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(4 Gennaio 2011) Enzo Apicella
Dopo Pomigliano anche a Mirafiori il ricatto di Marchionne: o lavorare schiavi o non lavorare più

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I misfatti di Marchionne in Polonia

(14 Dicembre 2012)

misfamarchionne

Da Tychy in Polonia, dove si trova lo stabilimento della Fiat Auto Poland (FAP), arrivano notizie molto gravi sul violento attacco che la direzione Fiat ha lanciato contro i lavoratori di questo stabilimento della multinazionale. Marchionne non si comporta diversamente in Polonia, da quanto fa in Italia, anzi, per certi versi si muove ancor più a rullo compressore passando direttamente ai licenziamenti di fronte alla crisi dell’auto e al crollo delle vendite delle sue auto in tutta Europa.

La Fiat Auto Polonia (FAP) di Tychy (Slesia, Polonia meridionale) il 7 dicembre ha infatti annunciato la soppressione di 1.500 posti di lavoro nel corso del primo trimestre 2013. Questo vuol dire, tenuto contro dei tagli di posti nelle officine dell’indotto, la perdita di circa 9.000 posti di lavoro nella regione. Attualmente, la Fiat occupa 4.900 lavoratori, 4.600 dei quali nella fabbrica di Tychy. Sono ormai 1.600 in meno rispetto a due anni fa. Questi 1.600 sono stati licenziati a piccoli gruppi (30 al mese), per evitare i licenziamenti in massa, e non rinnovando i contratti a tempo determinato…

Per il momento, FAP non propone neanche questa volta licenziamenti in blocco (perché questo comporterebbe una qualche pianificazione sociale e un minimo di misure di salvaguardia per i licenziati), ma vuole procedere a 1.500 allontanamenti individuali.

La produzione della Fiat Panda II chiude il 31 dicembre 2012 – non è previsto alcun nuovo modello sostitutivo, al contrario di quanto promesso da Marchionne!

Secondo la stampa polacca, la fabbrica di Tichy alla fine di settembre aveva già prodotto 77.000 Panda II (Panda classic), 116.000 Fiat 500 (tra cui la versione Abarth, e circa 40.000 Lancia Ypsilon (nuovo modello) e 45.000 Ford Ka (prodotte su ordinazione della Ford).

E’ il caso di fare un piccolo passo indietro per comprendere la storia di questa fabbrica

La fabbrica di Tychy infatti non è stata costruita dalla Fiat, ma dall’impresa di Stato FSM, nel 1975, con l’obbiettivo di costruire la “Polski Fiat 126p”.

Nel 1992 la fabbrica è stata venduta dall’allora ministro delle Finanze, Andrzej Olechowski, (uno dei fondatori, nel 2001, della Piattaforma civica, PO, il partito attualmente al potere, da cui è uscito nel 2009), alla Fiat per 1.800 vecchi zloty (!!!), ossia niente visto che allora il salario medio mensile operaio era di 2.935.000 zloty.

Inoltre per oltre vent’anni la Fiat ha goduto di esenzione dalle imposte sul reddito e ha anche potuto importare macchinari e pezzi per 600 milioni di euro esentasse.

Nel 1992, i lavoratori Fiat hanno fatto uno sciopero con occupazione di 56 giorni, contro la privatizzazione, purtroppo senza successo.

Inoltre la Camera Suprema di Controllo dello Stato polacco (NIK) ha reso pubblico, nel 1999, un Rapporto che indicava come la privatizzazione della fabbrica di Tychy fosse stata manipolata, ma nessun ministro responsabile di tutto questo è stato incriminato e la faccenda è stata soffocata.

Per ritornare alle vicende di oggi, sei dei sette sindacati presenti alla FAP hanno scritto al Primo ministro Dolan Tusk – il Sindacato WZZ “Sierpen 80” (“Agosto 80”) aveva già chiesto nel 2010 che il governo si occupasse dei tagli di posti di lavoro previsti per l’interruzione della produzione della Panda a Tychy- senza avere risposta.

I sindacati del Comitato intersindacale di protesta e di sciopero (MKPS, composto da “Solidarnosc”, OPZZ, FZZ e “Agosto 80”, e da poco il sindacato Kontra) – che prepara lo sciopero generale per febbraio, stanno anche organizzando una manifestazione a Katowice davanti alla sede della prefettura regionale, con al centro la questione della Fiat. I sindacati esigono di trattare con il governo sulla salvaguardia dell’occupazione in Slesia. I titoli dei giornali sono significativi: “I maggiori sindacati della Slesia uniti contro il governo”, “Si prepara una grande protesta prima delle feste, dopo un gigantesco sciopero nell’intera regione”. Attualmente (dati ufficiali di novembre) in Polonia il 12,5% della popolazione attiva è disoccupata; a fine dicembre si dovrebbe arrivare al 13%… perché si prevedono licenziamenti anche nelle ferrovie (privatizzate…): 1.000 in Slesia, quasi 5.000 in tutto il paese.

Le trattative dovrebbero proseguire con la direzione locale della Fiat e con il governo, ma è chiaro che se non ci sarà una mobilitazione molto forte e unita di tutte le lavoratrici e lavoratori alla FAP e nello sciopero generale, è difficile pensare che il padrone e il governo faranno dei passi indietro. In questi giorni il ministro dell’economia ha parlato di proposte da fare alla Fiat su una maggiore flessibilità al posto dei licenziamenti… di far passare a tempo parziale l’insieme dei lavoratori con corrispondente riduzione del salario, di allargare le zone franche, di impiegare i lavoratori specializzati polacchi in Cechia…; come si vede parole al vento. Nel frattempo altri 150 nuovi licenziamenti sono annunciati in una fabbrica vicina che produce i sedili per auto, soprattutto per la Fiat.

Nello stesso tempo il governo ha deciso di aiutare la GM Opel a Gliwice, sempre in Slesia, dandogli 3,67 milioni di euro per lo sviluppo della produzione d’Astra IV. La Gm ha investito circa 80 milioni di euro e pensa di creare 150 nuovi posti di lavoro.

Tutte queste drammatiche vicende, mettono ancor una volta in luce le grandi difficoltà della classe lavoratrice a rispondere fabbrica per fabbrica, paese per paese, agli attacchi dei capitalisti.

I capitalisti, le multinazionali hanno la possibilità di avere una strategia al di sopra delle frontiere, di dividere i lavoratori di una fabbrica, di una paese dall’altro, di promettere un tozzo di pane a certuni, salvo poi darlo a qualcun altro in una politica di “dividi ed impera” e di un sempre maggiore sfruttamento per cercare di reggere la crisi capitalista e di preservare i loro profitti.

E la riduzione dei posti di lavoro continua, alla Fiat, alla Peugeot, alla Opel, e si tira dietro riduzioni non meno significative nel settore dell’indotto.

Ma l’azione padronale è coordinata a livello europeo e internazionale anche sul piano delle istituzioni e delle politiche economiche che la borghesia sviluppa e organizza in tutta l’Europa e che oggi ha l’evidente scopo di infliggere una sconfitta storica al movimento operaio con un generale arretramento dei livelli salariali e normativi e dei diritti del lavoro.

Il ritardo del movimento operaio e sindacale sul terreno di una risposta internazionale è patente e gravissimo; le vicende della Fiat ne sono una cartina di tornasole, una illustrazione così chiara che dovrebbe aver già spinto le direzioni sindacali nei vari paesi, a partire dalla Fiom e a livello europeo a definire una politica rivendicativa unitaria, una piattaforma comune, la scelta di agire insieme, di mobilitarsi insieme, di non farsi ingannare dalle false promesse di Marchionne, di non sperare nella mors tua, vita mea, e perché inevitabilmente arriva, prima o poi la sconfitta e la resa dei conti per tutti. Più che mai serve alla Fiat e nel settore auto in Europa una reale vertenza europea sostenuta da una mobilitazione europea.

Per quanto riguarda l’Italia, la prossima settimana, Marchionne farà l’ennesimo annuncio di un piano di produzione di nuovi modelli in Italia. Naturalmente i giornali e tanti altri prenderanno queste nuove promesse per oro colato. Per intanto si registrano i dati drammatici della produzione di auto in Italia che sono passate tra il 2007 e il 2011 da 910 mila vetture a 485 mila vetture. Quest’anno sembra non si vada oltre le 400.000. Ne sono ben consapevoli le decine di migliaia di lavoratori tra Fiat e indotto che passano il loro tempo in cassa integrazione. La vituperata riduzione dell’orario di lavoro c’è ed è fortissima, ma tutta a scapito delle lavoratrici e dei lavoratori e del bilancio pubblico e a vantaggio del padrone.

L’Italia è scesa al 21° posto tra i paesi produttori e vende quasi 4 volte quel che si produce…

Ma nessuno, se non i lavoratori in lotta, chiederà mai il conto a Marchionne.

13 dicembre 2012

Red. (www.sinistracritica.org)

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