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Guatemala, ex dittatore Rios Montt accusato di genocidio

Sarebbe responsabile della morte di migliaia di indios tra il 1982 e il 1983

(23 Gennaio 2013)

Come per il caso di Victor Jara e di tante altre vittime delle numerose dittature che hanno tormentato il continente latinoamericano, la giustizia sia pure in ritardo arriva, magari quando i responsabili di questi crimini sono già morti e talmente anziani da sfuggire al carcere. E malgrado le loro responsabilità fossero già note da tempo. Ma tant’è. Consoliamoci con questa giustizia “a scoppio ritardato”, ma veniamo al dunque. L’ex dittatore guatemalteco José Efrain Rios Montt, presidente del piccolo paese centroamericano per 16 mesi a cavallo fra il 1982 e il 1983, è stato accusato di genocidio e crimini di guerra contro gli indigeni Maya Ixil insieme all’ex generale José Mauricio Rodriguez, nel corso dell’udienza di apertura del processo istruito di fronte al “Tribunal B de Mayor Riesgo”. La Procura speciale per i diritti umani è stata ascoltata per oltre sette ore dal giudice Miguel Angel Galvez. Secondo questo organismo giuridico creato proprio per indagare sulle tantissime violazioni dei diritti umani perpetrate in Guatemala, l’ex golpista, ora 86enne, e il suo collaboratore pianificarono ed eseguirono strategie concepite per “annichilire” l’etnia Ixil nel dipartimento nord-occidentale del Quiché. In quell’occasione sono state assassinate 1771 persone, circa un terzo dei 5270 nativi dello stesso popolo uccisi dai militari durante il conflitto. Il pm ha voluto sottolineare la natura civile di quelle vittime, di quei nativi dei villaggi di Cotzal, Chajul e Nebaj, visti invece dai militari come possibili collaboratori della Urng (Unione nazionale rivoluzionaria guatemalteca), la guerriglia che appunto combatteva contro le forze armate e i latifondisti. «Nonostante il 43% degli abitanti di questi tre villaggi non fosse capace di impugnare un’arma perché erano anziani (12%) e bambini sotto i 12 anni (31%), furono giustiziati» ha detto il rappresentante della pubblica accusa. La quale ha aggiunto che le perizie effettuate sui corpi delle vittime ha stabilito come la stragrande maggioranza di queste siano state fatte oggetto di colpi di arma da fuoco alla testa e al torace, vere e proprie esecuzioni. A questo bisogna aggiungere lo spostamento forzato di migliaia di persone.
Rios Montt avrebbe pianificato direttamente tre efferate operazioni note come Victoria 82, Sofia 83 e Firmeza 83 nell’ambito delle quali furono utilizzate le famigerate forze antiguerriglia chiamate “Kaibiles”. Almeno 128 testimonianze sono state presentate contro Montt. Dicevamo del suo collaboratore Fuentes: la difesa ha invocato problemi di salute che hanno spinto la procura a sospendere il caso, mentre un altro genocida di allora, il generale Oscar Mejia Victores, è tornata in libertà dal dicembre 2011 per le conseguenze di una emorragia cerebrale.
Il caso Rios Montt è di quelli che grida vendetta. Con il ritorno della democrazia era riuscito a diventare deputato e presidente del Congresso. E’ stato infatti rinviato a giudizio solo il 26 gennaio scorso, pochi giorni dopo aver perso l’immunità. Deve rispondere anche di un altro massacro, quello di Dos Erres, nel dipartimento settentrionale del Petén, dove fra il 6 e l’8 dicembre del 1982 furono assassinati 250 indigeni tra cui 67 bambini. Per la stessa strage nell’agosto 2011 erano stati comminati 6060 anni di prigione al generale a riposo Pedro Pimentel e poco prima altrettanti anni erano stati inflitti ad altri quattro ex militari. Fu quello un processo storico perché per la prima volta furono riconosciuti colpevoli membri delle forze Kaibiles. La guerra che vide contrapposti l’esercito da un lato e la guerriglia dall’altro, sempre più vicina quest’ultima alle rivendicazioni indigene, è durata almeno trent’anni e ha provocato circa 200mila vittime. L’inizio può essere datato nel 1954 quando il presidente Jacobo Arbenz, eletto democraticamente e intento a realizzare un’importante riforma agraria, venne rovesciato con il contributo della Cia. Il Paese ha dovuto attendere il 1996 per arrivare ad una pace che però non ha affatto risolto gli enormi problemi sociali che affliggono la stragrande maggioranza degli oltre 12 milioni di guatemaltechi.

Vittorio Bonanni

Vittorio Bonanni - liberazione.it

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