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(25 Novembre 2010) Enzo Apicella
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Ve l'avevamo detto: due parole sull'ipocrisia di Repubblica e compari

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11 febbraio 2013

Dopo la notizia del drastico calo delle immatricolazioni in meno di un decennio, è di qualche giorno fa un’altra incredibile scoperta de La Repubblica e di altri giornali e giornalisti che hanno letto la relazione del Consiglio Universitario Nazionale: pare che, infatti, il 17% delle mancate immatricolazioni è coperto quasi interamente da ragazzi e ragazze che provengono da istituti tecnici e professionali, il che spesso corrisponde ad appartenere ad una fascia sociale non propriamente agiata.

Notizia “incredibile” per chi non si è mai soffermato a leggere oltre le righe delle riforme che dagli inizi degli anni ’90 stanno trasformando in maniera più o meno drastica l’intero sistema formativo italiano; per chi non si è mai chiesto cosa si cela dietro il concetto di “meritocrazia” e ha pure fatto l’elogio della competizione, della società del merito e dei modelli esteri di istruzione, in particolare quello tedesco che è fra i più selettivi d’Europa. E a giudicare dalla piega e dalle dichiarazioni dei vari ministri (non solo in materia di istruzione) è proprio al “modello tedesco” e britannico che si guarda con ammirazione. E anche se l’approvazione del decreto è stato rinviato di due settimane non crediamo che ci sarà un miglioramento: anzi, saranno elaborate nuove strategie e politiche da attuare per raggiungere lo stesso obiettivo ma chiamandolo in modo diverso.

Siamo contenti che finalmente, dopo movimenti studenteschi che hanno visto decine di migliaia di persone in piazza, centinaia di scuole occupate, di studenti che hanno dovuto abbandonare gli studi, borse di studio negate, test d’ingresso non superati si è capito perché eravamo così in tanti il 14 dicembre 2010. E perché eravamo arrabbiati. Tutti e 100mila.
Ovviamente non tutti possono capire al momento le parole del CUN e persistono le voci stonate (o semplicemente più sincere?): da Oscar Giannino che ha definito “fesso” chi si iscrive all’università, al Presidente del Censis che ritiene che in Italia “non abbiamo bisogno di geni”.

A sentirli probabilmente non abbiamo bisogno di geni, no. Ma non abbiamo bisogno nemmeno di voi.

CAU - Napoli

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