">
Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra (Visualizza la Mappa del sito )
(5 Settembre 2004)
«In Iraq i nostri commilitoni si divertivano a circoscrivere le abitazioni di alcuni sospetti con la benzina, accendevano e guardavano il fuoco avvolgere la casa di quei poveri cristi che urlavano. Poi spegnevano e arrestavano questa gente. Ma nella maggior parte dei casi risultavano del tutto innocenti». Questi i racconti dei soldati appena tornati dopo oltre sei mesi passati in Iraq alla caserma Garibaldi nel cuore di Caserta. Gli uomini della Brigata Garibaldi hanno battuto ogni terreno di guerra: Somalia, Kosovo, Mozambico ed adesso l'Iraq. Incontriamo un gruppo di «reduci» in un bar dove quasi sempre si raccolgono i bersaglieri in libera uscita. Hanno finito il loro primo ciclo in Iraq. Torneranno li giù molto presto. Il caporale G.M. è il primo che vuole raccontare della sua esperienza. Parla con un espressione a metà tra la stanchezza e il disgusto: «Non dimenticheremo mai cosa abbiamo visto. Miseria totale, ragazzini che ti si attaccavano agli anfibi per una bottiglietta d'acqua, donne anziane che dormivano per terra con piaghe dappertutto». I militari sono stanchi ma anche sconvolti. Chiedono di non citare il loro nome ed aggiungono che «non è la prima volta che un bersagliere viene punito e messo sotto inchiesta perché parla con i giornali». Tutti hanno un ricordo terribile, ognuno ha assistito a scene di fame e malattia. Lo raccontano come se qui le persone non ne sapessero nulla. «Ai tg noi vediamo un altro Iraq. Quando racconto cosa ho visto mia madre mi dice, ma sei sicuro che sei stato in Iraq? Non capisco perché la televisione non dice niente, non fa vedere niente». «E' vero - aggiunge P.L. è l'unico in abiti borghesi - ai telegiornali non ho mai visto immagini di uomini che si muoiono di fame e di bambini che scavano per cercare di rompere qualche tubatura dell'acqua e bere. In Iraq ogni volta che ero di pattuglia ne vedevo centinaia di scene così».
Chiediamo se gli aiuti del volontariato internazionale riescono ad arrivare, se c'è una capillarità di distribuzione se gli Usa permettono che i pacchi umanitari arrivino ovunque. «Altro che aiuti - interviene F.L. - ho visto i marines entrare in case di sole donne. Mettevano i mitra in faccia alle donne e stringevano le manette ai polsi di ragazzini che non avevano più di 5 o 6 anni. Io ho foto di bambini messi faccia al muro come criminali, fatti inginocchiare, schiaffeggiati». Sulla combriccola cala silenzio. Non ha tutti evidentemente piace ricordare questi episodi, soprattutto davanti a un giornalista. F.L. è un maresciallo appena uscito dall'accademia di Modena. Vota a sinistra «forse sono l'unico bersagliere che vota a sinistra della caserma» dice sorridendo mentre i commilitoni lo prendono in giro. «E gli italiani?» «Degli italiani preferirei lasciar perdere...».
I bersaglieri invece vogliono parlare, basta poco per tirare il tappo e far uscire ciò che ingorga le loro coscienze da tempo. Gli altri ragazzi tacciono. F.L. e C.L. caporale maggiore iniziano a raccontare un episodio visto con i loro occhi. «Alcuni nostri commilitoni si divertivano a circondare le case di alcuni sospetti, dargli fuoco e guardare bruciare la casa. Poi spegnevano e arrestavano questa gente che risultava la maggior parte delle volte del tutto innocente». Gli domandiamo se hanno denunciato quanto hanno visto «In modo informale» risponde F.L. Che significa? «Che non risulta una mia denuncia formale - continua- ne ho parlato con i superiori e basta. Se avessi denunciato formalmente, la mia carriera sarebbe finita lì. Preferisco cambiare le cose da dentro e senza clamore. Ci tengo all'Esercito, io sono un bersagliere». P.E. dice che lui non ha visto mai violenze degli italiani e racconta: «Gli americani appena entrano in una casa pensano ad accanirsi su chi ci abita, gli italiani invece al massimo prendono tutto ciò che c'è da prendere. Un amico è riuscito a fregarsi due orologi e quattro spille d'oro». Eppure si vedono solo immagini di arresti in case di fango, in stamberghe, arresti di individui che non hanno altro che il proprio rinsecchito corpo. «Io dice C.L. ho fatto perquisizioni in case di ex dirigenti di polizia e di due imprenditori vicini a Saddam. Avevano in casa di tutto, orologi d'oro, dvd, televisori, lampadari di cristallo, un parco macchine da paura. Durante la caduta di Saddam avevano le guardie private che non facevano entrare i disperati e gli Usa non li arrestarono, i dirigenti non li arrestarono sperando che passassero dalla loro parte. Qualcuno l'ha fatto ma a suon di calci in pancia e sberle...». Anche gli italiani hanno pestato? «Io - risponde P.E.- non ho mai visto picchiare come ho visto fare ai marines nessun italiano. Mai». E aggiunge scherzando: «Neanche in Italia».
ROBERTO SAVIANO
(Il manifesto, 3/9/2004)
19032