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Puniti i partiti dell'austerità e della corruzione. Avanti con la lotta

(27 Febbraio 2013)

Puniti i partiti dell’austerità e della corruzione
Cresce la protesta operaia e popolare
Il Partito comunista e il Fronte popolare sono un’urgente necessità!

Dalle elezioni emerge un dato incontestabile: è stata bocciata la politica di austerità dettata dall’oligarchia finanziaria e applicata negli ultimi anni dai governi Berlusconi e Monti.
La metà degli elettori ha detto basta a questa politica e ai suoi corrotti esecutori, rifiutando la truffa del “meno peggio” e del “voto utile”.
Le forme in cui si è espressa la protesta sono state molteplici. Milioni di sfruttati e di oppressi non si sono recati ai seggi elettorali (l’astensione è cresciuta in media del 5,5%, di più nelle zone operaie e nel meridione), hanno boicottato il voto (870 mila schede nulle e quasi 400 mila bianche), hanno espresso un voto contro le misure neoliberiste, la corruzione, i privilegi, la liquidazione dei diritti dei lavoratori, l’ingiustizia sociale, assieme alla volontà di voltare pagina. Dietro il clamoroso consenso alle liste di Grillo vi sono queste profonde ragioni.
Se dalle urne non è uscito un vero vincitore, c’è sicuramente un perdente: è l’“Agenda Monti” voluta da UE-BCE-FMI e appoggiata nell’essenziale da tutti i principali partiti. Questo programma antioperaio e antipopolare è uscito sonoramente sconfitto e delegittimato dalle elezioni. La sua riproposizione in qualsiasi forma deve essere rigettata.

Perdono voti tutti i principali partiti borghesi e riformisti

Il sistema politico della “seconda repubblica” è in decomposizione. Le forze politiche che hanno sostenuto i governi Berlusconi e Monti e le loro misure– tagli ai salari e alle spese sociali, controriforma pensioni, art. 18, Fiscal Compact, aumento delle tasse, missioni di guerra, etc. - hanno visto calare notevolmente i loro consensi, rispetto alle elezioni del 2008.
Il PdL di Berlusconi ha perso circa 6,3 milioni di voti (circa 16 punti percentuali alla Camera). Mantiene però un peso notevole e lo userà per cercare di salvare le sue aziende.
La Lega Nord, storica alleata di Berlusconi, ha preso poco più del 4% dei votanti, dimezzando i suoi consensi. Non è servita l’opposizione di facciata a Monti per risollevarsi dagli scandali.
Il fascista voltagabbana Fini è fuori dal Parlamento e non possiamo che rallegrarci.
La lista di Monti ha raccolto assai meno di quanto l’oligarchia finanziaria sperava, circa l’8% dei votanti; nel loro insieme i neocentristi sono attorno al 10,5%. E’ il fallimento di un progetto reazionario che mirava a condizionare gli altri schieramenti.
Insuccesso per i liberal-riformisti del PD che perdono più di 3,4 milioni di voti (circa 7,7 punti percentuali alla Camera). Assieme agli eco-liberisti di Vendola sono la prima coalizione alla Camera, ma non hanno maggioranza al Senato e non sono in grado di governare da soli.
Bersani è riuscito a perdere elezioni già vinte. Ciò acuirà le tensioni nel suo partito.
Quanto al carrozzone interclassista e giustizialista di Ingroia è fracassato senza raccogliere nemmeno un deputato. Ha pesato non solo la composizione delle liste infarcite di politicanti, ma soprattutto la sua ambiguità verso il PD e l’UE dei monopoli. Questa seconda catastrofe elettorale consecutiva per Rifondazione e Pdci è l’inevitabile sanzione per questi partiti opportunisti, che utilizzeranno il successo di Grillo per abbandonare qualsiasi richiamo al marxismo.

Un contenitore per il malcontento

E veniamo al boom di Grillo. Con il 25,6% dei votanti (primo partito alla Camera) il M5S ha calamitato gran parte del voto di protesta di settori sociali schiacciati dalla crisi capitalistica, giovani “senza futuro”, operai senza lavoro, impiegati impoveriti, lavoratori “autonomi”, settori di piccola e media borghesia.
Ha raccolto molta della rabbia e del malcontento esistente, senza però poter risolvere nessuna delle fondamentali questioni economiche e politiche attuali. Si tratta infatti di un movimento di tipo populista e interclassista, incapace di condurre una lotta organizzata contro il regime borghese e di fondare un nuovo Stato.
Nel programma del M5S non c’è nessuna rivendicazione operaia. Vi sono invece misure per aiutare padroni e padroncini che guardano con attenzione all’atteggiamento antisindacale di Grillo. Non dobbiamo inoltre dimenticare che il M5S è guidato da imprenditori in buoni rapporti con gli USA.
Grillo – che copre con fraseologia ad effetto una politica sostanzialmente social-liberista – è un fenomeno tipico dei momenti di crisi acuta e di sbandamento politico, che può trasformarsi in alcune condizioni in un pericolo per il movimento operaio.
Una cosa è certa: il movimento grillino, riflettendo ed esprimendo le oscillazioni, gli spostamenti e le aspirazioni di strati sociali instabili, alla confusa ricerca di un’alternativa, risentirà fortemente degli sviluppi della lotta di classe, che determinerà sicuramente conflitti al suo interno.
Bisognerà dunque lavorare per neutralizzare le spinte reazionarie, smascherando l’inganno grillista e vedere se è possibile recuperare alcuni settori del M5S per determinati obiettivi, all’interno di un’alleanza in cui la classe operaia abbia la direzione politica.

Bipolarismo incrinato, Parlamento meno ubbidiente

Le elezioni hanno determinato importanti conseguenze. In primo luogo, il bipolarismo, sistema politico voluto dalla classe dominante per realizzare i suoi obiettivi, è saltato. Si sono creati tre blocchi principali, più un polo neocentrista, e con ciò si è determinata una frattura profonda in quella “democrazia dell’alternanza” con cui è stato ingabbiato per decenni il proletariato.
In secondo luogo, il prossimo Parlamento sarà più frammentato e meno disposto a essere usato come un votificio per proseguire a ranghi serrati nella politica dei sacrifici e della guerra.
Allo stesso tempo, essendo saltati i vecchi equilibri, si svilupperà una maggiore opposizione fuori dal Parlamento, nelle piazze e nelle fabbriche, dove si situerà sempre più il baricentro della lotta politica.
La borghesia imperialista cercherà di correre ai ripari dando impulso – a colpi di spread, ricatti e ingerenze – al processo di trasformazione reazionaria dello Stato, spingendo verso una Repubblica presidenziale. Bisogna opporsi fin da subito a questo progetto, così come è necessario lottare uniti contro la repressione e la criminalizzazione della protesta sociale.

Nuovo governo o nuove elezioni?

I risultati elettorali obbligano il PD a cercare un’intesa, per costruire una maggioranza al Senato. Bersani ha affermato di voler aprire un confronto per un governo “di cambiamento” per riforme politico-istituzionali. Punta all’accordo con Grillo, che si dichiara disposto a valutare legge per legge. Ma è anche possibile che sotto la spinta dei “mercati finanziari” che richiedono “stabilità” si ricomponga una “grande colazione” o un “governo del Presidente”.
Una cosa è chiara: qualsiasi governo che vorrà gettare fumo negli occhi per continuare con la stessa politica di prima in nome del “rispetto degli impegni europei” se la dovrà vedere con la classe operaia e le masse popolari, sempre meno disposte a subire mazzate e per nulla rassegnate.
Lo scontro politico si intensificherà, in uno scenario che vede i lavoratori lanciarsi di nuovo nelle strade in molti paesi europei (Spagna, Grecia, Bulgaria…). Nuove elezioni potrebbero approfondire la crisi del sistema politico attuale.

Rilanciare l’iniziativa delle masse operaie e l’unità dei comunisti per il Partito

Il voto ha riflettuto una maggiore resistenza alle politiche imperialiste e una tendenza alla rottura col sistema attuale. Permangono ovviamente molte illusioni piccolo-borghesi e democraticiste, ma questa situazione apre obiettivamente spazi alla ripresa operaia e popolare.
La crisi di consenso del sistema borghese procede assieme a quella economica, ma potrà avere uno sbocco positivo solo con lo sviluppo della lotta rivoluzionaria e dell’organizzazione di classe.
Ci attende un periodo di instabilità politica e di inasprimento della situazione economica. In questa situazione guai a lasciarsi paralizzare dai liberal-riformisti, che faranno di tutto per ostacolare e dividere le lotte, bloccare l’iniziativa delle masse attraverso la burocrazia sindacale.
I lavoratori devono provvedere alla loro difesa preparandosi a lottare su un fronte unico senza e contro i capi collaborazionisti, forgiando propri organismi di massa (Comitati e Consigli). Di fonte all’offensiva capitalista, che proseguirà, urge l’unità rivoluzionaria di tutte le forze del proletariato e sulla sua base la più ampia unità popolare, per rovesciare la crisi sulle spalle dei padroni e dei parassiti, per rifiutarsi di pagare la crisi e il debito, rompere definitivamente col neoliberismo e col sistema capitalistico che lo produce.
Nell’immediato è necessaria una piattaforma politica, un minimo comune denominatore, che sia elemento unificante e propulsore della lotta di classe, a cominciare dal blocco dei licenziamenti.
Va costruita una forza organizzata, un Fronte popolare contro l’offensiva capitalista, la reazione politica e le minacce di guerra, per l’uscita dall’UE, dall’euro e dalla Nato, che rilanci la mobilitazione di massa e apra la strada a un governo degli operai e degli altri lavoratori fruttati. E’ un’esigenza urgente!
Per sviluppare questa politica e mettersi alla testa delle lotte contro il prossimo governo borghese e le posizioni opportuniste e populiste, per preparare lotte di massa rivoluzionarie decisive, i comunisti e gli elementi di avanguardia del proletariato devono separarsi definitivamente dagli opportunisti e dai revisionisti e unirsi in Partito comunista. In tal modo si darà una guida rivoluzionaria al proletariato del nostro paese. E’ ora di compiere passi risoluti in questa direzione. Ogni ritardo, ogni settarismo, ogni conciliatorismo, devono essere battuti!
Non facciamoci trovare impreparati, la crisi avanza e gli avvenimenti incalzano. La battaglia si svolgerà e si vincerà fuori dalle aule parlamentari, nel mare agitato della lotta di classe dove è indispensabile la bussola del marxismo-leninismo.

26.2.2013

Piattaforma Comunista

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