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Egitto, gli abusivi che preoccupano il governo

(14 Novembre 2012)

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Per l’establishment di governo la grana assume contorni di gestione dello spazio cittadino che è un gradino inferiore all’ordine pubblico delle rivolte socio-politiche. Ma la questione dell’ingombro di cospicue aree del centro della capitale da parte del commercio ambulante ha risvolti sociali, economici, comportamentali e può avere ricadute sulla sicurezza. Visto il numero d’incidenti che sempre più spesso si ripetono fra cittadini esasperati dai terribili ingorghi che il già caotico traffico cairota subisce a causa dell’incremento esagerato di rivendite all’aria aperta. Queste dopo gli spazi destinati ai parcheggi s’allargano anche alle corsie stradali. E se le vie, pur ampie, sono di scorrimento come Talaab Harb, 26 July, Ramses Street la situazione diventa esplosiva. Recentemente c’è stato un vero e proprio scontro fra categorie: da una parte i tassisti e conduttori di microbus, dall’altra gli ambulanti. I primi sostengono che gli ingorghi creati dalla merce esposta irregolarmente dai mercanti abusivi gli fanno perdere tempo, corse e clienti. Gli ambulanti controbattono che anche tante macchine a nolo esercitano senza avere regolare licenza o con una scaduta. Una guerra indubbiamente fra poveri, tutti smaniosi di lavorare e guadagnare però fuori dalle regole. La nuova gestione politica nazionale e locale nonostante i buoni propositi sta ripetendo l’atteggiamento di Mubarak: chiudere un occhio, nascondendo la polvere sotto il tappeto. Al Cairo però la polvere è sabbia del deserto che può far inceppare anche gli ingranaggi politici.

Nelle scorse settimane ciò è accaduto con la massiccia protesta degli ambulanti che il governo ha affrontato facendo intervenire la polizia. Dagli scontri a Giza Square è scaturita la morte di un giovane rivenditore. Abusivo, come un bel po’ di attività dell’Egitto post Mubarak. E nei discorsi di strada e di pubblici caffè sale la disillusione verso le promesse che il Fratello Mursi aveva fatto per battere l’avversario Shafiq. Molte riguardavano la soluzione di problemi annosi: servizi pubblici, programmi per traffico e inquinamento, nuovi progetti per rete fognaria e smaltimento rifiuti. Finora i problemi che c’erano restano. In verità il Presidente ha proposto ai senza licenza di andare in un immenso mercato di periferia, ma ha ottenuto un loro rifiuto perché dicono che lì il business non sarebbe lo stesso. Intanto la gente constata che, al di là degli scontri coi commercianti abusivi, le Forze dell’Ordine tengono da mesi un basso profilo. C’è chi sostiene per volontà del governo islamico e chi pensa sia una scelta della lobby militare che sta il più possibile lontana dalle piazze. Ma la scarsa presenza della polizia nelle strade suscita l’apprensione dei cittadini per via di episodi di microcriminalità che crescono settimana dopo settimana. Anche perché quest’ultima amplia le proprie file con la gioventù marginale che in mancanza di lavoro prende tale deriva. Perciò chi come gli abusivi s’inventa un’occupazione pur in assenza totale di regole, licenze, tributi da pagare si sente in una posizione totalmente legittima.

Parecchi commercianti irregolari sono parenti di chi un’autorizzazione ce l’ha ma non riesce a farla acquisire ai famigli. Costoro sono i più convinti a sentirsi giustificati dallo stato di cose perché generazioni di parenti hanno fatto quel mestiere. Fra i mercanti regolari chi non ha abusivi da “difendere” si risente, ricordando che i costi della normalità gravano solo su di loro. Gli ambulanti ribattono che non esiste concorrenza sleale: ognuno ha il suo pubblico, i ceti medi vanno nei negozi, le bancarelle sono per gli strati più umili e bisognosi. Anche se in verità il blocco economico dell’ultimo biennio e i salari fermi puntano a far risparmiare un po’ tutti e i banchetti risultano sempre affollatissimi di clienti di tutte le tasche. Qualche ambulante intervistato dai media locali ha addirittura teorizzato d’incarnare un ruolo sociale: la merce a basso prezzo è utile alla cittadinanza. Qualcuno sorride, ma una sociologa d’origine iraniana docente all’Università del Cairo, Asef Bayat, che ha esaminato a lungo il fenomeno della marginalità ne ha notato due obiettivi: la redistribuzione di beni di consumo sociali attraverso la diretta acquisizione di spazi e strade, il conseguimento d’una forma d’indipendenza dalle regole imposte dallo Stato. Insomma questi comportamenti potrebbero valere come un’autonomia dal basso, oppure finire nel vicolo cieco d’interessi soggettivi e corporativi. A scoprirlo sarà la popolazione.

14 novembre 2012

Enrico Campofreda

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