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Kenya: verso elezioni ad alto rischio

(14 Febbraio 2013)

Il Kenya si prepara alle elezioni di marzo, le prime dopo il varo della nuova costituzione e dopo gli scontri di 5 anni fa che portarono il Paese sull'orlo di una guerra civile

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di Rita Plantera

Cape Town, 13 febbraio 2013, Nena News - Sotto i riflettori della comunità internazionale, la Repubblica del Kenya si prepara alle elezioni di marzo, le prime dopo il varo della nuova costituzione nel 2010 e dopo gli scontri seguiti alle ultime tornate elettorali di 5 anni fa che portarono il Paese sull'orlo di una guerra civile.

Ma a circa 3 settimane dalle elezioni presidenziali e amministrative nelle 47 province istituite dopo la riforma della carta costituzionale, "il rischio di violenze e violazione dei diritti umani resta pericolosamente alto" nella Repubblica del Kenia. Lo sostiene Human Rights Watch (HRW) in un rapporto di 56 pagine pubblicato l'8 febbraio scorso.

Basato su una ricerca condotta tra agosto e dicembre 2012 in sei delle otto regioni del Kenya, il rapporto documenta che già nel 2012 e agli inizi del 2013 sono circa 477 i civili morti e 118,000 i dispersi a causa di scontri tra differenti gruppi sociali e denuncia come il governo kenyota non sia volontariamente intervenuto contro la corruzione e l´abuso di potere delle forze di polizia, contro i comportamenti illeciti dei politici locali alla base delle tensioni di natura etnica, contro le bande criminali locali, non si sia occupato del reinsediamento degli sfollati e abbia invece lasciato impuniti i responsabili di reati gravi. "La quasi totale impunità degli omicidi, degli stupri e delle deportazioni nel 2007-2008 ha lasciato le persone che hanno commesso quei crimini liberi di commetterli di nuovo. Le vittime di violenza si sentono trascurate dalla giustizia, e le persone che hanno causato la violenza si sentono protette dalla legge". Così, questa volta, temendo possibili violenze in vista delle prossime elezioni, che saranno presidenziali, parlamentari e amministrative e si terranno tutte lo stesso giorno, le comunità locali si stanno armando non di machete, lance e archi come nel 2007, ma si stanno procurando armi da fuoco.

Soprattutto nella regione centrale del Kenya, di maggioranza etnica Kikuyu, i candidati e i loro partiti hanno assoldato, come per le precedenti elezioni, gruppi armati criminali, per intimidire gli elettori, ottenere il loro consenso e mettere a tacere gli avversari. In Kenya occidentale, la regione del Nyanza è dominata da diversi gruppi criminali, tra cui i Baghdad Boys, i Sungu Sungu, gli American Marine, and China Group. Sembra che gli American Marine appoggino l´attuale primo ministro Raila Odinga e China Group appoggi invece il vice premier Uhuru Kenyatta e il suo compagno di corsa alle prossime elezioni William Ruto.

Questo in sintesi quanto emerge dal rapporto di HRW, "High Stakes- Political Violence and the 2013 Elections in Kenya".
Quest'anno scade il secondo mandato presidenziale di Mwai Kibaki e i kenyoti sono chiamati alle urne il 4 marzo prossimo per eleggere il nuovo Presidente. Due dei 4 candidati alla Presidenza della Repubblica, l'ex ministro delle finanze Uhuru Kenyatta e William Ruto, entrambi inquisiti per la loro diretta implicazione nelle violenze post-elettorali del 2007, dovranno comparire davanti al Tribunale dell'Aja l'11 aprile 2013 per rispondere di crimini contro l'umanità, tra cui: omicidio, deportazione e trasferimento forzato, stupro e persecuzione. I sondaggi al momento vedono un tête-à-tête tra i leader dei due principali schieramenti opposti, Raila Odinga, attuale premier, sostenuto dal vicepresidente Kalonzo Musyoka e Uhuru Kenyatta attuale vice premier in alleanza con William Ruto, un ex ministro che corre per la vice presidenza. La forte rivalità tra Kenyatta, della tribù predominante Kikuye, e Odinga, di etnia Luo, non esclude un esacerbarsi delle tensioni tribali e fa temere per nuovi scontri. Ad alimentare le tensioni sociali anche il fatto che Kenyatta e Ruto, dopo il voto dovranno comparire di fronte alla Corte Penale Internazionale.

Agli ambasciatori europei convocati lunedì, il ministro degli esteri kenyota Sami Ongeri ha espresso il suo "massimo dispiacere" per quello che considera un tentativo dell'Unione Europea di voler influenzare il voto per le elezioni del 4 marzo prossimo dopo che la scorsa settimana alcuni Paesi europei tra cui Gran Bretagna e Francia avevano fatto sapere di voler intrattenere solo relazioni limitate con il Kenya nel caso di una vittoria alle presidenziali di Kenyatta. Dichiarazioni considerate "chiaramente infiammatorie e che potrebbero avere l'effetto di polarizzare il Paese", ha detto il Ministro.

In tutta risposta, Lodewijk Briet, capo della delegazione dell'Unione Europea, ha detto ai giornalisti che nessun candidato è favorito: "Abbiamo ribadito che sosteniamo con forza il governo del Kenya e che non favoriamo un candidato in particolare. Spetta ai kenyoti fare questa scelta" "E abbiamo tutto l'interesse a fare in modo che la cooperazione con la Corte Penale Internazionale continui". Intanto, lo scorso 24 gennaio, l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione, Catherine Ashton, ha fatto sapere attraverso il suo portavoce di aver costituito, su invito del governo kenyota, una missione di osservazione per monitorare le elezioni del 4 marzo.

Alla guida della missione il deputato Alojz Peterle, che ha già ricoperto lo stesso ruolo in Nigeria nel 2011. Gli 11 esperti del core team si trovano già a Nairobi e sono stati affiancati a fine gennaio da 16 osservatori di lungo periodo più altri 18 di breve periodo. Una delegazione del Parlamento Europeo raggiungerà la missione giorni prima delle elezioni.

Diversi rapporti di Human Rights Watch, non ultimo quello interamente dedicato alle violenze scoppiate nel 2007-2008 e alle lezioni del 2013, denunciano e documentano le dirette implicazioni e responsabilità di esponenti governativi e agenti delle forze di polizia alla base della guerriglia esplosa dopo che le opposizioni contestarono la rielezione del presidente in carica Mwai Kibaki e in cui circa 1300 persone vennero uccise a colpi di machete e bruciate vive e circa 600,000 furono i dispersi.

Nel 2008, a chiusura dei suoi lavori, la kenyota Commission of Inquiry into Postelection Violence (CIPEV) ha chiesto l'istituzione di un tribunale speciale per processare i presunti organizzatori degli scontri post-elettorali del 2007. "Ci sono state diverse segnalazioni secondo cui il governo o i suoi agenti sono coinvolti in uccisioni arbitrarie e illegali, inclusi omicidi a sfondo politico... Il governo ha intrapreso solo azioni limitate contro le forze di sicurezza sospettate di uccisioni illegali di cittadini".

Questo quanto emerge dal rapporto 2010 di Human Rights Watch e pubblicato sul sito del Dipartimento di Stato Americano. Di lì a poco la Corte Penale Internazionale avrebbe aperto un'inchiesta per crimini contro l'umanità contro 6 persone, e cioè contro l'ex ministro dell'istruzione superiore William Ruto; l'ex ministro per l'industrializzazione Henry Kosgey, lo speaker radiofonico Joshua Sangil, il segretario di Gabinetto Francis Muthaura, l'ex commissario di polizia Mohammed Ali e il vice primo ministro delle finanze Uhuru Kenyatta, uno dei candidati alle prossime presidenziali.

Il governo kenyota, invece, non ha istituito nessun tribunale speciale né ha indagato sistematicamente né perseguito nessuno degli individui sospettati.

Nena News

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