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Mursi, il prammatico dittatore

(23 Novembre 2012)

fratmursiprammatico

Il Presidente egiziano Mursi avoca a sé tutti i poteri e l’opposizione grida a un nuovo passo verso una dittatura. Al Cairo le piazze si misurano: da una parte i sostenitori, islamisti, del Fratello Presidente; dall’altra i suoi detrattori, liberali e di sinistra, che parlano della fine dello stato di diritto. In mezzo una mossa sicuramente studiata da giorni e rilasciata con una tempistica ancora una volta perfetta, proposta nel momento del massimo riconoscimento internazionale che Mursi ha ricevuto per la mediazione sulla crisi di Gaza. La dichiarazione Costituzionale del Presidente è concentrata in sette punti con una premessa che ispirandosi alla “Rivoluzione del 25 gennaio” interpreta le richieste di azzerare le istituzioni del vecchio regime e garantire la riscrittura della Costituzione secondo princìpi di libertà, giustizia, democrazia. Si rilancia (art.1) una riapertura dei processi per chi ha provocato la morte di manifestanti, processi che si sono in molti casi conclusi con l’assoluzione degli imputati. Per tutti quello noto come “la battaglia dei cammelli”. L’articolo 2 garantisce esecutività ai decreti presidenziali fino all’approvazione della nuova Costituzione e alla formazione del futuro Parlamento, impedendo a qualsiasi autorità giuridica di contrastarli (la precedente Assemblea del Popolo era stato azzerata nel giugno scorso dal Consiglio Supremo delle Forze Armate).

Si prolunga di due mesi, emendando la precedente norma che parlava di sei (art. 4), la scrittura della Carta Costituzionale. Con l’articolo 5 s’impedisce che il Consiglio della Shura e l’Assemblea Costituente possano venire sciolti da qualsiasi corpo giudicante. Quest’ultimo punto è direttamente legato al dissidio creatosi fra la Presidenza della Repubblica e la Suprema Corte col licenziamento del Procuratore Generale Meguid Mahmoud e la sua sostituzione con Ibrahim Abdallah. Una mossa che se aveva provocato il risentimento della magistratura che denunciava un attacco alla sua autonomia, riceveva il consenso della piazza (islamica e movimentista) sempre ostile agli uomini degli apparati mubarakiani. Avevano invece storto il naso i politici di professione dello schieramento laico che vedevano nell’iniziativa un ulteriore passo di accentramento dei poteri di un Presidente già in quel momento definito “golpista istituzionale”. Costoro continuano ad attaccarlo sostenendo come la via intrapresa stia violentando il Paese. “Nessun leader popolare proporrebbe di abolire lo Stato per proteggere se stesso” ha dichiarato alla stampa Abdel Meguid prima di dimettersi da membro dell’Assemblea Costituente. E un esponente socialdemocratico ha aggiunto “La sua linea Costituzionale è basata sul: 'chi vuol stare stia, chi vuol andare vada'. Non mi pare ispirata da un’attitudine al confronto”.

Ma i giuristi islamici impegnati da mesi nell’Assemblea dichiarano che la componente laica sta praticando un boicottaggio strisciante, così il Paese resta in balìa d’un vuoto legislativo sia per l’assenza della legge primaria sia per l’impossibilità di riavviare una normale legislazione attraverso un nuovo Parlamento. Infatti per nuove elezioni si deve attendere la stesura della Costituzione che dovrà essere sottoposta a referendum. Contro questo corto circuito politico il Partito della Libertà e Giustizia spiega la mossa prammatica del Presidente, ma naturalmente si trova contro le figure simbolo dell’opposizione laica: El Baradei, Moussa, Sabbahi, Nour, Ishaq tutti uniti contro quello che definiscono un “totale colpo contro la legittimità che propone una dittatura di fatto sconosciuta dalla storia recente dell’Egitto”. Questi politici richiedono il ritiro della dichiarazione di Mursi, l’ennesimo scioglimento dell’Assemblea Costituente che, a loro dire, avrebbe perso ogni legittimità giuridica e morale.
23 novembre 2012

Enrico Campofreda

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