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Drones su Gaza

Drones su Gaza

(21 Agosto 2011) Enzo Apicella
L'esercito sionista attacca Gaza con missili e droni. Almeno 15 i palestinesi assassinati. Decine i feriti

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La vista di quei bambini non mi uscirà mai dalla mente, è troppo orribile”

(21 Gennaio 2013)

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Pchr. “Amo il lavoro della Difesa civile da quando ero bambino. Seguivo in bicicletta i camion dei vigili del fuoco per le strade”, racconta Jamal Sehwail, 55 anni, attualmente direttore dei settori Evacuazione e Sviluppo della Difesa civile di Gaza.

“Sono il responsabile degli incidenti complessi, nei casi in cui la cooperazione tra pompieri, paramedici e soccorritori si renda necessaria”, spiega Jamal. “Sono anche responsabile per la manutenzione e lo sviluppo di attrezzature e impianti. A causa del blocco siamo privi di risorse e forniture, ma riusciamo a far fronte alla situazione con la creatività. Siamo ad esempio in grado di produrre da soli la schiuma anti-incendio e le visiere per i vigili del fuoco”.

Durante la recente offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza, del 14-21 novembre scorso, Jamal ha coordinato molte operazioni di soccorso e recupero. Secondo indagini del Pchr 171 civili sono rimasti uccisi e più di 1250 feriti, 650 dei quali moderatamente o gravemente. Jamal parla delle condizioni in cui lui e i suoi colleghi sono costretti a lavorare: “L’ultima guerra è stata molto difficile; i bombardamenti erano continui e intensi. Venivano colpiti i giornalisti e uno degli scopi era quello di instillare paura nella gente. Ci ricordavamo ciò che accadde nella guerra del 2008-2009” (il riferimento è agli incidenti degli ultimi anni con particolare riguardo all’operazione Piombo Fuso, l’offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza durata dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, nella quale 1419 palestinesi furono uccisi). “Paramedici, giornalisti e noi, personale della Difesa civile, dovremmo essere protetti dalla Quarta Convenzione di Ginevra, ma nonostante ciò veniamo attaccati dall’esercito. In realtà le Convenzioni di Ginevra non esistono. Israele ci ha trasmesso il messaggio in maniera inequivocabile, attaccando il nostro personale e i nostri edifici: non si è mai sicuri durante gli attacchi dell’esercito israeliano. Quando la tensione sale dobbiamo evacuare gli uffici, perché sappiamo che potrebbero essere colpiti. Viviamo in continua preoccupazione e non ci prendiamo mai una pausa. Siamo a continua disposizione, il che significa che potremmo dover lasciare le nostre case nel cuore della notte se dovesse succedere qualcosa”.

Durante l’ultima offensiva Jamal e i suoi colleghi hanno lavorato giorno e notte per salvare vite umane. Alcuni ricordi di quei giorni non li abbandoneranno più. Jamal ricorda vividamente un incidente in particolare: l’attacco subito dalla famiglia Dalou. “Stavo lavorando in una torre di appartamenti che era stata appena bombardata a Gaza, quando vidi un razzo in cielo, ad alcune centinaia di metri di distanza. Sentii una forte esplosione e mi precipitai sul posto. I miei colleghi ed io abbiamo lavorato tre giorni cercando di recuperare le persone intrappolate sotto le macerie. I bambini deceduti avevano la stessa età dei miei figli. Dopo la guerra abbiamo trovato altri due corpi, uno di essi era di una ragazza. La cosa più difficile del mio lavoro è estrarre i bambini da sotto le macerie: la vista di quei bambini non mi uscirà mai dalla mente, è troppo orribile”.

Non vi è alcun programma di supporto psico-sociale per Jamal e i suoi colleghi. “Dopo una guerra parliamo delle nostre esperienze”, dice Jamal. “Parliamo tra noi, è l’unico modo di trattare psicologicamente le nostre esperienze, e visitiamo le famiglie dei colleghi rimasti feriti o uccisi”.

Dal 2007 Jamal ha partecipato a circa 1500 operazioni di soccorso. “Il salvataggio di persone e il recupero dei corpi mi restano in mente come un film, anche se spesso non conosco i nomi delle vittime”.

Colpire e ferire gravemente o uccidere i civili, persone protette, è un crimine di guerra, come codificato nell’articolo 147 della Quarta Convenzione di Ginevra e negli articoli 8(2)(a)(i) e 8(2)(b)(i) dello Statuto di Roma del Tribunale criminale internazionale.

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice

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