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FBI a caccia del dissenso

(31 Dicembre 2012)

fbirepress

Lunedì 31 Dicembre 2012 00:00
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Il movimento di protesta in larga parte pacifico Occupy Wall Street negli Stati Uniti è stato seguito fin dalla sua nascita con estrema attenzione dalle autorità di polizia americane. A rivelare gli sforzi per il monitoraggio delle attività del gruppo addirittura da parte di una task force dell’anti-terrorismo dell’FBI è stata una serie di documenti ufficiali recentemente pubblicati in seguito alla richiesta presentata da un’organizzazione a difesa dei diritti civili grazie al Freedom of Information Act.

A partire dalla metà di settembre del 2011, gli attivisti di Occupy Wall Street iniziarono a stabilire dei presidi permanenti a Zuccotti Park, all’estremità meridionale dell’isola di Manhattan, provocando un’ondata di proteste nelle altre principali città americane contro il monopolio incontrollato della finanza sull’economia.

Secondo quanto riportato recentemente dal New York Times, agenti dell’anti-terrorismo di New York si stavano interessando al movimento già in quella data, segnalando ad esempio come “punti di interesse di Occupy Wall Street” due edifici storici della metropoli: il Federal Hall, adiacente alla sede della borsa, e il Museo della Finanza Americana, anch’esso situato a Wall Street.

Da quel momento, gli agenti federali di tutto il paese iniziarono a dedicarsi alle attività delle varie sezioni di Occupy Wall Street, scambiando informazioni su di esse con rappresentanti di aziende private e forze di polizia locale. In particolare, nell’ottobre dello scorso anno un documento dell’ufficio dell’FBI di Jacksonville, in Florida, il cui titolo faceva esplicito riferimento alla gestione del “terrorismo domestico”, riportava resoconti di incontri del gruppo di protesta e indicava la necessità di entrare in contatto con gli attivisti per verificare se fossero presenti “tendenze violente”.

L’FBI della Florida, nella propria analisi del successo di Occupy Wall Street, faceva riferimento in maniera significativa agli elevati livelli di disoccupazione in questo stato e nel resto degli USA, mettendo in guardia dalla possibile presenza di singole persone che “potevano sfruttare il movimento per ragioni associate ad una più generale insofferenza verso il governo”.

Simili preoccupazioni rivelano come il governo americano era ben consapevole delle implicazioni che poteva avere la diffusione di un movimento di protesta autonomo nel paese. L’obiettivo delle manifestazioni di Occupy Wall Street non poteva d’altra parte limitarsi alle pratiche speculative e senza freni dell’industria finanziaria con sede a Manhattan, ma avrebbe bensì finito inevitabilmente per prendere di mira l’intero sistema politico che di quest’ultima rappresenta i pressoché esclusivi interessi.

Il pericolo era perciò quello di vedere esplodere una rivolta dal basso ben più imponente, tanto più che gli anni seguiti allo scoppio della crisi economica hanno fatto registrare un sensibile aggravamento delle tensioni sociali in America, con scioperi e manifestazioni di protesa come non se ne vedevano da almeno tre decenni.

Come fa notare il New York Times, d’altra parte, le tattiche adottate dall’FBI per tenere sotto controllo Occupy Wall Street assomigliano molto a quelle già messe in atto per sorvegliare e raccogliere informazioni su attivisti impegnati in vari ambiti e tutti puntualmente considerati una minaccia per la sicurezza nazionale. A tale scopo, il governo di Washington ha spesso impiegato agenti dell’anti-terrorismo alle dipendenze dell’FBI, utilizzando quegli strumenti pseudo-legali voluti dalla Casa Bianca e approvati dal Congresso per combattere la “guerra al terrore” dopo l’11 settembre 2001.

Lo zelo mostrato dall’FBI nel fronteggiare la presunta minaccia di Occupy Wall Street riflette inoltre la necessità da parte del governo americano di salvaguardare gli interessi delle grandi banche di investimenti, parallelamente a quanto fatto dall’amministrazione Obama e dal Congresso di Washington per evitare che un solo top manager delle compagnie responsabili del tracollo dell’economia pagasse per i crimini commessi.

I documenti ottenuti dall’associazione Partnership for Civil Justice Fund, non a caso, raccontano di summit tra agenti dell’FBI con dirigenti della borsa di New York e rappresentanti delle banche già nell’agosto del 2011 per metterli in guardia da imminenti manifestazioni di protesta nei loro confronti. I toni frequentemente usati dall’FBI nel descrivere i componenti di Occupy Wall Street erano estremamente duri, con definizioni sproporzionate alla natura sostanzialmente pacifica del movimento e alla mancanza di prove relative alla pianificazione di operazioni violente.

Nel commentare la pubblicazione dei documenti, la direttrice di Partnership for Civil Justice Fund, Mara Verheyden-Hilliard, ha accusato l’FBI di avere agito in maniera impropria, raccogliendo informazioni su americani coinvolti in attività perfettamente legali. Secondo la stessa attivista per i diritti civili, inoltre, “informazioni su persone che esercitavano il loro diritto alla libertà di parola sono finite in banche dati non regolamentate, alimentando un vastissimo archivio a cui hanno potuto attingere forze di polizia e, probabilmente, anche enti privati… così che ora le persone coinvolte non sono a conoscenza di quando o in che modo queste stesse informazioni potranno essere utilizzate contro di loro”.

Il coordinamento tra le forze di polizia e i vertici della finanza americana nel limitare le proteste nelle strade di Manhattan e nelle altre città americane è sempre stato molto stretto, fino alla decisione finale di rimuovere con la forza l’accampamento di Zuccotti Park il 15 novembre 2011. Così, nonostante la persistenza di ristretti gruppi di protesta e manifestazioni più numerose in occasione degli anniversari della nascita del movimento, Occupy Wall Street ha alla fine perso piuttosto rapidamente la propria spinta propulsiva.

I motivi di questa involuzione, come dimostrano le carte dell’FBI appena pubblicate, sono da ricercare dunque nella repressione messa in atto repentinamente dalle autorità di polizia americane, ma anche, e probabilmente soprattutto, nell’assenza di una prospettiva realmente alternativa ad un sistema capitalistico attraversato da una crisi strutturale e nel tentativo in buona parte riuscito di canalizzare le proteste verso un esito inoffensivo messo in atto da molti esponenti del Partito Democratico e delle organizzazioni sindacali, quasi da subito schieratisi nominalmente a fianco del movimento Occupy Wall Street.

Michele Paris - Altrenotizie

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