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    (America latina: un genocidio impunito)

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      Collettivo Italia Centro America

    Il Generale, il Vescovo, il Presidente. E un Papa.

    (23 Febbraio 2013)

    “Qué dira el Santo Padre, que vive en Roma/ Que le estàndegollando a suspalomas”…Violeta Parra, 1965.
    (che dirà il Santo Padre, che vive a Roma/ che stan decapitando le sue colombe)

    Benedetto XVI ha ricevuto in udienza stamani, 16 febbraio, il Presidente del Guatemala, Otto Fernando Pérez Molina, che successivamente si è incontrato con il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, accompagnato dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. Durante i colloqui, si è espressa soddisfazione per le cordiali relazioni esistenti tra la Santa Sede e lo Stato guatemalteco. Si è quindi apprezzato in particolare il contributo che la Chiesa offre allo sviluppo del paese, specie nell’ambito dell’istruzione, della promozione dei valori umani e spirituali, e con le attività sociali e caritative, tra l’altro durante il recente terremoto che ha colpito la popolazione. Nel prosieguo della conversazione si è convenuto sulla necessità di collaborare per la risoluzione dei drammi sociali della povertà, del narcotraffico, della criminalità organizzata e dell’emigrazione. Ci si è infine soffermati sull’importanza della difesa della vita umana, fin dal momento del concepimento.
    l’Osservatore Romano
    , 17 febbraio 2013

    Il Generale
    In principio fu il conflitto. Tra formazioni della guerriglia e l’esercito; tra la resistenza delle comunità indigene all’espulsione dalle campagne, e l’accaparramento di terre da parte della United Fruited e altre multinazionali dell’agro-alimentare. In Guatemala gli anni tra il 1960 ed il 1996 rimarranno nella memoria per le 250 mila vittime di massacri e desapariciònes, deportazioni di intere popolazioni indigene, omicidi mirati e violenze sessuali di massa.

    Notizie degli ultimi giorni-20 febbraio 2013-ci parlano di due ex-generali (Rìos Montt e Rodrìguez, il primo capo di stato di fatto tra il 1982 ed il 1983) che saranno processati da una alta corte guatemalteca il 19 marzo venturo; le accuse sono Genocidio e Crimini contro l’Umanità. Si tratta del primo caso di un ex capo di stato guatemalteco processato da un tribunale del paese centro-americano.
    Le strade di Rìos Montt e dell’ex-generale ed attuale presidente guatemalteco Otto Fernando Pérez Molina si incontrano in più di una occasione. La carriera diPérez Molina nell’esercito inizia nel 1966, a sedici anni,per proseguire con studi superiori presso la Scuola di Difesa Inter-americana in Washington D.C. Ottiene poi un ruolo di comando nelle forze speciali anti-guerriglia, i famigerati Kaibiles –il cui scioglimento è stato richiesto a gran voce da una parte cospicua della Chiesa guatemalteca, in seguito alle numerose atrocità commesse dai militari e documentate nel Rapporto Guatemala. Nunca mas, pubblicato nel 1998, a cura del Progetto inter-diocesano per la Memoria storica - e fu a capo dei servizi di Intelligence Militare. Nel 1982 favorisce l’ascesa di RìosMontt, autoproclamatosi Presidente della Repubblica (ed attualmente, come già detto, formalmente incriminato per genocidio..), difendendolo, alla testa di un gruppo di ufficiali, contro il tentativo di contro-colpo di stato del ministro della difesa Oscar Mejia nel 1983.

    Lascia l’esercito nel 2000, per iniziare una folgorante carriera politica; infatti, dopo una prima partecipazione alle Presidenziali nel 2007, è eletto con quasi il 70% dei voti nelle elezioni del 2011, caratterizzate da una campagna sui temi della sicurezza e della lotta al narcotraffico, da accuse-per l’eletto- di aver utilizzato oltre un milione di dollari di fondi elettorali di oscura provenienza, e da un numero di assassinii-oltre 50-che qualificarono la campagna elettorale del 2011 come la più violenta nella breve storia del Guatemala democratico.

    Lo stesso anno della sua trionfale elezione, vede Otto PérezMolina accusato di genocidio dall’organizzazione indigena WaquihKej, nella lettera da questa indirizzata alle Nazioni Unite, in cui si denunciano massacri e casi di tortura compiuti dall’esercito nel Dipartimento del Quiché.
    Per diversi anni, dal 1974, della Diocesi di Quiché è vescovo Juàn José GeraldiConedera.

    Il Vescovo
    Juàn José Girardi Conedera nasce nel 1922, secondo di quattro figli. Entra in seminario a 12 anni, compie studi di filosofia a Ciudad de Guatemala, ottenendo una borsa di studio che gli consentirà di studiare teologia presso il seminario diocesano di New Orleans (USA). Ordinato sacerdote nel 1946, sarà parroco nei distretti rurali di Mataquescuintla, Tecpàn, Patzicia, San Pedro Sacatéquez e Palencia, entrando in contatto con condizioni di vita estreme delle popolazioni contadine indigene. Le tappe della sua carriera ecclesiastica: Cancelliere della Curia, Provicario Generale; nel 1967, è eletto a Vescovo di Laverapaz, nella cui diocesi organizza corsi per catechisti, promuove l’organizzazione dei Delegati della Parola di Dio, e la Pastorale indigena, incoraggiando la liturgia in lingua Q’eqchì. Dal 1974 è vescovo di Quiché, nel cui Distretto, tra il 1980 ed il 1983, si registrano centinaia di vittime tra i catechisti ed i dirigenti delle comunità cristiane: circa il 90% delle vittime del conflitto nell’area erano civili, in maggioranza indigeni di etnia Maya. Nel 1980, in qualità di presidente della Conferenza Episcopale del Guatemala, compie il suo viaggio a Roma, in Vaticano. Al suo ritorno, gli viene negato il permesso di entrare nel proprio paese: dovrà trascorrere due anni in esilio in Costa Rica. Dal 1982 è vescovo ausiliario di Ciudad de Guatemala. Nel 1988 è delegato della Conferenza episcopale a rappresentare la Chiesa guatemalteca presso la Commissione nazionale per la Riconciliazione. Fonda l’Ufficio per i Diritti Umani dell’Arcivescovado. In tale contesto, dà vita al Progetto interdiocesano REMHI (Recuperaciòn de la Memoria Historica), raccogliendo testimonianze delle vittime e prove dei massacri avvenuti, dichiarando in proposito più volte che “La pace e la riconciliazione si potranno ottenere solo conoscendo la verità”.

    “All’indomani del conflitto, la pubblicazione dei nomi dei militari responsabili degli eccidi fu resa impossibile dall’amnistia che i militari stessi imposero in sede di mediazione tra ONU, guerriglia ed esercito” - dall’intervista di Francisco Goldman, scrittore statunitense-guatemalteco, autore de “L’arte dell’omicidio politico. Chi ha ucciso il vescovo?”, rilasciata alla TV USA Democracy Now in data 20 maggio 2011 - “Gerardi credeva che tale modo di nascondere la verità storica non sarebbe stato salutare per il Guatemala. Si rese conto che arrivare a ricostruire i fatti raggiungendo ogni comunità, era un compito che solo le parrocchie potevano svolgere. Preparò 700 persone, di umili origini, provenienti dalle chiese locali, perché andassero alle comunità, ai villaggi rurali isolati, in un’area dove si parlano 16 dialetti Maya differenti. Vincendo l’iniziale diffidenza di quelle genti verso gli estranei, dopo anni di ricerche sulle testimonianze, il 24 di aprile del 1998 pubblicava una relazione in quattro volumi, documentando oltre 400 dei 600 massacri di cui siamo a conoscenza, raccogliendo 53.000 nomi di vittime degli oltre 200.000 delle stime ufficiali, dimostrando che l’esercito era responsabile dell’80% dei crimini, la guerriglia del 5%. Identificò le unità dell’esercito responsabili e dichiarò che si sarebbe potuto cancellare l’amnistia, e che avrebbe messo la documentazione raccolta a disposizione delle famiglie delle vittime e delle autorità giudiziarie”. Due giorni dopo, il 26 aprile 1998, il vescovo era assassinato nel garage della sua abitazione.

    Il Presidente
    L’”Arte dell’omicidio politico”di Goldman costituisce il più grave atto pubblico di accusa nei confronti dell’attuale Presidente del Guatemala, di cui l’autore denuncia il ruolo attivo nell’assassinio del vescovo. Pubblicato nell’anno della prima campagna elettorale di Otto Pérez Molina (2007), durante le presidenziali – vittoriose, come si è accennato- del 2011, questi non ha mancato di apostrofare il Goldman quale agente prezzolato al servizio di altri candidati.
    In realtà, il libro elenca una serie di imbarazzanti e maldestre repliche del generale-presidente ai sospetti di una sua partecipazione al delitto, in un contesto di intimidazioni, minacce e persino uccisioni di potenziali testimoni.
    Dalla stessa intervista a Francisco Goldman, in merito alle indagini ed al processo per l’omicidio del Vescovo Gerardi: “Tutto sarebbe passato sotto silenzio, se non fosse stato per il coraggio di alcuni giovani, laici ma interni alla Chiesa, che tra loro scherzosamente si chiamavano “gli intoccabili”, e pochi avvocati messi a disposizione dalla Chiesa, che con il proprio lavoro di indagine trovarono i primi testimoni, e miracolosamente smantellarono la sentenza-farsa dei giudici di primo grado. In quel lasso di tempo, dieci persone che avevano rapporti con il caso in questione vennero assassinate, diversi giudici esiliati (…) Si arrivò ad una sentenza storica: per la prima volta un militare guatemalteco è riconosciuto colpevole per aver avuto un ruolo in un omicidio di Stato (ci si riferisce alla sentenza di condanna di tre militari ed un sacerdote per l’omicidio del Vescovo, nel settembre 2002..).
    “Ciò nonostante (ricordiamo che l’intervista è datata maggio 2011, a pochi mesi del trionfo elettorale del Generale..), Otto Pérez è in corsa per l’elezione.. e, interrogato, dichiarò di non conoscere il Capitano Lima (Byron Lima Estrada, uno dei tre militari condannati). Bene. Sappiamo dall’inchiesta organizzata dalla Commissione dell’ONU che il Capitano Lima ed Otto Pérezerano in contatto telefonico, mentre Lima era in carcere. Da tutto il Guatemala sono arrivate e-mail e lettere a testimoniare dei rapporti traOtto Pérez e Lima nell’arco di trenta anni. Successivamente Otto Pérez Molina dichiarò che la settimana dell’uccisione del vescovo Gerardi si trovava a Washington, e che il suo passaporto lo dimostrava. Poi un periodico guatemalteco dimostrò che, in quanto membro della Intelligence militare, Pérez Molina possedeva sette passaporti, confermando così lo scetticismo della Commissione di inchiesta ONU sul caso dell’omicidio del vescovo”. Al Capitano Lima si era arrivati in seguito ad alcune testimonianze, come quella di un passante, Ruben Chamax, che confermò la presenza di almeno tre ufficiali dell’esercito sulla scena del crimine. Lo scrittore riferisce anche di un colloquio con il Lima, che avrebbe chiamato in causa direttamente Otto Pérez Molina, presente al momento del delitto, e della testimonianza dell’agente dell’Intelligence spagnola RafaélGuillemòn, che dirigeva l’inchiesta per conto dell’ONU: “Otto Pérez era presente alla scena”

    …E un Papa.
    Benedetto XVI, alias Joseph Ratzinger. Brillante figura di teologo, docente e saggista. Cardinale; sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II, a capo della Congregazione per la Dottrina e per la Fede. Da tale, eccelsa sede, lancia i suoi attacchi contro una parte non indifferente della Chiesa Latinoamericana- la cosiddetta Teologia della Liberazione, e la sua Opzione preferenziale per i poveri, abbracciata nelle Conferenze Episcopali di Puebla e Medellìn dalla maggioranza dei vescovi dell’America Latina- riducendo al silenzio ossequioso quei teologi considerati troppo pericolosamente prossimi a posizioni marxiste. Eletto Pontefice il 19 aprile del 2005, l’11 febbraio del 2013 annuncia le sue dimissioni entro il 28 febbraio dello stesso anno, al termine di un breve pontificato funestato da scandali e polemiche.

    Uomo dichiaratamente stanco e deluso, gli toccherà, in data 16 febbraio 2013, ricevere nell’ultima udienza concessa ad un capo di Stato estero, il Generale Presidente Otto Pérez Fernando Molina, prossimo incriminato per Genocidio e Crimini contro l’Umanità. E per l’omicidio di un Vescovo.

    Viracocha

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