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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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CCNL metalmeccanici: una resa ai padroni

(10 Dicembre 2012)

metalmeresa

Il contratto nazionale dei metalmeccanici firmato da fim-uilm e fismic (la fiom è esclusa per le ben note vicende), è all’insegna della riduzione del salario e della completa flessibilità dell’orario, sulla scia dei chimici. L'obiettivo è quello di rendere più competitive le merci italiane e per consentire ai padroni di riappropriarsi del plusvalore prodotto dai lavoratori.
I 130 euro di aumento sventolati sono medi al 5° livello e nascondono due furbate: la prima è che con questo aumento si sana qualsiasi scostamento di salario tra quanto avuto nel triennio precedente (127 euro) e il tasso di inflazione reale. Il che significa che l’indice IPCA che misura l’inflazione per gli aumenti contrattuali è una fregatura assoluta (come già dicevamo nel 2009), in quanto l’inflazione reale è molto superiore all’indicatore IPCA.
La seconda furbata dell’intesa stabilisce che per la seconda rata (45 euro al quinto livello il 1-1-'14) e la terza (50 euro al quinto livello 1-1-'15) le aziende possono posticiparne il riconoscimento fino a 12 mesi o dirottarli sulla contrattazione di secondo livello sulla base di intese aziendali secondo il recente accordo sulla produttività.
Queste furbate, che sono una vera fetenzia sindacale, aprono per la prima volta ad una differenziazione dei minimi salariali nazionali, anche se nel contratto c’è scritto che i minimi verranno comunque mantenuti.
Sulle qualifiche si compie un'ulteriore beffa ai danni dei lavoratori istituendo due nuovi livelli: il terzo super, fra il terzo e il quarto, e, attraverso una commissione prossima, si istituirà il 4super eliminando gli automatismi fra i livelli inferiori 1-2. In questo modo si allarga l’inquadramento professionale mantenendo basso il salario di quanti aspiravano, con l’attuale declaratoria, ad un aumento attraverso il livello.
Inseriscono un fondo di assistenza sanitaria integrativa, come i chimici, pagato da lavoratori e azienda che dovrebbe integrare, appunto, il servizio sanitario nazionale, ma che in realtà nasconde già un riconoscimento oggettivo della sanità privata, mentre alla domenica gridano alla difesa della sanità pubblica.
Sull’orario è pura macelleria nel senso che si raddoppia lo straordinario obbligatorio e aumentano le ore di flessibilità, con una chicca in caso di minor lavoro: l’azienda, previo esame con le rsu, quindi senza vincoli per intese, può disporre delle ferie e dei permessi dei lavoratori anche in modo collettivo al posto della cassa integrazione per cali produttivi. I lavoratori sono completamente nelle mani dei padroni non potendo più godere del diritto alle ferie secondo le proprie esigenze. L’orario settimanale di lavoro si conferma a 40 ore ma solo come media annuale. In questo modo si sono poste le basi per un aumento indiscriminato dell’orario in relazione alle esigenze delle aziende.
La RSU non ha più potere di fare accordi, non nel senso che non li può fare, ma che i padroni hanno solo l’obbligo dell’esame e di comunicazione poi possono procedere da soli passati 10 giorni.
Per i PAR (permessi annui retribuiti, sono le ex festività e le riduzioni d’orario precedenti) le aziende ne hanno a disposizione 5 che possono disporre per chiusure collettive, di queste cinque 3 possono pagarle, aumentando così l’orario.
Sul premio di risultato, questi venduti, hanno stabilito tra i vari criteri anche quello dell’effettiva prestazione di flessibilità altrimenti niente soldi.
Sul trattamento di malattia si è aperta la strada, agli altri contratti, al non pagamento dei 3 giorni di carenza.
Il meccanismo di penalizzazione che hanno introdotto riguarda le cosiddette malattie brevi fino a 5 giorni di durata. Fino a tre volte nell’anno di malattia breve (5 giorni) tutto rimane come prima. Dalla quarta malattia breve in un anno la retribuzione si abbassa del 34%, e del 50% dalla quinta in avanti.
Questi sono i punti più negativi presenti nell’accordo firmato da questi sindacati sostenitori delle imprese e dell’economia nazionale contro gli interessi di chi lavora

Il contratto dei metalmeccanici, al pari di quello dei chimici (e dell’accordo sulla produttività per tutte le categorie), rende i lavoratori di questo settore più sottomessi ai padroni e con meno diritti da pretendere in questa società democratica fatta a misura di Confindustria.
Ai lavoratori l’ardua sentenza di sottomettersi ai voleri padronali e continuare ad essere schiavi salariati, o mettersi in movimento per respingere queste pesanti condizioni contrattuali, organizzandosi in proprio contro chi li svende tutti i giorni.
La strada, per organizzarsi e respingere il peggioramento salariale, la stanno tracciando i lavoratori immigrati delle cooperative della logistica che con le loro lotte stanno dando un esempio agli operai Italiani di come deve avvenire la ripresa e l’unità delle lotte e dell’autorganizzazione contro i confederali la confindustria e il governo.

MILANO,8-12-

S.I. COBAS

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