">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

Salvate la Sanità

Salvate la Sanità

(28 Novembre 2012) Enzo Apicella
Secondo Monti il sistema sanitario nazionale è a rischio se non si trovano nuove risorse

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Capitale e lavoro)

el malecon

un breve "notturno"ospedaliero

(14 Settembre 2004)

“…e c’è “religione” del desiderio,
El Malecón,
frangiflutti su cui
passeggiare e chiacchierare, innanzi al
niente che avanza.”

G.B. Recensione a P.Roth

“…io dico che c’è un tempo sognato che bisogna sognare…”
Ivano Fossati C’è tempo da Lampo viaggiatore, quarta traccia

Quando ho visto arrivare in reparto Oscar, il portantino del pronto soccorso, spingendo quel cazzo di barella, alle due e quaranta della notte, mi sono detto: “Ma porcozzio! E’ il quarto che entra da mezzanotte! Che cazzo fanno al pronto soccorso? Ci siamo solo noi stanotte in sto ospedale di merda?”

Lavorare in un reparto di Medicina in sta città è una vita di schifo. Specie nelle notti che sei d’accoglimento. Da mezzanotte alle sette di mattina ti arriva su di tutto. Che tu abbia posto o non ne abbia. Pazienti oncologici ( ma perché in piena notte? ) dispnoici, diarroici gravi, disidratati, vecchi boccheggianti dal caldo e dall’età, famigliole carine che te li spingono su che in casa costano e rompono. Va bene tutto.

La stanza da sei letti diventa da otto, una da quattro diventa da sei. In certi cameroni non ci entreresti per l’odore, e tutta la morte che c’è dentro. E finiti quelli ci sono i corridoi da riempire, e poi il day-hospital, chemmerda. L’infermiere dovevo fare nella mia vita. Milleduecento euro di merda da pulire, di corpi da girare, di piaghe da fasciare, di iniezioni da fare, di terapie “da non sbagliare cazzo!”, di primari da sopportare, e caposale, e colleghi.

E' bello il mitico nord-est: tutta notte un infermiere solo, e da solo, nella corsia delle donne, per venticinque posti letto, uno, solo, e da solo, nella corsia dei maschi, per altri trenta posti letto, e poi il nulla. Fai l’infermiere cazzo, che aiuti la gente! Ma a me chi mi aiuta?

Qui è precario tutto. Sono precario io e il mio sistema nervoso. E’ precaria la vita dei pazienti. La psiche di certi parenti. La mia. I colleghi che mollano e se vanno, cambio ospedale, cambio città, cambio reparto, cambio tutto. Due notti fa sono passato col mentolo per i corridoi, tanta era la puzza di merda e piscio che si sentiva, pieno agosto, zero condizionatori, anziani attaccati all’ossigeno con lo sguardo implorante: viva l’Azienda, viva il Grande Dirigente Ospedaliero! Se la pappasse lui sta sbobba, con quel cazzo di ottomilionialmese che prende.

“Oscar so' stufo. Che avete giù stasera. E’ il quarto. E non sono neanche le tre. Ho dei colleghi o dei carnefici in pronto soccorso? Guardalo là, anche lo specializzando è fuori di testa. Fra un po’ punturo anche lui per tenerlo sveglio. E checcazzo!”

“La solita storia, non prendertela con me. Portantin non porta pena, io li trasporto i pazienti, e giù stanotte sono nella merda quasi quanto te.”

“Si, portantin non porta pena, anche il barelliere filosofo ci voleva. V’ammazzerei tutti stasera. Quattro pazienti in due ore, e tutti dall’area rossa, con un casino di robe da fargli, fra un po’ mi ricovero anch’io, mi ricovero.”

Sei anni, sei anni di merda in sta Medicina di merda, “orgoglio dell’Ospedale”, e senza alternativa di cambiar reparto. Forse avrò sbagliato sindacato, che ne so. Da qui non mi smuovo neanche con le bombe. Ci ho provato anche con le sporche. Malattie, litigi anche se non ne avevo voglia, richieste di part-time, già che guadagno molto e con quel cazzo di mutuo da pagare, leccapiedismo al Primario, io poi. Due anni, mica due settimane, due anni porcozzio. Zero.
“Nico sei bravo, e resti lì.”

Sono bravo. Sono diventato più bravo a mandar giù merda che a cambiar pannoloni. E al prossimo paziente che mi mandano su li bombardo dal sesto con le flebo, sti cazzoni del pronto soccorso. Che poi ci ho anche degli amici lì sotto, e ci mangio la pizza. Prima o poi la scrivo sta vita che faccio. Prima o poi la scrivo. Che serva o non serva. La scrivo. Ho già il titolo: “L’urlo, cazzo!”, senza la parola cazzo, che qui il moralismo trabocca come il piscio di una flebo che perde.

Madonne e crocifissi, e santantoni e padrepii. E il medico l’ultima notte ha tirato una saracca dal fondo del corridoio che veniva giù il reparto. Lo strutturato. Lo specializzando invece le tira a fine turno, sennò lo lasciano a casa. Dolore, padrepii e merda. Merda, dolore e padrepii. E giù saracche, sangue, emergenze,campanelli. La sacca dell’urina che perde, il paziente da aspirare che soffoca, la flebo che ho dimenticato chiusa, il sondino naso gastrico da mettere “subito! cazzo!”, la tracheotomia del 24 che dà problemi, l’ossigeno per il paziente che dorme in corridoio dietro il paravento. Quello da portare con il letto urgente a fare il torace in piastra. Dall’altra parte dell’Ospedale, in piena notte.

Perché il Primario ha litigato col suo collega della Radiologia qui sotto, quella comoda per noi e i pazienti. Bravi ciò, i Grandi. Complimenti cazzo. E chissenefrega di tutti. E titoli sui giornali. “L’emergenza nei reparti di Medicina!”. “L’emergenza infermieristica!”. “I pazienti in camere sovraffollate!”. “Emergenza: il personale che manca!”. “Privatizzazioni in vista!”

Qualche volta gli scrivo anch’io a sti giornali. Ma che cazzo ne sapete della vita che faccio, io, Nico, la notte. Vi ci scrivo su un pezzo con sei anni della mia vita, titolo: “Tanto non cambia un cazzo”, sempre senza la parola cazzo ovviamente, che non si può. L’ultima notte ho ordinato la pizza, avevo fame, entro in turno alle otto di sera e finisco alle sette di mattina. A mezzanotte avevo fame, cazzo. Sono riuscito ad assaggiarne un pezzo alle sei. Sembrava plastica. Chemmerda. Buona lo stesso, avrei azzannato anche la coscia di una mia collega, ma non per sesso no, per fame cazzo.

“Sei in burn out, Nico, sei in burn out!” Convinci il Primario ostia, che mi mandi via da sto posto. E poi co sto inglese; sei scoppiato, sono scoppiato si dice! Ma non da romanzetto, di quelli che legge mia sorella, ma da reparto.

“Dicesi scoppiato da reparto di Medicina, l’infermiere o l’operatore che mostra gravi segni di… vaffanculo cazzo!” Mostra gravi segni di vaffanculo! Quelli sono i segni che mostra e che mostriamo qui, Oscar. Efficiente devi essere, ne va della vita dei pazienti, la vita, mica una serata al bar, la vita. E attenti, mai sbagliare; sbaglia na terapia, sbaglia un dosaggio, sbaglia qualcosa e quello li crepa! E rapidi. E sempre lucidi. E mai polemici. Gentili sempre. Sempre collaborativi. Siamo un team. Abbiamo fatto il corso. La “formazione”. La stessa parola mi dà la nausea, “formazione”. Siamo dei manager del cambio del pannolone pieno. E ci danno anche lo stipendio giusto. Ora poi c’è la laurea, diventiamo tutti coordinatori. Ma chi cazzo coordiniamo se siamo da soli in reparto undici ore a notte? Mi coordino da solo? E poi non voglio coordinare nessuno, io, che sta vita di gerarchie mi schifa già da anni. Se metà di quelli che mi hanno coordinato a me lavorassero qui in corsia invece di chiacchierare nei convegni e imbusarsi negli uffici non avremmo la “emergenza infermieristica”.

E verso le quattro sapete che faccio? Che faccio per reggere mattina? Penso alla gnocca. Si, alla gnocca cazzo! Lavoro duro, serio, attento, ma penso alla gnocca! Se devo scoppiarci in sto posto dimmerda, voglio scoppiarci pensando all’unica cosa che ancora mi commuove al mondo, la gnocca! Con tutto il suo contorno. Ma, mi sono sempre chiesto, le infermiere, le femmine, per far mattina, per reggere Oscar, a che cazzo penseranno mai? Mah!

Io le mie colleghe le adoro tutte Oscar, tutte, tranne quelle che strozzerei volentieri. E le strozzerei volentieri tutte, una alla volta, lentamente. E poi perché tutti sti moribondi Oscar, in ste Medicine, non lo capisco, perché. Che ci vengono a fare, tutta sta gente a morirci. Perché non possono morire a casa loro, perché. La morfina gliela portiamo lì, se serve quella. Sti reparti di Medicina in sta città, stanno diventando delle Grandi Oncologie Geriatriche, che senso ha. Dove hanno la testa i dirigenti, dove. L’altra mattina smontando ho visto un coglione di un tuo collega giù che attaccava manifesti di protesta. L’aziendalizzazione, la razionalizzazione. Dice che qui stanno per privatizzare e precarizzare tutto. Moh! Già mi arrivano su gli OTAA semestrali da due anni, al piano, semestrali per anni sti qua, semestrali a vita; e le ragazze delle pulizie cazzo, quelle ragazze li. Nere, slave, italiane. Cooperativa la chiamano, tre ore pagate pulito, e le altre sette in nero senza diritti. E silenzio tutti. Chissenefrega. Avevo sonno e un senso di nausea da sfinimento, ma l’ ho letto, sto manifesto. Concludeva così: “abbatteremo questo sistema a colpi di poesia?” POESIA? Ma quale cazzo di POESIA! Ci vengo io con tre amici che ho al bar e lo abbattiamo a colpi di bazooka! Il Sistema. Si, la poesia!

Quelli li se la mangiano a colazione la poesia, al posto del croissant. O forse parlo così perché sono agro. Co' na notte dura. E comincio a non provare più niente. L’altra sera abbiamo dovuto mettere in corridoio a dormire una nonnetta del 1916! La poesia! Qualche settimana fa una con l’Alzheimer. Perché non ci sono posti letto. E’ vero, non ci sono. Però al posto delle stanze abbiamo sei studi medici, sei, tutti in fila, e siccome abbiamo due Primari, uno studio all’uno e uno all’altro. Sempre in corsia, sempre al posto delle stanze. Bello eh? E la gente a dormire in corridoio. Perché “bisogna rispettare i numeri della Regione”. I parametri cazzo, i parametri. Ve li metterei nel culo i parametri.

Com’era il titolo Oscar, del libro che volevo scrivere? Ah si, “L’urlo, cazzo!”, senza la parola cazzo. Un amico mi ha telefonato da Terni. Qui è persino peggio, Nico. Peggio? In che senso scusa? Qui le caposale mettono tutto a tacere. Nessuna protesta, quello che decidono i dirigenti è ok. Paura tutti. Vanno verso il privato anche lì, se rompi ti lasciano a casa alla prima, al momento giusto. Beh, qui qualche caposala in gamba ce l’abbiamo, non ottiene quasi niente, ma almeno si incazza di brutto, con quelli, i signori del budget. Sarà pazza. O forse avrà sbagliato sindacato anche lei.

Il prete mi ha portato su il calendarietto con le parole del giorno, tratte dalla Bibbia. M’ era piaciuta quella del 24 gennaio e l’ ho conservata. “Non userete inganno gli uni a danno degli altri”. Molto carina. Deve essere la battuta dell’anno, non il Levitico.

fine agosto 2003

gianni buganza
(380 7139014)

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Sanità pubblica: rottamare per privatizzare»

Ultime notizie dell'autore «Gianni Buganza»

19630