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Cultura contro odio

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LA COMPETIZIONE IMPERIALISTA

(17 Febbraio 2013)

Dal giornale "Alternativa di Classe", Anno I n.2

Il Mali. Il Mali è un Paese africano che comprende i territori della valle del corso centrale del Fiume Niger, fino ad una porzione di deserto a nord dell’area del Sahel. Tali luoghi facevano parte dell’Africa Occidentale, colonia francese fino al 1960, quando ottennero l’indipendenza come parte della “Federazione del Mali”, che comprendeva anche altri attuali Paesi dell’Ovest africano. Dopo pochi mesi, per il perdurare di spaccature interne al vecchio gruppo dirigente indigeno, che aveva rappresentato quei “Territori d’oltremare” nel Parlamento francese, si ruppe la federazione, ed il pan-africanista Modibo Keita, che perseguiva una impostazione statalista e distaccata dalla Francia, proclamò la “Repubblica del Mali”. Leader del partito unico, da lui fondato, le aziende e le produzioni principali di allora (canna da zucchero, the e latte in polvere) vennero nazionalizzate e le merci furono commercializzate in regime monopolistico.
Keita fu deposto nel ’68 da un golpe militare, guidato da M. Traorè, che nel ’82 liberalizzò il mercato dei cereali e nel ’91 fu deposto da un nuovo colpo di stato, il cui gruppo dirigente, invece, dall’anno successivo aprì ad una costituzione democratica per una repubblica parlamentare a regime semipresidenziale. Dal ’75 il Mali è uno dei quindici Paesi che costituiscono la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS). Il rapporto con la Francia, mai del tutto cessato, dal ’68 riprese vigore, indipendentemente dai regimi politici succedutisi, mentre il rapporto con gli USA si è consolidato con Bush, durante la presidenza di Amadou Toumani Tourè (detto ATT), iniziata nel 2002, proprio mentre dal sottosuolo maliano diventava importante l’estrazione di oro, settore in cui lavorano ancora oggi, in pessime condizioni, anche moltissimi bambini (almeno 20000). Il Mali è il terzo produttore d’oro dell’Africa ed il quarto nel mondo, e nel suo sottosuolo, successivamente, sono stati trovati diamanti, petrolio, gas naturale, fosfati, bauxite, rame e, come in tutta la regione del Sahel, uranio.
Prima dell’indipendenza formale, il Sahel non era mai stato diviso tra paesi diversi, ma nel ’60 i francesi, spesso con il solo criterio di riga e squadra, ne attribuìrono sue parti a Stati diversi (Mauritania, Mali, Algeria, Niger, ecc.). Oltretutto, era abitato da una popolazione nomade, dedita perlopiù alla pastorizia, i tuareg, che seguivano le mandrie nei loro spostamenti stagionali, e che, perciò, soffrìrono non poco questa divisione, covando ostilità nei confronti delle elites centrali al potere nei nuovi Stati, percepiti come diretti oppressori. Con la scoperta del petrolio nel sottosuolo dell’Azawad (nel nord del Mali), avvenuto nel 2006, si sono accentuati i contrasti tra il governo di Bamako e gruppi armati di tuareg ribelli.
La crisi. Terminata formalmente con l’interessata mediazione algerina nel ‘07, la ribellione dei tuareg è continuata a livello politico e sociale, finchè, nel 2011 il Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad (MNLA) si è riarmato, ed il 17-1-’12 ha iniziato una vera e propria rivolta. Così, in base ad una Risoluzione ONU, l’Unione Europea (UE), già in quel mese, inviava in Mali la Missione EUTM, per riorganizzarne le forze armate. A seguito, però, di numerose proteste, anche di massa, per la conduzione dello scontro al nord, gran parte delle forze armate, guidate da A. H. Sanogo, il 22-3-’12 ha deposto ATT, sospendendo ogni garanzia costituzionale.
Durante i successivi scontri legati al golpe, verificatisi nella zona della capitale, nel nord-est del Mali i ribelli si imponevano militarmente fino a proclamare il 6-4-’12 l’indipendenza dell’Azawad, con capitale a Gao. Gruppi islamisti operanti in Africa, tra cui Al Qaeda, trovarono allora ospitalità ufficiale nella nascente entità territoriale, dove realizzarono una alleanza di fatto con il Movimento al potere.
Il 12-4-’12, sei giorni dopo, la giunta militare nominava “presidente ad interim” il politico D. Traorè, con il consenso di ECOWAS. La coesistenza al potere tra militari e politici (il 17 Aprile era stato nominato un premier, C. M. Diarra, vicino agli USA) si rivelava più difficile del previsto e l’11-12-’12 veniva arrestato Diarra dai militari. E’ così che, nei giorni seguenti, gruppi militari islamisti, provenienti dall’Azawad, dove avevano assunto il totale controllo di alcuni centri abitati, avviavano l’invasione del Sud del Mali, mentre l’ONU il 20 Dicembre approvava la Risoluzione n.2085, che prevedeva, fra l’altro, l’invio di una forza militare “essenzialmente” africana di 3000 uomini in Mali per “ristabilire la sovranità del governo centrale”. L’avvicinarsi degli islamisti a Bamako e la conquista da parte loro della città di Konna, oltre ai tempi richiesti per allestire la “forza di pace” ONU, spingevano Traorè il 9 Gennaio ’13, in accordo con ECOWAS, a chiedere formalmente l’aiuto militare della Francia.
La guerra. Il giorno dopo, Giovedì 10, l’imperialismo francese, guidato dal “socialista” Hollande, dava il via alla guerra, definita “Operazione Serval”. Inviava militari e mezzi dalla Francia, richiamava truppe nazionali e mercenarie fino ad allora sparse nell’Africa “influenzata” da Parigi ed iniziava a bombardare le zone occupate dai “ribelli”. Tenendo conto del contemporaneo impegno militare francese in Somalia, già si parla di “Sahelistan” con la Francia al posto degli USA, per richiamare le difficoltà di un combattimento senza fine, come in Afghanistan, contro islamisti agguerriti e bene armati.
Inizialmente gli islamisti, nonostante l’intervento francese, continuavano l’avanzata lungo il Fiume Niger, verso Bamako, conquistando Diabaly. Nel frattempo, si intensificavano gli attacchi aerei francesi, con un gran numero di vittime civili (in questo caso tuareg, e non solo…), che le guerre imperialiste vogliono sempre cercare di nascondere. Mentre gli USA avevano promesso da subito alla Francia mezzi aerei e droni, ma non uomini, l’imperialismo tedesco e quello italiano si dichiaravano fino dal 16 Gennaio pronti, come minimo, ad un “supporto logistico”…
Il Consiglio straordinario dei Ministri degli Esteri UE, riunito a Bruxelles il 17 Gennaio ‘13, decideva, indipendentemente dall’eventuale impegno “parallelo” di singoli Paesi europei (che stava, nel frattempo, maturando…), ed in quanto Unione Europea, di rinnovare la “missione EUTM”, per “addestrare” i militari maliani. Come singolo paese, l’Italia, con il pieno accordo parlamentare di Berlusconi, Bersani e Monti, si affiancava, così, a Gran Bretagna, USA e Germania, per il supporto diretto (e “parallelo “alla UE) alle operazioni belliche della Francia. Del resto, ha ottenuto la “benedizione” di Prodi, che, nelle sue funzioni di “inviato speciale ONU per il Sahel”, ha dichiarato a “l’Unità”: “…in tutta la mia vita non ho mai trovato tanta unità nel Consiglio di sicurezza dell’ONU come in questi giorni.”, ma tutti (gli imperialisti, vecchi e nuovi, Cina e Russia compresi – n.d.r.) si sono resi conto che l’Africa è un “continente strategico”, il continente “in cui nel futuro cercheremo cibo, materie prime ed energia”… Anche se, visto l’uranio che c’è nel Sahel, utile alle centrali nucleari francesi: “Questo intervento spettava alla Francia…”, come ha dichiarato il “progressista” Hollande, che già scalpitava prima della “richiesta di aiuto” di Traorè…
Forte degli appoggi ricevuti, la Francia di Hollande, che, nel frattempo, proprio allora aveva “scoperto” che una parte dei “terroristi”, che avevano occupato l’Azawad, erano anche “dei trafficanti di droga”, come dichiarato a “La Stampa” dallo stesso Hollande, Martedì 22 Gennaio riusciva a colpire la sede di Al Qaeda a Timbouctu. Quando, il 24 Gennaio, 1750 militari di ECOWAS entravano in Mali per combattere “i ribelli”, i militari francesi lì presenti sono arrivati ad essere 2400. Sabato 26 Gennaio la città di Gao è riconquistata “al governo del Mali”, come, qualche giorno dopo, la stessa Timbouctu.
Venerdì 1 Febbraio Hollande arriva da trionfatore prima a Timbouctu, a visitare i suoi soldati, poi, accolto dal Presidente Traorè, a Bamako, dove lo rassicura che l’intervento francese “non è ancora terminato” perché “La Francia darà il suo aiuto fino alla restaurazione totale dell’unità del Mali.” Mercoledì 6 Febbraio i militari francesi erano divenuti 4000 e quelli del Ciad erano in 1800.
Conclusioni. L’imperialismo francese non ha mai veramente abbandonato i “suoi” ex “territori d’oltremare” ed ha aiutato in vari modi le elites che si sono succedute al potere: il colpo di stato di Sanogo, che ha portato Traorè alla Presidenza, non è mai stato criticato, nemmeno da un “socialista” come Hollande, per il quale l’elezione democratica dovrebbe essere la prima legittimazione di un potere, per quanto borghese; oggi, anzi, gli offre, anche formalmente, la più totale “amicizia”. In realtà, qualunque sia la forza politica che governa un paese imperialista, sono, e non da oggi, solo gli interessi del capitale nazionale a guidarne i passi!
La Corte Penale Internazionale (ICC) è una istituzione internazionale nata nel ’98, con lo “Statuto di Roma”, ma operativa dal 2002, che ha, come “antenati” i Tribunali militari di guerra (come quello, celebre, di Norimberga) e giudica “crimini internazionali” di individui, e non di Stati, ma commessi sui territori degli Stati che ne fanno parte, indipendente dall’ONU. Finora ha funzionato, in pratica, solo per Stati africani; in ogni caso, USA, Cina e Russia non ne fanno parte. Evidentemente, attribuendo colpe solo a singoli individui, assolve il sistema sociale che causa i crimini: è una copertura dell’imperialismo! Oggi sta indagando sulla “guerra civile”, scoppiata in Gennaio ’12 in Mali…
Per la posizione geopolitica in cui il Mali si trova, zona nevralgica del Sahel, tra le coste “arabe” e l’Africa nera, e perciò crocevia dei flussi migratori verso l’Occidente europeo, ma anche spartiacque per l’emigrazione nera tra Europa e Sudafrica, nonché per le ingenti risorse scoperte nel suo sottosuolo, ma, in generale, ancora non sfruttate, i suoi territori sono divenuti un importante terreno di scontro degli appetiti imperialisti. Se la Francia punta a difendere la propria ormai tradizionale e redditizia presenza in quelle zone, sia altre potenze europee, come Germania, Gran Bretagna ed Italia, sia i più forti imperialismi competitori, come quello americano e quello cinese, in ascesa, intervengono, più o meno apertamente, con più o meno spiegamento di forze, ma tutte strumentalmente, nelle contese in Mali, per garantire gli interessi del proprio capitale.
In particolare l’Italia, che ha tratto più danni che benefici dalla recente destabilizzazione in Libia, non vuole che le tensioni interne al Mali rischino di contagiare le zone vicine: siamo, o non siamo, come affermava “Il Sole-24 ore” del 16 Gennaio, “sempre tra i primi tre partner economici di tutti i Paesi affacciati sul Maghreb”? Forse è per questo che l’Italia, pur appoggiando Hollande nella sua “guerra giusta” (come la chiama il P.D.), sostiene anche che in Mali ai tuareg vada riservata una “collocazione diversa”…
Ancora una volta, a morire, da entrambe le parti “delle barricate”, in un modo o nell’altro, devono essere comunque gli africani poveri, ma a godere dei benefici relativi, sia in termini di concessioni minerarie, che di commesse per la ricostruzione, saranno gli imperialismi, in base al peso delle loro presenze in loco; poco importa se gli interlocutori saranno dittature, militari, elites politiche o, anche, tribali. Il compito dei comunisti, allora, è quello di indirizzare le lotte dei proletari innanzi tutto contro il proprio imperialismo, le sue guerre e la sua diplomazia, ad esse complementare, solidarizzando con le popolazioni povere di tutte le estrazioni, senza scegliere tra etnie e/o elites politiche locali, partner, attuali o future, di questo o di quell’imperialismo!

Alternativa di Classe

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