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Il teatro di Marcello

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(25 Giugno 2010) Enzo Apicella
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PRIMA DELLA RIVOLUZIONE.

(1 Marzo 2013)

La marcia contraddittoria verso il bipolarismo, unita alle lungaggini intorno alla riforma della legge elettorale, sono alla base delle attuali fibrillazioni politico-elettorali.
Il rischio di un ripetersi continuo del governo delle larghe intese, o “di scopo”, su dettatura europea, dopo che lo stesso ha prodotto il terremoto elettorale, è piu’ che presente.
La paura trasversale a tutti i partiti scornati da una nuova avanzata dell’euroscettico Grillo detta la linea generale a tentare di evitare un nuovo voto nei prossimi mesi.
Questo istinto di sopravvivenza di P.D.-P.D.L., unito all’elezione del presidente della repubblica ed a quella del S.Padre, potrebbe determinare una strana (ma già vista!) alleanza tra i due litiganti Bersani-Berlusconi.
D’altra parte, al di la delle solite promesse condite con la spettacolarizzazione personalistico-mediatica ormai “patrimonio” del nuovo linguaggio politico, la linea dell’austerity e del rigore contro il debito pubblico non è eludibile all’interno delle compatibilità capitaliste, pena un possibile incrudimento del commissariamento diretto da parte europea della governance nazionale.
Un’ipotesi, quella del commissariamento diretto, piu’ che plausibile a giudicare i riflessi immediatamente negativi di investitori e mercati all’annuncio di una nuova stagione politicamente instabile in Italia.
E’ su questo possibile intervento diretto europeo in Italia, con annesse crudeltà diffuse contro il proletariato, che si gioca la possibilità di intervento rivoluzionario dentro questo nuovo frangente di crisi.
In sostanza, è possibile che, di fronte al “rifiuto” dei sacrifici variamente dimostrato dall’elettorato, il tentativo di imporre comunque l’amara medicina europea, produca qualcosa di piu’ di uno sfogo nell’urna o di un mugugno individuale.
E li, in quel “qualcosa in piu’”, dovrà esserci puntuale ed organizzata, la presenza dell’antagonismo politico e sociale ad indirizzare verso la fuoriuscita di sistema eventuali, probabili, mobilitazioni e moti di piazza.
Certo, questa non è l’unica ipotesi sul tappeto, né è di facile praticabilità, anche se dei segnali incoraggianti, dal punto di vista della nostra convenienza politica, ci sono.
Innanzitutto, e nonostante il deterrente antiastensionista dei recuperatori di sistema Grillo e Ingoia, il non voto è aumentato dappertutto, con punte significative nelle metropoli del nord ma anche del centro e del sud.

Si che ce l’avevano messa tutta, e tutti, nel tentativo di far diventare “interessanti”, “importanti”, “decisive” queste elezioni per “battere la destra”, o “recuperare l’i.m.u.”, o “mandarli tutti a casa”, o “imporre la legalità”, o “proseguire l’opera di Monti” etc etc.
Hanno cercato di sfruttare armi ed argomenti vecchi e nuovi, dal “pericolo fascista” alla strumentalizzazione dei movimenti local-ambientalisti, dalla “lotta alla casta” a quella “per il diritto”.
Hanno utilizzato di tutto, da comici veri a quelli improvvisati, cantanti, attori, guitti e profittatori.
Non è servito a fermare l’avanzata dell’astensionismo di massa, né tantomeno a produrre un nuovo governo stabile.
E’ chiaro che, non essendo l’astensionismo sommabile ad alcun “voto di protesta” cosi’ come viene erroneamente fatto, la critica e la sfiducia, pur essendo diffusa, non raggiunge ancora i livelli necessari alla disdetta di classe di qualsiasi appartenenza alla “società civile” storicamente determinata.
Insomma, astensione non vuol dir rivoluzione, e nemmeno automaticamente lotta o organizzazione, ma è un buon inizio.
Su cui lavorare, con un occhio vigile alle possibili, prossime precipitazioni politiche sociali.

combat

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