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Psicocomunista

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(14 Novembre 2010) Enzo Apicella

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    SINISTRA: RIAPRIAMO LA STORIA

    (11 Novembre 2012)

    La fine della FdS e del PRC può riaprire la storia della sinistra in Italia

    A leggere gli eventi politici che si sono susseguiti nelle ultime settimane sembra non
    esservi più soggetto politico che sappia perseguire le ragioni del socialismo.
    Sia da chi in questi anni si è proposto nella sua riformulazione e rifondazione, sia da
    quanti le vorrebbero agire con spirito rivoluzionario. Questi ultimi infatti pare non colgano appieno le potenzialità che questa fase politica italiana così degenerata offre, poiché potrebbero avere in mano il pallino delle proposta di aggregazione, senza perdita alcuna sulle identità e prospettive di lungo respiro.

    Ma andiamo con ordine.
    Qualche giorno fa dalle pagine di questo blog (leggi) venne lanciato un messaggio alla FdS affinché nella riunione del 3 novembre si attuasse una scelta di responsabilità che definisse la collocazione dei soggetti partecipanti.
    Invece dagli esiti abbiamo appreso che la Federazione della Sinistra non ha
    apparentemente scelto alcuna posizione, non votando alcunché ma rivelando invece la propria natura: un luogo non politico, non rappresentativo di una realtà
    collettiva e organizzata (tralasciamo gli ideali, per carità di patria).
    Un luogo assimilabile ad una “stazione” : ciascuno -come un viaggiatore individuale-
    sceglie una meta, sale e scende, si sposta portandosi (o credendo di portare) bagagli (truppe?) più o meno consistenti.
    Ma state tranquilli, si precipitano a dire i dirigenti: la stazione c'è e rimarrà, e magari per percorsi di più breve gittata sarà possibile ri-accumunare i viaggiatori (ad esempio per le prossime elezioni regionali), lasciando intatte le attuali posizioni locali, magari fortemente embricate proprio con quel centrosinistra che si vorrebbe sfidare nazionalmente.

    Quindi avviene che una parte della FdS si diriga verso il partito che i sondaggi danno con il vento in poppa, il PD, mentre l'altra sembra rimane nel campo dell'opposizione con una forte connotazione e proposta. Sembra.....
    Poiché non solo la FdS si è politicamente disgregata, ma persino il PRC risulta essersi dileguato.
    La prova del dileguamento del PRC si fa chiara all'indomani della presentazione del
    Manifesto-appello degli “arancioni” (dove campeggiano tra i firmatari preti che con un
    occhio sostengono e benedicono un contendente alle primarie del CS, e con l'altro paiono guardar rapiti dalla verità che si appalesa: “Cambiare si può” oppure da famosi sociologi che in interviste dichiarano che le attuali primarie “sono talmente complicate da essere scoraggianti” mentre quelle di Prodi invece erano una gran bellezza!).
    Un appello dove fa bella mostra di se' l'assenza (ovvia per i proponenti) di una
    analisi politica che ponga al centro il conflitto di classe. Come, d'altra parte, era stato ben rilevato in un editoriale, comparso su Il Manifesto, a firma di R. Rossanda, quando venne presentato il progetto ALBA (leggi articolo).

    Avviene così che si legga, sconcertati, della assoluta incapacità da parte del gruppo
    dirigente del PRC di porsi come soggetto autonomo e di misurarsi con il tema della
    soggettività politica, che si esprime invece nell'accodarsi, come ben si legge nel
    documento approvato dalla Direzione Nazionale: “decidiamo di partecipare all’assemblea convocata per il 1° dicembre al fine di concretizzare un percorso di costruzione della lista unitaria di sinistra”.
    Dunque senza esercitare alcuna funzione di interlocuzione reale rispetto ai contenuti ed agli orientamenti politici, aspettando magari di poter contrattare le rispettive posizioni all'interno della futuribile lista elettorale, che -si domandano gli attivisti confusi e preoccupati- potrebbe non aver neppure il simbolo!

    Nel frattempo dirigenti ed esponenti istituzionali del PRC agiscono in proprio ricollocazioni opposte, o addirittura -con lo stesso metodo individuale- aderiscono firmando (sic!) l'appello ben prima di un pronunciamento ufficiale del proprio organo politico (penso all'adesione pressoché immediata del portavoce della FdS, ad esempio).
    Siamo quindi allo sbando più totale.

    Che fare?
    La prima cosa credo debba essere necessariamente quella di dare la notizia ai
    militanti e agli elettori del PRC (pochi, sempre più pochi ormai) che questa non è più
    un'organizzazione politica comunista in grado di dare una impronta nell'analisi e una
    prospettiva nella proposta.

    La dirigenza del PRC ha sempre mancato di capacità di egemonia e di orgoglio. Era
    in realtà già morta e sepolta ai tempi dei governi Prodi, ma la necessità di mantenere
    un simulacro di identità comunista ha fatto si che se ne favoleggiasse negli ambiti
    prettamente locali, consentendo spesso una contrattazione nei governi territoriali per una collocazione istituzionale di potere, concedendo ai propri militanti l'illusione di una idealità per la quale sentirsi impegnati.
    Un favoleggiamento però destinato a sfumare definitivamente e assai velocemente (prima o poi i rapporti di forza e la confusione identitaria lo sanciranno), spero portandosi via questa dirigenza incapace di dare una direzione politica minima.

    La seconda è che se da una parte il Manifesto-appello degli “arancioni” consente di
    affrontare in modo più ampio la necessità di una opposizione al governo Monti e ai partiti che sinora lo hanno sostenuto e che nel prosieguo ne manterranno l'agenda, dall'altro deve esservi una forza di sinistra comunista che abbia la capacità di assolvere il compito della rappresentanza, delle ragioni e della prospettiva socialista.
    La nostra forza resta nell'espressione che si è realizzata nella manifestazione del No Monti Day.

    L'obiettivo di una interlocuzione con i proponenti non potrà in questa fase che essere
    prettamente pragmatico e realistico, avendo chiaro il diverso orientamento teorico
    che i due filoni rappresentano, ma valorizzando la necessità di ridare voce e dignità di
    rappresentanza politica magari istituzionale anche a quella parte del mondo dei lavoratori e della società che si vuole interpretare, alla luce del conflitto di classe, costruendo un programma autonomo e alternativo di opposizione.
    Altrimenti saranno altri ad assumerne la direzione, e la Storia contemporanea ci ha
    insegnato che è sempre stata la destra più feroce e radicale.

    Patrizia Turchi

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