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14N: una grande giornata di mobilitazione e solidarietà, che prelude a lotte più ampie ed intense. No alla repressione!

(18 Novembre 2012)

Il 14 novembre si è svolta in 23 paesi dell’UE la giornata europea di mobilitazione e solidarietà, indetta dalla CES, da altri sindacati e da strutture degli studenti.
Come molti commentatori hanno osservato, in questa data si è effettuato il primo sciopero generale che ha coinvolto diversi paesi europei (Spagna, Portogallo, Italia, Grecia, Malta e Cipro) sugli stessi contenuti: per il lavoro, contro le politiche di austerità e i tagli alla spesa sociale, contro l’aumento delle tasse, etc.
La giornata di lotta si è espressa in varie forme e con differente intensità da paese a paese.



Com’è andata in Italia…

In Italia la mobilitazione del 14 novembre è stata preceduta e accompagnata da importanti episodi di lotta: in Sardegna dove è esplosa la rabbia degli operai contro la latitanza di governo e regione sulla vertenza del Sulcis; a Napoli dove i disoccupati, i precari e gli studenti hanno duramente contestato la ministra del “lavoro” Fornero; in Val di Susa dove continua la mobilitazione popolare contro il progetto inutile, costoso e devastatore dell’ambiente chiamato TAV.
Il 14 novembre l’adesione media allo sciopero generale di 4 h., portato a 8 h. in alcune categorie, secondo la Cgil, è stata di circa il 50%”. Punte più elevate si sono registrate in alcune fabbriche metalmeccaniche.
Manifestazioni si sono svolte in un centinaio di città. A Bologna sono sfilati quattro cortei molto partecipati. Anche a Roma quattro cortei, che hanno visto come protagonisti lavoratori, precari e studenti. Nella capitale il Comitato promotore del No Monti Day aveva convocato un presidio davanti al Parlamento, che sebbene ostacolato dalla polizia, è stato raggiunto da migliaia di lavoratori. Due cortei hanno attraversato le vie di Genova; in Piazza De Ferrari hanno preso la parola lavoratori di imprese in crisi, mentre centinaia di manifestanti bloccavano i varchi portuali. A Firenze, in Piazza del Duomo dove i lavoratori della FIOM hanno steso sul selciato uno striscione lungo più di cento metri con la scritta: “Il Duomo è a passo d'uomo, la democrazia non è al passo con i lavoratori. No ai licenziamenti”. A Pisa le operaie Sodexo hanno occupato la Torre esponendo lo striscione “Rise up!”. A Napoli migliaia di lavoratori, studenti e pensionati hanno riempito Piazza del Gesù. A Bari i manifestanti hanno raggiunto il porto verso l’imbarco per la Grecia per sottolineare la connessione con le lotte in corso.
Massiccia dappertutto la partecipazione degli studenti, giovani e giovanissimi, che sono entrati con decisione nella giornata di lotta portando la loro carica di protagonismo, di entusiasmo e di ribellione. Nell’insieme si sono svolti nelle diverse città italiane oltre 50 cortei di studenti medi e universitari, spesso oggetto di una pesante repressione per impedire ai giovani di arrivare sotto i Palazzi del potere.
Le brutali e premeditate violenze poliziesche, i pestaggi, gli arresti e i fermi di studenti – a cui va la nostra solidarietà - sono la dimostrazione che i governi e i partiti borghesi non hanno nessuna risposta da offrire di fronte alle esigenze e alle rivendicazioni dei giovani, che sono tra le principali vittime della crisi. Così come il lancio di gas lacrimogeni dal Ministero della Giustizia è una dimostrazione del carattere oppressivo e repressivo dello Stato borghese, che va rafforzandosi nel contesto dell’acutizzazione della lotta fra le classi.
Malgrado ciò il 14N in Italia ha espresso una precisa volontà: quella di non rassegnarsi, di non fermarsi, di unirsi per lottare, rifiutando la politica di divisione e freno dei riformisti e dei collaborazionisti. Questa volontà deve ora concretizzarsi in nuove azioni di lotta e di sciopero generale per cacciare il governo Monti!



…e negli altri paesi dove si è scioperato

La Spagna, colpita da drastiche politiche di rigore, e che ha visto nell'ultimo anno la disoccupazione superare il 25%, è stata paralizzata dallo sciopero generale proclamato dai sindacati CC.OO, UGT e USO, che ha raccolto una massiccia adesione. Secondo i sindacati la partecipazione allo sciopero è stata superiore al 75%. I numerosi cortei che hanno attraversato le principali città iberiche sono stati aperti con lo slogan “Si stanno portando via il nostro futuro”. Le principali manifestazioni di piazza che hanno concluso lo sciopero si sono svolte a Barcellona e Madrid. In queste città, come a Valencia, Grenada e in altre località si sono registrati scontri fra manifestanti e polizia, che ha sparato proiettili di gomma, con centinaia di arresti e decine di feriti.
In Portogallo il sindacato Cgtp-In ha indetto uno sciopero generale di 24 ore che ha raccolto ampie adesioni. L'astensione dal lavoro ha paralizzato i trasporti. Ferma la metropolitana di Lisbona, così come gli autobus pubblici. Cancellati circa 200 voli. Scuole chiuse. Nella capitale, quasi il 100% dei servizi di pulizia ha aderito allo sciopero ed il 90% dei lavoratori della sanità e del settore ospedaliero si è fermato. Un contributo determinante alla riuscita della giornata di lotta lo hanno dato i coordinamenti di studenti, precari e disoccupati. Complessivamente si sono svolti circa 40 cortei, i più importanti dei quali a Lisbona, dove la polizia ha caricato i manifestanti davanti il Parlamento, e Porto.
In Grecia sono state proclamate tre ore di sciopero generale nel pubblico impiego. Migliaia di lavoratori hanno manifestato nella centrale piazza Klafthmonos di Atene esprimendo la loro vibrante protesta contro le misure di austerità che “minano il futuro e distruggono la vita dei lavoratori del Paese”.



Manifestazioni e proteste in tutta l’UE

Dimostrazioni di piazza si sono svolte anche in Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Svezia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia, Romania.
In altri paesi come Belgio, Germania, Austria, Lussemburgo, Svizzera, Scandinavia, Olanda, Belgio, Danimarca, Finlandia ecc., si sono svolte azioni simboliche di protesta, per dimostrare la solidarietà dei lavoratori con i popoli che affrontano le brutali misure di austerità e le loro conseguenze sociali.
In particolare a Bruxelles i manifestanti si sono ritrovati davanti alle sedi di Commissione e Consiglio UE, dove hanno consegnato il “premio Nobel dell'austerità” a Barroso, Presidente della Commissione europea, assieme ad un boomerang con la scritta “L’austerità vi ritornerà in faccia!”.
A Parigi i rappresentanti dei sindacati di ogni continente, riuniti per l'Assemblea annuale della Rete di Cooperazione Sindacale della ITUC/CSI, hanno sfilato alla testa del corteo dei sindacati francesi. Oltre alla manifestazione nella capitale, i sindacati CGT, CFDT e UNSA, hanno organizzato in Francia manifestazioni in 130 città per il lavoro e la solidarietà, contro la politica di austerità.
In Germania, a Berlino, di fronte alla Porta di Brandeburgo, i lavoratori hanno scandito slogan di solidarietà ai loro compagni europei colpiti dalle misure di austerità. Manifestazioni anche a Dresda e Francoforte.



L’obiettivo centrale delle mobilitazioni

L’obiettivo centrale delle proteste del 14N è stata la politica di austerità, imposta da UE-BCE-FMI ed applicata dai governi praticamente in tutti i paesi dell’UE. Una politica antioperaia e antipopolare che distrugge le conquiste sociali ottenute con decenni di lotte e sacrifici, smantella i diritti e le libertà dei lavoratori, getta nella povertà ampi strati delle masse lavoratrici, nega il lavoro e il futuro ai giovani, approfondisce la recessione e aggrava il deficit di bilancio per salvare gli interessi e i privilegi dell’oligarchia finanziaria.
La giornata di lotta europea ha acuito la crisi del dogma neoliberista dell’austerità. Allo stesso tempo, ha dimostrato che la lotta si sviluppa non solo nei cosiddetti PIIGS, ma anche nelle potenze capitaliste centroeuropee (Germania Francia, Olanda etc.) in cui la recessione incombe, la produzione cala, i salari diminuiscono, i consumi ristagnano e di conseguenza cresce la protesta sociale.
E’ stato dunque smentito chi sostiene l’”esistenza di due europe”, ossia della mancanza di solidarietà dei lavoratori nordeuropei con quelli dell’area mediterranea.
Particolarmente in Germania si sono levate le voci critiche degli esponenti sindacali contro le politiche del rigore che stanno mettendo in ginocchio i paesi più colpiti dalla crisi e le controriforme che demoliscono i diritti dei lavoratori, aumentano l'età lavorativa e diminuiscono i salari.



Il ruolo dei vertici CES

Lo sciopero generale è stato indetto dalla CES, diretta dai vertici sindacali socialdemocratici e riformisti. Costoro sentono la spinta della base operaia e sono orfani della concertazione. Cercano perciò di riconquistare un ruolo con la linea della “minore resistenza possibile” (vedi la Camusso che ha proclamato solo 4 ore di sciopero su contenuti ultra-moderati), chiedendo ai governi dell’UE di affrontare il degrado occupazione e rilanciare l’economia. In cambio propongono il “patto sociale” (il rovescio della medaglia del “patto fiscale”), la “governance economica”, vale a dire la collaborazione di classe per mantenere la pace sociale.
La foglia di fico di questa politica vergognosa è costituita dalla proposta di istituire una tassa minima sulle transizioni finanziarie per limitare la speculazione e agevolare politiche di investimento. Ma le ipotesi socialdemocratiche e riformiste sono in stallo in tutta Europa, poiché non esistono più sufficienti margini economici per le politiche keynesiane. Nel tentativo di dare una risposta alla crisi, queste forze in realtà di spostano ulteriormente a destra con le loro politiche social-liberiste e filo-imperialiste.



Verso conflitti più aspri, con l’unità di azione proletaria

Di fronte allo sciopero e alle proteste nessun governo dell’UE ha mostrato segnali di cambio di rotta. Da Monti a Merkel, da Rajoy a Samaras, il ritornello è sempre lo stesso: capiamo le ragioni della protesta, ma ciò che è necessario va fatto lo stesso.
Queste arroganti parole sono la prova che la borghesia dominante europea non ha alcuna intenzione di tornare indietro. La strada reazionaria che ha imboccato è irreversibile. E in Italia qualunque altro governo che succederà al governo Monti - quali che ne siano le "componenti" partitiche - sarà un governo di eversione costituzionale, un governo tecnico-politico condizionato dagli oligarchi dell'Unione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale.
In questo quadro la lotta di classe degli sfruttati e degli oppressi contro il capitalismo, le sue istituzioni, i suoi governi e i suoi servi, è destinata a intensificarsi.
In questo senso, nonostante i suoi limiti, il 14 novembre ha segnato un passaggio importante nel processo di ripresa del movimento operaio su scala internazionale. Negli scioperi e nelle mobilitazioni la classe operaia, i lavoratori sfruttati, i giovani prendono fiducia nelle proprie forze, comprendono la vera natura del capitalismo, smascherano le posizioni collaborazioniste e opportuniste, affermano nuovi metodi di lotta, esigendo che la crisi e i debiti siano pagati dai loro responsabili e non dalle vittime.
Nel contesto di una crisi capitalistica che proseguirà e si approfondirà a livello produttivo e finanziario, la giornata del 14 novembre può segnare l’inizio di lotte più importanti e acute.
L’acutizzazione delle contraddizioni dell’imperialismo, le continue aggressioni che stiamo soffrendo spingono sempre più verso l’unità di azione del proletariato e, sulla sua base, verso un ampio fronte popolare contro l’offensiva capitalista, la reazione politica e le minacce di guerra imperialista.
Occorre dunque rafforzare il processo unitario tra le tutte le realtà politiche, sindacali, sociali, che si oppongono alle politiche di austerità, ai diktat di UE-BCE-FMI, alle aggressioni della NATO, lavorare per dar vita a piattaforme unificanti, creare Comitati e Consigli che raccolgano le masse sfruttate e oppresse, avanzare nella convergenza e nel coordinamento delle lotte a livello internazionale.



Aprire il cammino all’alternativa di potere

La realtà dimostra che le piaghe del capitalismo come lo sfruttamento dei lavoratori, la disoccupazione, la miseria, l’oscurantismo religioso, l’oppressione dei popoli, le guerre di rapina, la devastazione ambientale, non sono curabili.
Una vera riforma sociale può avvenire solo mediante la rivoluzione sociale del proletariato.
Questo sistema dev’essere abbattuto e sostituito da un’alternativa sicura: il socialismo, che significa abolizione del lavoro salariato, piena occupazione, benessere sociale, democrazia per i lavoratori, cultura, pace, rispetto dell’ambiente.
Dunque nelle lotte odierne è nostro compito porre l’esigenza di un nuovo ordinamento della società umana, legando indissolubilmente la lotta economica e la lotta politica in un’unica lotta di classe contro l’oligarchia finanziaria, le sue istituzioni (come la UE) e i suoi governi (come quello di Monti), contro chi li sostiene, per aprire la strada a un governo degli operai e degli altri lavoratori sfruttati.
Questa alternativa di potere sarà lo sbocco del fronte unico di lotta degli sfruttati, che si troveranno sempre più di fronte a un dilemma: dittatura dei monopoli capitalistici oppure dittatura del proletariato?
Per risolverlo è indispensabile costruire un forte Partito comunista, basato sui principi del marxismo-leninismo e dell’internazionalismo proletario, che sviluppi una politica rivoluzionaria.


17/11/2012

Piattaforma Comunista

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