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Addio compagne

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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
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Una lotta di massa radicale per cacciare Berlusconi

(20 Agosto 2004)

La proposta delle primarie programmatiche e l'accettazione, in questo ambito, del vincolo di maggioranza, scuote il nostro partito. La compagna Gagliardi è libera di pensare che si tratti di strumentalismi precongressuali. Ma sbaglia. Ed anzi temo che interpretare così una critica diffusa ben al di là delle vecchie divisioni, riveli, non solo un pregiudizio, ma il tentativo, forse legittimo, di salvaguardare, lì sì, vecchi recinti congressuali dall'insidia del dubbio. E' questo che serve al partito?

La proposta delle primarie come affermazione della "sovranità" del popolo mi pare priva di un fondamento di classe. Si parla di "un'assemblea costituente del programma, non limitata ai soli partiti". Ma quali sarebbero le regole della sua composizione e gli strumenti di decisione sulle proposte? L'assemblea di fabbrica ha un criterio omogeneo di composizione e per questo una validità democratica. Un'assemblea che metta insieme gli stati maggiori dell'Ulivo, la pletora di sindaci e presidenti di giunte, e quote di rappresentanza del Prc e movimenti, non avrebbe invece, per la sua interna contraddizione di classe, alcuna valenza democratica. Così come non l'avrebbe, in un'azienda, una riunione comune di Rsu, consiglio di amministrazione ed azionisti. O no? Riconoscere a questa ipotetica assemblea un potere di decisione sul programma, e per di più adeguarsi come Prc al suo responso (persino sulle missioni Onu) significherebbe legittimare preventivamente la subordinazione del Prc all'Ulivo attribuendola alla "volontà del popolo". Lo considero grave, ed anche paradossale. Tutti sappiamo che la volontà del popolo della sinistra, nella sua grande maggioranza si è espressa, ad esempio, per l'estensione dell'articolo 18, per il rifiuto delle missioni militari, per la difesa delle pensioni. Non c'è bisogno delle primarie per saperlo, o per sapere che il Centro dell'Ulivo su ognuno di questi punti, è stato ed è dall'altra parte della barricata. Invece, in nome della "democrazia" si chiedono primarie che, di fatto, legittimerebbero il prevalere dei portavoce ulivisti della grande industria sulla volontà delle masse. Perché allora sorprendersi del generale entusiasmo di Prodi, Amato, Parisi, Intini, per le dichiarazioni di Bertinotti? Tutti costoro vi hanno visto "l'accettazione delle regole della coalizione" e una "nuova responsabile cultura di governo". Si sbagliano? Non colgono da poveri ingenui e suicidi la sfida radicale dell'operazione? Oppure colgono sin troppo bene il segnale rassicurante che da questa emerge: la disponibilità ad accettare, in cambio della rappresentanza formale della "sinistra alternativa", la sostanza liberale del programma di Prodi?

La nostra preoccupazione è davvero molto grande. Contrariamente a quanto pensa Rina Gagliardi, in gioco non c'è, per quanto ci riguarda, questa o quell'altra percentuale congressuale. In gioco c'è l'esistenza stessa del nostro partito, come partito di classe. Per questo. già un anno fa, migliaia di compagni hanno chiesto con forza un congresso straordinario, scontrandosi purtroppo col rifiuto generale non solo della segreteria nazionale ma anche dei dirigenti di tutte le altre aree del partito. Per questo migliaia di compagni chiesero da allora lo scioglimento delle commissioni programmatiche Prc-Ulivo (con Treu e Mastella) purtroppo votate da tutti i dirigenti oggi "critici". Per questo a maggior ragione avanziamo oggi apertamente una proposta alternativa per il prossimo congresso del Prc. Non vuole essere una proposta di componente. Vuole essere invece una proposta rivolta unitariamente, al di là di ogni vecchia divisione congressuale, a tutti i compagni e le compagne del Prc che davvero vogliono salvare l'autonomia del nostro partito. Una proposta unitaria e, al tempo stesso, chiara. Non è tempo di ambiguità, mimetismi, pendolarismi. E' tempo di una battaglia alternativa all'altezza della sfida, capace di assumersi le proprie responsabilità.

Avanzo in questo senso tre assi di proposta, tra loro intrecciati, che credo indispensabili per un testo alternativo.

1) La rottura del Prc col centro liberale dell'Ulivo e con la prospettiva comune di governo. Ogni riproposizione, pur critica, di "un più forte confronto negoziale" col centrosinistra (Grassi) o la richiesta di "spostare il terreno del confronto" (Cannavò) mi sembrano rimuovere il nodo di fondo: non può esservi programma comune tra un partito comunista e i portavoce dei banchieri. Il confronto programmatico dura da anni e lo ha dimostrato. Continuare a riproporlo significherebbe ignorare il suo esito e, di fatto, tenere aperta una prospettiva devastante. Un conto è realizzare accordi tecnici, puramente elettorali, con altre forze di sinistra, per concorrere a battere Berlusconi. Cosa del tutto opposta è un governo con l'Ulivo. Questo sbocco va esplicitamente escluso.

2) La proposta di rottura col centro dell'Ulivo va rivolta a tutti i soggetti politici e sociali che hanno partecipato ai movimenti di questi anni (Sinistra Ds, Pdci, Verdi, Cgil, Sindacalismo di classe, Movimento antiglobalizzazione). Il confronto politico pubblico con tutta la sinistra politica e sociale è importantissimo. Ma non per proporre alla "sinistra alternativa" un successivo confronto programmatico di governo con il centro dell'Ulivo, come suggeriscono Grassi e Cannavò. Bensì per proporle la costituzione di un comune polo autonomo di classe anticapitalistico, che si candidi a guidare una lotta di massa radicale per cacciare Berlusconi, e a preparare un'alternativa vera. Una sinistra alternativa o è alternativa a Prodi o non è.

3) L'opposizione comunista e di classe è irrinunciabile. Ogni eventuale accordo tecnico per battere Berlusconi non può confondersi con forme di sostegno al governo dell'Ulivo. La desistenza politico-elettorale del 96, che prevedeva un sostegno esterno al governo Prodi non può essere in alcun modo riproposta (come vorrebbe l'Ernesto e, temo, Cannavò).

Salvare un'opposizione comunista e di classe significa salvare ciò che il centro dell'Ulivo vuole non a caso eliminare: il possibile strumento di resistenza alle politiche dominanti, di rifiuto della concertazione, di lotta per un'alternativa anticapitalistica. Sciogliere l'opposizione comunista sarebbe il più grande regalo alle classi dominanti.

Su questi assi - qui appena abbozzati - siamo aperti al più ampio confronto unitario con tutti i compagni disponibili. Se si rompono vecchi steccati, se si uniscono le forze su basi chiare è possibile dare una traduzione coerente al vasto sussulto contro la svolta di governo che si esprime nel Prc. In ogni caso Progetto Comunista sarà impegnato con la più grande apertura in questa battaglia. Nell'interesse del partito e del suo futuro.

MARCO FERRANDO

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