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Colloqui kurdi, non solo Ocalan

(8 Gennaio 2013)

carcimrali

Per offrire stabilità e soprattutto prospettive a possibili accordi fra il governo turco e il Pkk la pur carismatica figura di Öcalan sembra non bastare. Le ultime riflessione vengono da Hakan Fidan, capo dell’Intelligence turca che coordina i nove uomini attualmente attivi nei colloqui. Colloqui che dal supercarcere di Imrali, dov’è detenuto lo storico leader, potranno svilupparsi anche altrove. E’ quanto si augura la deputata indipendente kurda Aysel Tagluk affermando che le trattative dovrebbero uscire dalla prigione di Imrali perché coinvolgono un intero popolo e non soltanto il pur cospicuo gruppo guerrigliero. Nel ruolo di co-presidente del Congresso della Società Democratica, un insieme di organizzazioni non governative che guardano con interesse la riapertura del negoziato, la deputata sostiene il bisogno di creare un più ampio dialogo con l’Unione delle comunità kurde dov’è presente, ma non è l’unico, anche il Pkk. Invece il pragmatico Fidan ne fa una ragione di sicurezza. Conosce i rapporti di forza nel panorama kurdo e rammenta ciò che accadde nel luglio 2011 quando i capi guerriglieri posero fine alla stanca in cui s’era bloccata la precedente trattativa. La tregua si chiuse a Silvari con un attacco armato che stese tredici miliari. Allora il risentimento fra i cittadini turchi fu enorme e le repressioni seguenti condotte anche sulla popolazione civile, come a Roboski, hanno gettato altro sale su ferire trentennali.

Dunque si discuterà a più voci, anche coi comandanti di Kandil e con quelli che agiscono in Europa, verso cui Fidan spedisce i suoi collaboratori. Parlando a 360° di tutto e, come ricorda un deputato del Bdp, poiché l’iniziativa proviene dal governo questo non può come in passato porre il veto su alcune richieste. Eppure far digerire all’opinione pubblica proposte come gli arresti domiciliari per Öcalan e l’amnistia generalizzata per militanti reclusi e condannati per fatti di sangue dovrà prevedere un’enorme azione di real politik. Gli obiettivi scomodi per i turchi fanno però il paio coi propri due punti irrinunciabili: cessazione degli attentati a persone e cose e consegna delle armi per poter giungere a un reintegro e una riabilitazione sociale dei combattenti kurdi. Anche su questo più d’un capo guerrigliero farà muro. Per ora sul superamento della lotta armata come strumento politico pare si sia pronunciato solo Öcalan, perciò ascoltare i pareri dei comandanti attivi sul campo diventa indispensabile agli agenti del Mit che riferiscono alla triade Fidan-Akdogan-Erdogan. Per comprendere gli umori degli uomini della montagna risultano indicative alcune considerazioni fatte all’agenzia Firat News, da sempre vicina al Pkk, da Murat Karayilan, uno dei leader della guerriglia che vive nella zona di confine con l’Iraq.

Dice Karayilan: “Il governo turco dovrebbe uscire allo scoperto e mostrare in cosa consista il piano di pace. La richiesta di deporre le armi non vuol dire molto”. Il parere si discosta dai pronunciamenti del leader storico e alla fine della scorsa settimana questa dichiarazione ha preoccupato molto Akdogan che s’è lasciato sfuggire davanti alla stampa, o volutamente ha sottolineato: “L’annuncio da Kandil lascia un’impressione negativa, temiamo che nel Pkk ci sia chi voglia rendere le aperture di Öcalan quasi insignificanti”. Lasciando intendere che da Kandil si vogliano dettare all’anziano capo le linee operative da seguire. Congettura che può avvicinarsi al vero.

8 gennaio 2013

Enrico Campofreda

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