenti e di scritti di Sacchetti già apparsi in varie pubblicazioni periodiche o come saggi all'interno di opere collettive.

Hugo - Umanità Nova (anno 92, n. 33)

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