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    Arabia Saudita: le donne rintracciate con un SMS

    (7 Febbraio 2013)

    Arabia Saudita: le donne rintracciate con un SMS.

    In Arabia Saudita, le donne già private dai loro diritti fondamentali, non possono spostarsi o lasciare il paese senza il consenso del loro tutore. E al fine di evitare la violazione di tale legge, le autorità hanno istituito un sistema elettronico che avverte le loro famiglie se solo provano a lasciare il regno.

    Già private del diritto di guidare, di uscire di casa senza indossare il loro velo o di trovarsi in ambienti insieme a uomini, le donne saudite non hanno nemmeno la possibilità di viaggiare senza autorizzazione. Infatti, i servizi per l’immigrazione del paese hanno messo a punto un sistema elettronico che avverte le loro famiglie nel momento in cui lasciano il paese.

    In particolare il “guardiano” della donna saudita, che può essere il marito, il padre, il figlio, il fratello o semplicemente il suo tutore, riceve sul proprio cellulare un SMS il quale lo informa se eventualmente la donna posta sotto la sua tutela ha attraversato i confini dell’Arabia Saudita. E’ stata l’attivista Manal Al-Charif, simbolo della campagna per il diritto delle donne a guidare, a diffondere l’informazione su Twitter, dopo esser stata allertata da una coppia. L’uomo, il quale viaggiava in compagnia di sua moglie, ha ricevuto un SMS dai servizi per l’immigrazione, che lo informava del fatto che la compagna ha “lasciato l’aeroporto internazionale di Ryad”.

    Trattate come minorenni per tutta la vita

    Naturalmente, le reazioni non si sono fatte attendere. Denunciando “lo stato di schiavitù in cui la donna saudita è tenuta”, il romanziere ed editorialista Badriya Al-Bichr ha lamentato che “le autorità fanno ricorso alla tecnologia per controllare le donne”. Ha poi aggiunto “il governo farebbe meglio a occuparsi delle donne vittime di violenza domestica”.

    In questo regno che applica un’interpretazione rigorosa dell’Islam, le donne hanno finalmente ottenuto il diritto di voto nel 2011, sotto la guida di re Abdullah, un prudente riformatore. Ma non potranno recarsi alle urne fino alle prossime elezioni amministrative nel 2015.

    Per l’attivista Souad Al-Chammari, è l’establishment religioso che fa pressione per mantenere le restrizioni sulle donne, “trattate come minorenni tutta la loro vita, anche se occupano posizioni di prestigio”.

    Traduzione per InfoPal a cura di Debora Greco

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