">
Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro (Visualizza la Mappa del sito )
(11 Settembre 2004)
La massa dei lavoratori ha subito in questi anni nel Pubblico Impiego un processo irreversibile di arretramento e di divisione profonda che ha investito tutti gli aspetti delle proprie condizioni: retribuzioni, prestazioni lavorative, salute,sicurezza del lavoro, “certezza” e “consistenza” dei contratti, tutele generali, rappresentanza e agibilità sindacali.
Tutti i comparti sono stati soggetti a profonde ristrutturazioni. Il comparto Ministeriali–Statali è stato scomposto e ristrutturato con la nascita di un nuovo comparto para-pubblico (60 mila dipendenti), le Agenzie Fiscali il cui futuro appare sempre più privatistico, con la dismissione imminente dell’Agenzia del Demanio e col passaggio del catasto ai comuni; molte funzioni dei ministeri sono passate agli enti locali (cancellazione dei Provveditorati agli Studi, modifica delle Prefetture, ecc.); nel ministero dei Beni Culturali oltre alla stretta sui diritti dei lavoratori si è arrivati a prospettare privatizzazioni massicce del patrimonio artistico-archeologico; il comparto degli Enti Pubblici non Economici (Parastato) ha subito stravolgimenti considerevoli e destrutturazioni dilaganti, se pensiamo ai processi di cartolarizzazione e vendita del patrimonio pubblico immobiliare; il comparto degli Enti Locali è stato investito da tagli enormi (che con le ultime finanziarie e insieme alla prossima hanno portato e porteranno sempre meno risorse nelle casse di comuni, province e regioni) le cui conseguenze sono una stretta su salari e occupazione dei lavoratori (vedi vicenda dei precari delle scuole e delle biblioteche al Comune di Roma) e/o sui servizi per i cittadini.
Addirittura sono in cantiere provvedimenti come la militarizzazione dei Vigili del Fuoco non più adibiti a funzioni “sociali” ed la devolution leghista che ci prospetta il federalismo contrattuale anche nel Pubblico Impiego.
Sicuramente l’obiettivo strategico del governo Berlusconi (così come lo era dei passati esecutivi di centro-sinistra) è la rapida omologazione dei settori pubblici a quelli privati. Le privatizzazioni di tutto il privatizzabile, le esternalizzazioni, la flessibilità del lavoro, l’outsourcing (un nome “esterofilo” per imbellettare il cottimo e il subappalto) vanno in questa direzione.
Il programma governativo e confindustriale è lo stesso per i lavoratori del privato e del pubblico:la precarizzazione del lavoro! L’intento della nostra controparte è di dividere e frammentare anche i lavoratori del settore pubblico, di rendere instabile il lavoro che manteneva una certa stabilità, di rendere precario il lavoro,o meglio, di rendere precari le lavoratrici ed i lavoratori in carne ed ossa.
Anche la roccaforte pubblica ha perso le sue antiche sicurezze. I rapporti di lavoro flessibili-precari ormai hanno superato il 15% in tutti i comparti e questa percentuale è destinata tristemente ad aumentare. Proprio l’Aran certifica 260 mila lavoratori precari nella Pubblica Amministrazione.Così si è arrivati all’aberrazione che lavoratori che svolgono la stessa mansione hanno inquadramenti contrattuali diversificati o addirittura afferiscono a contratti diversi:in una stessa stanza possono lavorare fianco a fianco, ma senza potersi riconoscere uguali né unire, lavoratori stabili a tempo indeterminato, tirocinanti,interinali,lavoratori con contratti di formazione-lavoro (poco e nulla formazione, molto, moltissimo lavoro), lavoratori soci di cooperative e così via. L’importante è che tutti siano,e si sentano,soli e isolati, esposti allo strapotere della controparte, insomma precari, e in quanto precari ricattabili ed ubbidienti.
Se guardiamo la struttura dell’occupazione pubblica in Italia negli ultimi anni (dati dell’ ISTAT e delle relazioni annuali del Governatore della Banca d’Italia) vi è uno stallo o uno scarsissimo aumento dei lavoratori dipendenti a tempo pieno e indeterminato mentre i lavoratori interinali e precari sono aumentati enormemente in quantità (centinaia di migliaia) e percentuali, aumenti spacciati dai quotidiani padronali come crescita dell’occupazione complessiva.
E il quadro si fa sempre più desolante se rapportato alla perdita del potere d’acquisto degli stipendi pubblici del 18% negli ultimi 3 anni e al preoccupante epilogo dei contratti pubblici firmati negli ultimi mesi con aumenti stipendiali irrisori,al di sotto dell’inflazione sia reale che programmata, nessuna progressione di carriera, nessuna soluzione al precariato,nessun programma di assunzioni delle migliaia di precari (dai Co.co.co ai contratti a tempo determinato fino agli “atavici Lsu”), attacco indiscriminato alle libertà sindacali, introduzione di nuove vessatorie sanzioni disciplinari ed estensione dei processi di esternalizzazione che riguardano l’intera Pubblica Amministrazione e in particolare Sanità,Enti Locali e Università.
In autunno,in questa situazione molto difficile,si terranno le elezioni per il rinnovo delle RSU nella Pubblica Amministrazione.
Esse rischiano di essere ancora una volta il simulacro di una democrazia che in questi anni ci ha relegato ad un ruolo sindacale illusorio, privo della possibilità di incidere sul monopolio della contrattazione dei sindacati concertativi, senza spazio e respiro per generalizzare i nostri obiettivi di salario, diritti e dignità del lavoro, che restituiscano ai lavoratori il potere e la rappresentanza sindacale.
Negli ultimi tre anni i Cobas si sono attrezzati per costruire nei singoli luoghi di lavoro vertenze e rivendicazioni, per assicurare ai delegati e agli iscritti gli strumenti necessari ad una iniziativa sindacale di cui oggi c’è un forte bisogno. La presenza autonoma dei Cobas negli enti e nelle Rsu ha permesso a molti lavoratori e lavoratrici di conquistare salario accessorio e maggiori diritti,ha dato voce a istanze e rivendicazioni elementari, a salvaguardia della gestione diretta dei servizi e contro le privatizzazioni.
Attraverso la presenza nelle Rsu, i Cobas hanno costruito vertenze e piattaforme per estendere il più possibile i meccanismi incentivanti, per una riorganizzazione dei servizi con minori carichi di lavoro e maggiore salario, spostando equilibri e scelte verso piattaforme avanzate che le altre organizzazioni sindacali non avrebbero mai sposato senza la nostra attiva presenza. È il caso della Cgil che dopo avere accettato le esternalizzazioni oggi propone, timidamente, contratti di area a salvaguardia dei precari ma con proposte ancora insufficienti e inefficaci perché non vanno alla radice dei problemi, ossia una offensiva generalizzata contro le politiche economiche e sociali del governo e contro le scelte operate sulla stessa linea da molti enti.
L’organismo Rsu, con la tagliola delle decisioni da prendere a maggioranza, si è trovato nella migliore delle ipotesi a gestirecogestire con le amministrazioni decisioni contrattuali calate dall’alto dei tavoli centrali concertativi e di fatto assumendo, obtorto collo, la funzione di notaio rispetto alla distribuzione di forme di salario accessorio già parcellizzato, da suddividere con criteri discriminatori, frutto dei contratti nazionali.
Nella quotidiana vita sindacale delle Rsu si è arrivati a “contrattare” il colore delle tende degli uffici o di qualche barriera architettonica più o meno utile.
Insomma un ruolo assolutamente marginale con la volontà politica delle organizzazioni sindacali confederali (e non solo) di non costruire coordinamenti territoriali fra diverse RSU o mettere sul tappeto delle richieste la costruzione di Rsu nazionali realmente rappresentative dei bisogni dei lavoratori.
Nonostante questi evidenti limiti dello strumento Rsu, disertarne il prossimo rinnovo significherebbe oggi negare ai Cobas l’accesso a diritti sindacali minimi e pregiudicherebbe la nostra esistenza in molti luoghi di lavoro.
Per questo la campagna per le elezioni delle RSU nelle Pubbliche Amministrazioni si deve basare sostanzialmente su una battaglia generale sui diritti sindacali e sulla rappresentatività col rivendicare: - il diritto di assemblea per tutte le organizzazioni sindacali rappresentative e non ed anche per gruppi di lavoratori autorganizzati, - elezioni RSU anche su liste nazionali e non solamente frammentate per singolo ufficio, per dare una “coperta democratica” ad un meccanismo che oggi di democratico non ha proprio niente.
Inoltre questo appuntamento deve essere una tappa fondamentale per il rilancio di una battaglia strategica sui nostri contenuti e su una piattaforma forte, chiara e visibile tra i lavoratori: r Per salari europei; r Per il rinnovo immediato dei bienni economici dei contratti pubblici con un recupero salariale consistente; r Per un meccanismo automatico che salvaguardi gli stipendi dall’inflazione; r Per l’eliminazione del precariato nelle pubbliche amministrazioni; r Per un aumento rilevante degli organici e il superamento del blocco delle assunzioni; r Per una vertenza complessiva contro le privatizzazioni e lo smantellamento dei servizi pubblici.
Formare liste Cobas nei luoghi di lavoro vuol dire invertire una tendenza demolitrice dei diritti riconquistando spazi di democrazia, di contrattazione, maggiore salario a salvaguardia del potere d’acquisto,offrire sostegno e organizzazione a tutti i lavoratori e alle lavoratrici stanchi/e di subire ricatti, riduzioni salariali e sfruttamento, contro la precarietà dilagante.
Per queste ragioni presentare liste Cobas nei luoghi di lavoro è la sola garanzia per non svendere i nostri diritti e per riconquistare dignità, partendo dai bisogni reali,da troppi anni calpestati dai sindacati concertativi.
Confederazione Cobas
viale Manzoni,55 - 00185 Roma
9159