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Documentate centinaia di violazioni israeliane della tregua di novembre

(26 Gennaio 2013)

gazvioltreg

Gaza-Quds Press. Difficilmente passa un giorno senza assistere ad un’incursione israeliana nei territori palestinesi, ad est e nord della Striscia di Gaza, o senza che i pescatori palestinesi non vengano intercettati al largo della costa, il tutto in chiara violazione della tregua, siglata più di due mesi fa tra lo Stato ebraico e la resistenza palestinese, con mediazione egiziana, a seguito di otto giorni di aggressione contro la Striscia di Gaza.

Le continue violazioni della tregua, firmata il 21 novembre scorso, hanno provocato la morte di quattro palestinesi, e il ferimento di decine, mentre 30 pescatori sono stati arrestati e diversi pescherecci sono stati distrutti o sequestrati.

Un rapporto pubblicato dal Centro al-Mizan per i diritti umani, getta luce sulla situazione nelle aree assediate della Striscia di Gaza, sia quelle terrestri che marittime, e dimostra che le violazioni israeliane sono proseguite dopo la tregua, nonostante quest’ultima avrebbe dovuto garantire ai palestinesi, soprattutto gli agricoltori residenti nelle zone di confine, la libertà d’accesso alle zone di frontiera per coltivare i propri campi, e ai pescatori di poter esercitare il proprio mestiere fino a sei miglia nautiche dalle coste.

Il rapporto che copre il periodo dal 22 novembre 2012 al 21 gennaio 2013, monitorando le violazioni israeliane, e documentando il numero delle vittime, ha indicato che le forze di occupazione hanno sparato contro i civili palestinesi nelle zone vicino al confine in 52 occasioni, e hanno effettuato cinque incursioni, arrestando nove civili, tra cui cinque bambini.

Secondo il centro, le violazioni israeliane hanno provocato l’uccisione di quattro palestinesi e il ferimento di altri 74, tra cui 10 bambini.

La relazione ha sottolineato che dall’inizio del 2013 e fino al 21 gennaio, la zona di confine è stata oggetto di 16 attacchi che hanno causato la morte di due palestinesi, ed il ferimento di altri sei, tra cui due bambini. Questo porta il numero totale di attacchi contro le zone di confine della Striscia di Gaza, dalla fine del 2009, cioè quando Israele rivelò la sua intenzione di voler imporre una zona cuscinetto, con accesso limitato, a 577 attacchi, con un bilancio di 84 palestinesi uccisi, tra cui 16 bambini e una donna, e 490 feriti, tra cui 105 bambini e 19 donne.

Zona cuscinetto. Il rapporto ha riferito che i i fatti sul terreno dimostrano che le forze di occupazione hanno cercato, fin dai primi giorni dello scoppio della seconda intifada palestinese, il 27 settembre 2000, di imporre una zona ad accesso limitato lungo i confini orientale e settentrionale della Striscia di Gaza, attraverso le demolizioni e le distruzioni di abitazioni, strutture e fattorie, situate all’interno della zona di confine. Fino ad arrivare all’annuncio esplicito di voler privare i palestinesi dal 35% della superficie coltivabile, cioè il 15% della superficie totale della Striscia di Gaza.

Secondo le statistiche dell’Ocha, l’ufficio Onu per gli Affari umanitari nei territori palestinesi occupati, le forze di occupazione hanno raso al suolo il 100% delle strutture e i campi agricoli nel raggio di 500 metri dal confine. A mille metri invece, la demolizione è stata del 75%.

Tutte le istituzioni, palestinesi ed internazionali, oltre alle agenzie competenti dell’Onu, concordano sul fatto che la zona off-limits, imposta da Israele, arriva fino a 1500 metri di profondità all’interno dei territori palestinesi della Striscia di Gaza, e non si limita ai 300 metri dichiarati dalle forze israeliane.

Blocco navale. Il 9 ottobre del 2000, Israele ha imposto un blocco marittimo contro la Striscia di Gaza, di conseguenza, i pescatori palestinesi non potevano raggiungere le 20 miglia nautiche, concordate ad Oslo. Da quella data, la superficie a disposizione dei palestinesi è andata accorciandosi, arrivando a 12 miglia, poi sei e fino alle tre miglia imposte dal gennaio 2009.

Con queste limitazioni israeliane, i palestinesi si vedono privare dal 85% della zona di pesca consentita, approvata dagli accordi di Oslo. Ma le forze di occupazione non si limitano a bloccare l’accesso al mare, esse commettono altre violazioni, quasi quotidianamente, come aprire il fuoco contro i pescatori, provocando vittime e feriti, o arrestando decine di loro, con l’impiego di maniere degradanti per la dignità umana, oltre alla distruzione degli attrezzi da pesca e il sequestro dei pescherecci. Spesso, queste violazioni avvengono all’interno delle stesse tre miglia nautiche.

Continuano gli spari. I dati raccolti dal campo e documentati dal centro per i diritti umani dimostrano che l’occupazione ha continuato ad aprire il fuoco contro i civili palestinesi nelle zone adiacenti al confine e nel mare, nonostante le garanzie derivanti dalla tregua di novembre.

Il rapporto ha anche sottolineato che le violazioni israeliane hanno accentuato la disoccupazione e la povertà nella Striscia di Gaza, e hanno privato i palestinesi da fonti vitali di cibo. Di fatto, le zone di confine, sottoposte a limitazioni, sono delle aree agricole dotate di terreni fertili, inoltre, i limiti imposti sui pescatori privano la popolazione, soprattutto quella di basso reddito, dal pesce, una componente essenziale della loro dieta, in quanto quello importato è costoso, e la sua scarsità nei mercati ha contribuito ad alzarne i prezzi.

La relazione ha reso noto che centinaia di palestinesi sono stati sfollati dalle loro case e terre adiacenti al confine con Israele, aggiungendo che centinaia di abitazioni sono state distrutte e migliaia di dunum di terreni agricoli sono stati rasi al suolo per motivi di sicurezza.

Il centro al-Mizan ha messo in guardia contro le continue violazioni, commesse dalle forze israeliane, contro il diritto di vivere in dignità e sicurezza dei palestinesi, e in particolare quelli residenti nelle aree di frontiera.

Fragile tregua. Nella conclusione del rapporto, al-Mizan sostiene che nonostante i propositi dell’accordo di cessate il fuoco (che avrebbe concesso agli agricoltori e ai civili di accedere alle zone adiacenti al confine, e ai pescatori di addentrarsi nel mare fino a sei miglia nautiche), esso non garantisce il rispetto dei diritti umani dei palestinesi, in quanto fino a quando i civili non cesseranno di essere il bersaglio del fuoco israeliano, gli agricoltori saranno restii a tornare a coltivare i propri campi, e i residenti non ricostruiranno le proprie case distrutte.

Il centro per i diritti umani ha aggiunto che continuare ad accettare le giustificazioni israeliane delle proprie violazioni, solitamente legate a motivi di sicurezza, accentuerà la sofferenza dei palestinesi, che continueranno a vedersi privati da una serie di diritti fondamentali, come quello alla vita, all’integrità fisica, alla sicurezza, al lavoro e alla libertà di movimento.

Al-Mizan ha ribadito la sua ferma condanna delle violazioni israeliane commesse nelle aree ad accesso limitato, sia terrestri che marittime, e ha sottolineato che pescare liberamente nel mare di Gaza, o raggiungere i propri terreni e coltivarli, rappresentano dei diritti umani naturali. E ha aggiunto che le forze di occupazione infrangono sistematicamente il diritto internazionale umanitario, colpendo i civili, i pescatori e gli agricoltori palestinesi, che vengono privati dai loro mezzi di sussistenza, uccisi o arrestati arbitrariamente, in modo che viola la loro dignità umana.

Al-Mizan ha rinnovato il suo appello alla comunità internazionale per intervenire, proteggere i civili e fermare le violazioni israeliane nei loro confronti, sottolineando che la Striscia di Gaza fa parte dei territori palestinesi occupati e che agli accordi siglati tra le forze di occupazione e una parte delle leadership palestinese, tra cui anche gli accordi di Oslo, non soppiantano questa realtà. Ciò impone ad Israele di rispettare i suoi obblighi derivanti dal diritto internazionale, il che significa, oltre all’obbligo di non commettere violazioni, garantire il rispetto dei diritti umani della popolazione civile che vive nei territori occupati.

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