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Francia. Sul Mali il PCF indossa l'elmetto di Hollande

(18 Gennaio 2013)

pcfumanite

17 gennaio 2013

In un documento pubblicato sul suo sito, il Partito Comunista Francese giustifica le ragioni dell'intervento dell'Armée nel Mali, sposando in pieno la tesi della lotta al terrorismo sostenuta dai vertici militari e politici francesi. Una posizione gravissima e da sconfiggere.
Abbiamo deciso di affrontare in chiave tutta politica il tema, purtroppo ricorrente e drammatico, dell’ennesima aggressione imperialista,questa volta quella francese in Mali, partendo dalla posizione grave ma consequenziale alla linea politica assunta, ormai da tantissimi anni, dal Partito Comunista Francese. In un documento pubblicato sul suo sito, il PCF giustifica le ragioni dell'intervento dell'Armée nel Mali, sposando in pieno la tesi della lotta al terrorismo sostenuta dai vertici militari e politici francesi.

Il PCF non solo giustifica la storia di neocolonialismo e la continuità del ruolo di potenza neocoloniale rivestito dalla Francia in Africa, ma non spende una parola sulle miserevoli condizioni di vita imposte da questa potenza sub-imperialista alle popolazioni africane, costrette a vivere con meno di 2 dollari per persona al giorno mentre le ricchezze nazionali (oro, uranio e petrolio) finiscono nelle casse delle multinazionali statunitensi ed europee. Il Partito di Pierre Laurent è il perno del Front de la Gauche che ha sostenuto Hollande alle elezioni presidenziali, ed oggi torna a sostenere il governo dei socialisti francesi quando questo difende con le armi la politica espansionista aggressiva e neocoloniale. Il PCF volutamente ignora le laceranti contraddizioni create dal colonialismo, tra cui l'impoverimento e la corruzione, come fattori che stanno portando all'esasperazione i popoli africani. Il PCF ha scelto deliberatamente di sostituire una lettura di classe e antimperialista della crisi nel Centro Africa, con la tesi dell’intervento militare umanitario, promosso dalla borghesia francese con la copertura del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e delle potenze della NATO.

La presenza delle formazioni islamiche armate copre il vuoto politico determinato dall’assenza di una prospettiva di classe. Un tempo questa era incarnata dai movimenti di liberazione democratici e progressisti che furono annientati fisicamente dai coloni francesi, belgi o britannici. Migliaia di quadri politici e semplici militanti anticoloniani furono trucidati tra questi ricordiamo le figure di rivoluzionari africani come Thomas Sankara e Patrice Lumumba. Oggi la ribellione in Mali prende la conformazione reazionaria delle formazioni armate islamiche, a tale proposito bisogna tenere a mente che anche di recente, come si è visto in Libia e Siria, queste si sono proposte come un alleato, anche se conflittuale, dell’imperialismo.

Non siamo in grado, allo stato attuale delle nostre conoscenze, di stabilire l’effettiva forza e sostegno delle formazioni islamiche armate; sappiamo però che le potenze europee e statunitensi, se da un lato hanno combattuto la via nazionale autodeterminata e di sviluppo per l’Africa, dall’altro hanno imposto dei governi servili. Per garantire le opportune cornici istituzionali, in perfetta continuità con il passato e con le pratiche coloniali. Parigi ancora oggi, impone Capi di Stato, responsabili militari e condiziona direttamente la classe dirigente di molti paesi africani. E' stato così per i recenti accordi di pace nella Repubblica Centro Africana e per la Costa d'Avorio; ora la stessa ingerenza si ripete nel Mali.

La minaccia jhadista offre all'attuale Primo Ministro francese Hollande l'occasione di un colpo di mano, sia per cercare di imporre il primato francese nella competizione strategica con gli USA e la Cina per il controllo del Centro Africa, sia per ridurre il peso delle formazioni islamiche armate e per permettere alla Francia di contrapporre , come già avvenuto per la sciagurata invasione della Libia,la propria potenza militare all’egemonia economico-produttiva della Germania nella competizione per la guida dell’Europolo Imperialista..

Col nascondere la difesa armata degli interessi della borghesia francese ed europea, il PCF si rende complice dell'aggressione ai popoli africani.

La sinistra europea, sia in politica interna che estera, sta sostenendo la politica imperialista dell’UE; in questo caso il PCF si fa carico di supportare anche ideologicamente il sub-imperialismo francese, che sta lottando per mantenere un ruolo predominante nella regione africana e nel Mediterraneo, dove si affacciano gli interessi statunitensi e cinesi. Quella che si gioca in Africa è una lotta tra i diversi imperialismi, che, pur alleati, tornano a contrapporsi per il dominio di aree strategiche.

A poco valgono le posizioni in difesa del welfare state in Francia, da parte della Gauche, se si scarica il peso della crisi sui popoli e sui paesi in via di sviluppo. La politica francese continua ad imporre alle sue ex colonie d'Africa l'utilizzo del Franco Africano (CFA), con un cambio vantaggioso a favore dell'euro, cosa che favorisce doppiamente Parigi. A questo si aggiungono accordi e transazioni economiche di fatto mantengono i popoli africani in una condizione di dipendenza dall'imperialismo, non è un caso se oltre il 60% delle industrie nel Mali sono in mano francese.

Niente di tutto questo compare sul sito del PCF, anzi, per coprire l'intervento armato francese, il partito guidato da Pierre Laurent invoca la risoluzione ONU e il coinvolgimento degli Stati africani affiliati agli interessi francesi. L'intervento del PCF si conclude nel più classico spirito eurocentrico e neocoloniale: "Dobbiamo rispettare la gente del Mali e aiutarla a costruire il proprio futuro". Una posizione che spiega perché il 68% degli elettori del Front de la Gauche è favorevole all'intervento in Mali. La scelta del PCF è la conclusione di un percorso politico, che vede oggi la sinistra del vecchio continente sostenere l’affermazione del polo imperialista dell’Unione Europea. Un’approccio politico opportunista molto più che collaborativo ma anzi da attori principali, che mira a favorire la subalternità ideologica alla borghesia della classe lavoratrice, facendo leva su quell’aristocrazia del lavoro che si sente di essere cosa "diversa e più evoluta" dal resto della classe lavoratrice internazionale in particolare di quella dei sud del mondo, compresa quella assegnata ai PIGS nella nuova divisione internazionale del lavoro.

Questa politica di attivismo filo-imperialista, va condannata e combattuta, lavorando alla costruzione di un fronte internazionale di classe anticapitalista ed antimperialista.

Nei prossimi giorni torneremo ad analizzare gli sviluppi della situazione nel Centro Africa e nel Mali, con strumenti più analitici per meglio analizzare la configurazione dell’aggressione imperialista in atto, il ruolo francese e degli altri paesi europei a partire dal servilismo del neocolonialismo straccione, ma ugualmente pericoloso, aggressivo e destabilizzante, italiano. Il ruolo e gli interessi della borghesia italiana, in particolare quella più vicina ai potentati dell’Euro - Polo imperialista, in Africa sono molto forti, cosa che condiziona la politica, che al pari di quella francese sostiene le guerre umanitarie. La Francia ha scelto di difendere il proprio primato mettendo per l’ennesima volta i paesi dell’UE e gli USA di fronte al fatto compiuto, un atto che Parigi fa pesare unitamente al valore delle sue (ex) colonie nella corsa alla leadership europea.

Il nostro obiettivo politico è quello di mettere a fuoco le dinamiche di questo conflitto, dove appare sempre più evidente la competizione tra i poli imperialisti e tra questi ed i paesi emergenti come i BRICS , in particolare la Cina per l’egemonia nel continente africano.

La commissione Internazionale della Rete dei Comunisti

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