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(28 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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I No Tav tra trivelle, gas, idranti, processi, repressione

(27 Novembre 2012)

Il 3 dicembre si incontreranno a Lyon il primo ministro Monti e il presidente Hollande. Sul piatto, ancora una volta, la nuova linea ad alta velocità tra Torino e Lyon. Nel mese di ottobre sono state rese note le motivazioni del pronunciamento contrario della Corte dei Conti francese, che giudica l’opera insostenibile economicamente e inutile sul piano logistico. Si sono accorti di quello che i No Tav sostengono da molti anni: la linea attuale è sottoutilizzata, il traffico merci è in costante diminuzione, il costo di un chilometro di linea in Italia è sino a dieci volte la media europea.
In questi mesi i media italiani hanno continuato a sostenere che, al di là del parere della corte dei conti, i francesi sono sempre favorevoli all’opera. Peccato che di quest’ottimismo sui giornali d’oltralpe non traspaia nulla.
Il 12 novembre Monti è volato a Parigi per conferire con il primo ministro Ayrault: qui i giornali hanno parlato di accordo sul Tav, su quelli francesi non c’è una riga. Magie dell’informazione made in Italy.

Trivelle e occupazione militare in bassa valle
Sempre il 12 novembre era stata da tempo fissata la visita del ministro dell’Interno a Chiomonte. Annamaria Cancellieri non si è fatta vedere né al Municipio di Chiomonte, né al cantiere/fortino di Clarea.
All'appuntamento erano invece presenti i No Tav, che hanno presidiato sia la zona del Municipio sia l'area del cantiere/fortino della Maddalena.
La mossa del ministro non si è fatta attendere. Sin dalla serata le strade e l'autostrada sono state trapuntate dalle luci blu dei lampeggianti. In nottata il blitz con 1200 uomini per piazzare tre trivelle nell’area dell’autoporto di Susa, la stessa nella quale non riuscirono a fare i sondaggi nel 2010, perché trovarono ad attenderli oltre cinquecento No Tav. In questi mesi sta andando avanti il processo civile a tre attivisti, cui il general contractor dell’opera, LTF, ha chiesto oltre centocinquantamila euro..
Questi sondaggi, fatti sotto l’autostrada, su terreni di risulta per circa trenta metri sono inutili dal punto di vista dell’indagine geognostica. Sono sondaggi politici, per saggiare e spezzare la resistenza No Tav. In vista del vertice tra Monti e Hollande il governo italiano vuole dimostrare di avere sotto controllo la situazione anche nell'area dove dovrebbe sorgere il mega cantiere per il tunnel di base.
Non solo.
Mercoledì 21 novembre comincia il processo ai No Tav per lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena e per la manifestazione del 3 luglio 2011: il governo voleva dare una ulteriore prova di forza.

Resistenza No Tav tra blocchi e menzogne dei media
Martedì 13 novembre. Il presidio di Susa si trova di fronte alla zona militarizzata. Qui si danno appuntamento i No Tav. L’assemblea al presidio di Susa è veloce: c’è chi vuole andare a vedere da vicino l’area militarizzata, chi invece opta per il blocco dei mezzi obbligati dalla polizia ad uscire a Susa.
La notte precedente la polizia aveva bloccato la statale 24, rendendo difficile muoversi agli abitanti di Traduerivi, e chiudendo la A32 in direzione Torino. I cartelli della Sitaf avvertivano che il blocco era dovuto ad una fantomatica manifestazione No Tav.
In serata i No Tav bloccano davvero i Tir, lasciando passare le auto e i mezzi di lavoro più snelli. Intorno alle sette e mezza la coda sulla statale 25 era di quasi undici chilometri.
Intorno alle 19,30 un poliziotto perde la testa e minaccia con la pistola i No Tav di ritorno dalla visita alle trivelle: alla fine dovrà andarsene di corsa spinto dalla naturale indignazione dei manifestanti. Il Tg3 trasformerà l’episodio in “aggressione alla polizia”.
Intorno alle ventidue la protesta si sposta alla rotonda di Chianocco e, di lì, all’autostrada. In corrispondenza con le due rampe di accesso vengono erette barricate poi date alle fiamme. L’autostrada ormai inagibile viene chiusa sino al pomeriggio del giorno successivo.
La militarizzazione della Val Susa costa decine di migliaia di euro al giorno, pagate da tutti. Intanto la maternità dell’ospedale di Susa è stata chiusa. Un pezzo di sanità che se ne va, aggiungendosi ai tanti altri tagliati in quest’ultimo anno. L’ennesimo insulto a chi lotta contro lo sperpero di risorse pubbliche per finanziare le varie clientele dei partiti. Di governo e di opposizione. Qualunque sia il governo, qualunque sia l’opposizione.

Blocchi e battiture tra gas e idranti
Mercoledì 14 novembre. La polizia militarizza completamente l’area vicino all’uscita autostradale di Susa sulla statale 25, che viene chiusa con Jesey. Lì piazzano un’ennesima inutile trivella: sono ancora più vicini al presidio No Tav, in frazione S. Giuliano.
Dalle 18, dopo una veloce assemblea, i No Tav si radunano di fronte allo schieramento di polizia. Intorno alle otto meno un quarto gli uomini al servizio dello Stato cominciano a sparare lacrimogeni.
Nonostante la durezza della situazione i No Tav non se vanno. Sarà la cifra dell’intera serata di lotta: da una parte i manifestanti che bloccano le due statali, fanno battiture, intonano slogan, dall’altra la polizia che bagna con gli idranti e gasa sino a rendere irrespirabile l’aria.
I lacrimogeni arriveranno sin nelle case della frazione S. Giuliano, la zona di Susa destinata ad diventare cantiere Tav. Il giorno dopo l’ASL, interpellata dalla gente di S. Giuliano, consiglierà in via precauzionale di non mangiare le verdure degli orti e le uova delle galline.
I No Tav aiutano i tir a defluire, perché gli autisti sono intossicati dai gas.

I militari fanno fagotto
Le trivelle vengono smontate la mattina successiva: le truppe sgomberano l’area nel pomeriggio. I No Tav decidono di rinforzare i presidi di Susa e Venaus per essere pronti per nuovi interventi già annunciati.
Si dovevano fermare giorni e giorni ma hanno chiuso bottega piuttosto in fretta. Un sondaggio non troppo ben riuscito per il governo Monti: molti si attendono nuove mosse nelle prossime settimane.


Processi e repressione
Giovedì 15 novembre si svolge a Bussoleno un’assemblea per parlare del processo ai No Tav arrestati il 26 gennaio scorso. Due di loro, Maurizio e Alessio, che non hanno fatto richiesta di misure alternative, restano in carcere, Juan è invece ai domiciliari: tutti è tre hanno deciso di rinunciare alla difesa in tribunale, ricusando i propri avvocati. Degli altri imputati, uno è già uscito dal processo, patteggiando un anno, gli altri 42 hanno deciso di andare a dibattimento. Il processo si apre il 21 novembre ma entrerà nel vivo solo all’inizio del prossimo anno. Gli avvocati illustrano la partita dal punto di vista tecnico, senza creare inutili illusioni. La procura vuole delle condanne esemplari, dure, per intimorire un movimento che non fa passi indietro nemmeno di fronte al dispiegarsi della violenza di Stato. Per la prima volta da tanti anni questo processo, così come gli altri che investono il movimento contro la Torino Lyon, avviene contro un movimento vivo. Non è quindi un semplice atto di vendetta da parte dello Stato, ma parte integrante dello scontro sulla Torino Lyon.
Sarà importante quanto accadrà in aula, sarà altrettanto importante quello che avverrà per le strade della Val Susa e del resto d’Italia.
In questi giorni sono stati recapitati numerosi rinvii a giudizio nei confronti dei No Tav che parteciparono attivamente alla campagna contro i sondaggi dell’inverno 2010.
Il 4 febbraio andranno alla sbarra 28 No Tav, tre appartengono alla Federazione Anarchica Torinese. Nel mirino della magistratura la giornata di resistenza alle trivelle del 26 gennaio 2010 in via Amati a Venaria. L’accusa è di aver bloccato in strada il camion con le luci per la trivella, che ha ritardato di quattro ore. Il blocco fatto con uno striscione No Tav e con un gazebo in strada configurerebbe il reato di violenza privata, un reato che prevede la pena massima di quattro anni. Come ormai consuetudine la Procura effettua una sorta di torsione del diritto, descrivendo come reati gravi semplici azioni di blocco e contrasto.

Fotografi un poliziotto? Ti sequestrano ti accusano di rapina e resistenza
Sabato 17 novembre. I No Tav che, come ogni mattina fanno colazione davanti al check point della centrale, pescano un tizio in borghese che scatta foto al presidio, chiedendogli spiegazioni. Lui nicchia, fa spallucce, poi dichiara di essere incaricato dalla Procura: si guadagna qualche insulto ma non viene toccato. Un compagno di Vaie, Andrea, gli scatta a sua volta qualche foto. Dopo che se ne è andato sulla sua auto e con la sua macchina foto, arrivano i carabinieri che fermano Andrea e un altro compagno, Claudio. Li portano nel fortino e li obbligano per sette ore a stare in piedi su un gradino senza potersi sedere, poi vengono separati e portati via. Verranno rilasciati solo in tarda serata. Andrea viene denunciato per tentata rapina aggravata e resistenza aggravata, Claudio, siccome rifiuta di rispondere alle domande, viene denunciato per favoreggiamento.
Inutile dire che i giornali del giorno dopo racconteranno ben altra storia, usando la neolingua ormai abituale tra i giornalisti.

A Lyon, a Lyon!
L’appuntamento del 3 dicembre a Lyon acquisisce di giorno in giorno maggiore importanza. I No Tav, sebbene non invitati, hanno deciso che non possono mancare all’appuntamento. Un’occasione in più per mostrare a Monti e Hollande che il movimento non si arrende alla loro violenza. Anzi!
Nell’ultima settimana si è diffusa la notizia che la procura sta inviando convocazioni presso i servizi sociali ai ragazzini che partecipano al movimento No Tav.
Un ragazzo di 14 anni, senza alcuna accusa a suo carico, è nel mirino della Procura per aver distribuito un volantino.
Un No Tav ha commentato così: “mio nonno a 14 anni ha preso il fucile ed è andato in montagna, sapremo resistere anche questa volta”.

Maria Matteo - Umanità Nova (n. 36, anno 92)

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