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Raffaele De Grada 1916 2010

Raffaele De Grada 1916 2010

(4 Ottobre 2010) Enzo Apicella
E' morto all’età di 94 anni Raffaele De Grada, comandante partigiano, medaglia d’oro della Resistenza, critico d'arte.

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(Memoria e progetto)

L'eroe borghese che offusca il buon socialista

(25 Gennaio 2013)

«Le municipalizzate e la giunta Nathan. Una vicenda più articolata di quanto emerge nella discussione pubblica».

La figura di Ernesto Nathan è stata assunta sul piano politico e nel discorso pubblico divulgativo come emblema positivo di buon governo, per questo da celebrare. E la memoria ricostruita della storia di Roma lo ha posto come uno dei personaggi della narrazione novecentesca della città. Il convegno che in proposito si è svolto lo scorso sabato è stato così improntato, ma sarebbe appropriato effettuare un'osservazione equilibrata del personaggio, considerando l'esperienza collettiva della giunta.



All'epoca, nel 1907, liberali democratici, socialisti, repubblicani e radicali si unirono formando il «Blocco del popolo» (la denominazione ufficiale era Unione liberale popolare) che sostenne l'elezione a sindaco di Nathan. La giunta capitolina espressa dal «Blocco» (7 liberali, 3 socialisti, 2 repubblicani e 2 radicali) raccolse le forze migliori della borghesia romana del tempo, meno legate ai potentati locali nati in parte dopo l'Unità e in parte ereditati dalla Roma pontificia, e dunque fu più propensa delle precedenti a interventi che potessero accelerare la modernizzazione della capitale. Governò fino al 1913, tra grandi difficoltà dovute alla natura delle questioni da affrontare, ma anche alla diversità delle forze che la componevano. Soprattutto il sindaco e l'assessore Giovanni Montemartini compirono un grande sforzo per tenere insieme le differenti anime politiche, fatica che non resse alla prova delle difficoltà reali. Ma va detto che Nathan in alcuni momenti effettuò scelte che non aiutarono la compattezza della giunta, come la decisione di portare il suo saluto allo zar in visita in Italia nel 1909. Nel gennaio-febbraio 1912 uscirono dall'esecutivo i repubblicani, in disaccordo sulla nuova convenzione con la Società anglo-romana che gestiva la distribuzione dell'energia elettrica, indispensabile per garantire l'elettricità necessaria all'avvio delle linee tranviarie municipali; in agosto uscirono i socialisti, ufficialmente per ragioni di politica nazionale, ma che in realtà avevano soltanto corroborato i ben più importanti accadimenti nell'attività amministrativa (accuse alla giunta di aver deluso le aspettative, tempi lunghi per la gestazione di una nuova legge per Roma, lunghe attese per i fondi necessari alle case popolari e alle municipalizzazioni, problema del caroviveri, rivendicazioni operaie del 1908-1909, e saluto allo zar); il sindaco e quel che restava della giunta diedero le dimissioni nel dicembre 1913.


Alla data del 1912 ormai la coalizione aveva compiuto le sue opere politiche più importati, tra cui l'avvio della municipalizzazione del trasporto pubblico e della distribuzione dell'elettricità con la relativa costituzione delle aziende comunali Atm e Aem. L'artefice ne fu il socialista Montemartini assessore ai Servizi tecnologici. Fu il teorico più autorevole sulla materia, contribuendo a creare il contesto culturale nazionale necessario e a definire il piano normativo della legge n. 103/1903, Assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni. Di fatto con le sue riflessioni, argomentazioni e soluzioni che coniugavano sviluppo economico e libertà democratiche, impostò una cultura metropolitana moderna, fino ad allora quasi assente in Italia.


A Roma i tempi per questo cambiamento erano ormai maturi, poiché i due servizi svolti dalle due monopoliste Società anglo-romana e «Società tramways ed omnibus» erano molto inefficienti e poiché già dalla giunta precedente del moderato Enrico Cruciani Alibrandi, si discuteva sulle modalità adottabili. Tanto maturi che il dibattito si svolse sempre su un piano concreto, e che anche i cattolici furono a favore della municipalizzazione, partecipando attivamente alla campagna per il referendum del 1909 (perfino l'«Osservatore Romano» invitò a recarsi a votare).


Le modalità che si proponevano erano differenti, ma a definire la soluzione fu Montemartini: per l'economista socialista si doveva affrontare la questione osservandone i vantaggi nelle specifiche situazioni. E a Roma in quel frangente la soluzione doveva essere quella del «municipio concorrente», che prima avrebbe creato un suo servizio a fianco ai monopolisti, per poi procedere gradualmente alla municipalizzazione completa. Senza questo scatto di concretezza di Montemartini la città sarebbe rimasta ancora a lungo impantanata nella difficile situazione creata dai due monopoli.


Convinse tutti, ma nel 1913, quando ormai era uscito dalla giunta, cominciò ad evidenziarsi che proprio Nathan non era convinto e che tra i due vi era una sostanziosa differenza di vedute. Alla critica di immobilismo sulla municipalizzazione dei tram avanzata dall'ex-assessorre, il sindaco rispose di non ritenere che i servizi pubblici avrebbero portato guadagno poiché quelli privati erano più economici. La posizione di moderazione di Nathan sulle municipalizzazioni fu definitivamente nitida nel 1918, nella fase di difficoltà che attraversava l'amministrazione Colonna nel portare a compimento il riscatto di tutte le linee tranviarie della Srto. Parlò dalle pagine del «Messaggero», con un intervento stupefacente, e per questo importante, che a distanza di anni confermava ciò che Montemartini e il gruppo socialista gli avevano rimproverato: «Sarebbe un errore a mio avviso abbandonare la concorrenza attuale, per una specie di statizzazione di secondo grado. Ho i miei dubbi se l'esercizio di Stato delle ferrovie, soggette a tutte le politiche e parlamentari pressioni, non possa fra pochi anni far rimpiangere le passate convenzioni con grandi concorrenti imprese private; così dubito se, scendendo di un grado dallo esercizio nazionale a quello municipale, gli interessi e le comodità di Roma saranno appagati col tuffo nella municipalizzazione».


Perché dunque scegliere di assumere a metafora di buona amministrazione soltanto Nathan e non tutta la giunta? E soprattutto perché non guardare piuttosto che a un «eroe borghese liberale», al riformista socialista di levatura internazionale che fu Giovanni Montemartini?
La sinistra romana rinata all'indomani del fascismo, fece propria l'esperienza della giunta Nathan, scegliendo di riutilizzare la denominazione di «Blocco del popolo» per la coalizione che vide insieme i comunisti guidati da Aldo Natoli, socialisti e azionisti. Ma lo fece guardando all'esperienza complessiva di quella giunta, non alla sola personalità del sindaco. Chi invece recuperò Nathan nel discorso pubblico sulla città fu Marco Pannella nel 1993, che appuntò l'attenzione innanzitutto sul suo anticlericalismo.


Il periodo della giunta Nathan è importante nella storia di Roma. Ma, in verità, per capire fino in fondo l'ambito amministrativo, politico e sociale della capitale all'inizio del Novecento occorre che gli storici ricostruiscano l'intera storia amministrativa cittadina dalla fine dell'Ottocento fino al governatorato fascista. E occorre che studino ancora questa giunta a partire dalle carte d'archivio, e non a partire da un'idea o da un'interpretazione, perché nel mestiere di storico non c'è scorciatoia al documento. Nathan è stato studiato sui verbali del consiglio comunale, meno sui verbali della giunta mediante i quali si possono articolare meglio le posizioni dei componenti, e non a sufficienza sull'ampia e vivace stampa romana, attraverso la quale può emergere con più chiarezza la battaglia politica piena di sfaccettature nella capitale. Si può dunque augurare buon lavoro a chi vorrà farlo.

Grazia Pagnotta - il manifesto

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