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Una modesta proposta per la federazione romana del PRC

(8 Luglio 2002)

Il motivo che ci spinge a rivolgerci a tutti i compagni e le compagne del partito di Roma è la preoccupazione per lo stato del partito stesso; come tutti sappiamo, a distanza di mesi dalla fine del V Congresso, la Federazione romana è ancora priva di organismi dirigenti, poiché la proposta di Segreteria effettuata dal neosegretario, il compagno Marco Gelmini, è stata respinta a larghissima maggioranza dal Comitato Politico Federale.
Le notizie dell’esistenza di situazioni simili e di un analogo malessere in altre grandi Federazioni, come quelle di Torino e Milano, non fanno che aumentare i nostri timori.

Lo stato di difficoltà in cui si trova la Federazione romana era già stato evidenziato dall’incapacità di individuare un compagno o una compagna di Roma per la funzione di Segretario, inducendo la maggior parte dei membri del CPF ad accettare l’indicazione del compagno Marco Gelmini come Segretario, nella convinzione che la sua estraneità alle polemiche romane ne facesse la persona adatta per superare la situazione in cui il partito romano versa ormai da anni, dopo un Congresso straordinario che ci ha visti divisi su cinque documenti diversi (nessuno dei quali ottenne la maggioranza assoluta) e una tornata elettorale in cui abbiamo toccato il minimo storico e per la prima volta ci siamo collocati al di sotto della media nazionale del partito.
La proposta di un compagno proveniente dall’esterno della Federazione romana, che non aveva nemmeno seguito il Congresso della Federazione ed era stato cooptato in tutta fretta nel nuovo CPF, mostrava comunque la grande debolezza del partito romano, senza peraltro essere una soluzione credibile, tanto è vero che noi stessi ne avevamo messo in luce limiti e contraddizioni, senza dimenticare che agli occhi di molti compagni e compagne questa proposta è apparsa come una sorta di commissariamento mascherato, il che non ha certo aiutato a renderla accettabile.

Preso atto del fallimento della proposta di Segreteria avanzata dal compagno Gelmini, dobbiamo anche dire che il problema continua a rimanere quello dell’incapacità di trovare un punto di sintesi fra le tensioni che attraversano il partito nella nostra città; d’altra parte, riteniamo di essere arrivati ad un momento in cui o si riescono a ritrovare le ragioni minime dell’unità, oppure siamo veramente ad un passo dalla dissoluzione. Sappiamo come questa brutale verità sia difficile da digerire, ma non crediamo che nasconderla o minimizzarla sia utile.

Per quel poco che possiamo, vogliamo contribuire a superare l’attuale situazione, proponendo di uscire dalla logica nefasta delle cordate, non per negare differenze che oggettivamente esistono, ma per individuare quelle ragioni minime di unità attorno alle quali avviare la ricostruzione e il rilancio del Partito della Rifondazione Comunista nella nostra città.

Crediamo che, nella fase che stiamo vivendo, sia più che mai necessario stare con i piedi ben piantati per terra, il che significa che dobbiamo avere tutti l’umiltà di lasciar perdere enunciazioni e proclami roboanti, per concentrarci su pochi ma chiari elementi programmatici, il più possibile condivisi dalle compagne e dai compagni del partito; questi elementi, tutti interni al documento votato a grande maggioranza dal Congresso romano, necessitano di una verifica nella pratica dell’iniziativa politica sui terreni della lotta contro ulteriori privatizzazioni, per il diritto al lavoro e i diritti dei lavoratori (pensiamo alla battaglia che in troppo pochi stiamo facendo, soprattutto a livello istituzionale, per le nostre delibere di iniziativa popolare, la 133 e la 135 del 2000), per la tutela dell’ambiente e della salute, contro l’ondata di cementificazioni e installazioni inquinanti. Pensiamo anche alla necessità di ridefinire un rapporto del PRC con i movimenti che animano la conflittualità sociale, rapporto indubbiamente in crisi ma che non possiamo permetterci di lasciar perdere: parliamo di ridefinizione esattamente perché siamo convinti che al di fuori del rapporto con i movimenti possa esistere solo una struttura burocratica ed autoreferenziale che poco ci interessa, ma siamo convinti altresì che la strada perseguita sino ad ora debba cambiare radicalmente.

Attorno a questi pochi ma chiari elementi politici - cui va aggiunto quello di un diverso rapporto fra il partito, nella sua autonomia, e i rappresentanti istituzionali - crediamo si debba strutturare una Segreteria unitaria e realmente rappresentativa, con la presenza di tutte le sensibilità e le capacità che “fanno” il partito nella nostra città, abbandonando la pratica della lottizzazione per cordate che ci ha portato alla attuale paralisi. Proponiamo un criterio analogo per la composizione della Direzione, con la presenza, naturalmente, dei compagni del documento di minoranza, chiamati anch’essi a contribuire allo sforzo comune per il rilancio del partito nella nostra città.

Vogliamo, infine, sottolineare l’urgenza della necessità di uscire dall’attuale impasse: mentre giungono a definizione processi politici e amministrativi importanti – dal Piano Regolatore ai referendum, dalle Feste di Liberazione alla cosiddetta “super holding” delle aziende ex municipalizzate, tanto per dire - non possiamo permetterci di cincischiare ulteriormente, mortificando la nostra democrazia interna e l’impegno dei compagni e delle compagne. In altre parole, quella che sollecitiamo è un’iniziativa politica immediata, qui ed ora, non dopo l’estate. 

Roma, 1.7.2002

Anna Ciarletti, Germano Monti, Lorenzo Praticò, Adriana Spera

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