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Violenza sulle donne

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(30 Aprile 2012) Enzo Apicella

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Aborto: l'obiezione di coscienza può essere disciplinata

(7 Marzo 2013)

Napoli, il ginecologo non obiettore del Policlinico Federico II muore: impossibile praticare interruzioni di gravidanza per due settimane. Bari, va in ferie l'unico medico non obiettore: sospesa la somministrazione della RU486 e disattivato il numero verde per le informazioni e la prenotazione di visite. ...

Cronache dagli ospedali di tutta Italia, cronache di palese violazione della Legge 194. Le stanno raccogliendo due ricercatrici Valeria Galanti (dottoranda all’Imt Institute for Advanced Studies di Lucca) ed Emanuela Borzacchiello (dottoranda all’università Compluense de Madrid)che portano avanti un interessante studio sul configgere, almeno in apparenza, dei due diritti in gioco: quello dei medici all’obiezione di coscienza e la scelte libera e responsabile (il più delle volte, molto sofferta) delle donne di ricorrere all’aborto.

«In Italia i medici non obiettori sono ormai pochissimi e, a giudicare dai dati del Ministero della Salute, sono in via d’estinzione» scrivono Galanti e Borzacchiello. I ginecologi obiettori sono passati dal 58,7% nel 2005, al 70,5% nel 2007, e arrivano al 70,7% nel 2009, stabilizzandosi intorno a questa quota negli anni successivi e raggiungendo picchi dell’80% nelle regioni meridionali. «Ancora più allarmanti i dati relativi agli ospedali pubblici, la Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’Applicazione della Legge 194/78) denuncia che, nel Lazio, i ginecologi obiettori sono ormai oltre il 91%» proseguono le ricercatrici.

E, per festa delle donne, la Laiga (Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194) torna a ribadire l’urgenza con un convegno nazionale a Roma, l’8 e il 9 marzo nell’ l’Aula Magna dell’Ospedale Forlanini. Due giorni di confronto e dibattito scientifico, ma anche due giorni per ritrovarsi insieme e discutere delle difficili condizioni di lavoro per tutti coloro che, pur essendo professionisti di altissima specializzazione, devono fare i conti ogni giorno con ostilità ideologiche e professionali, ostacoli burocratici, tagli per la «spending review» . Da questo convegno verranno fuori le richieste e le proposte che LAIGA porterà sul tavolo del nuovo Ministro della Salute e degli Assessori regionali, per la piena applicazione della legge e per la tutela della salute riproduttiva.

Il 9 marzo, anche a Milano si parlerà «cosa vogliono le donne» dalla 194. Si intitola proprio così il convegno in programma alle 14 nella sala dell’Acquario Civico che ha alcune e semplici parole chiavi. La prima è “rispetto”: dell’embrione, ma anche della donna e delle sue esigenze. La seconda è informazione: la 194 la prevede, eppure i consultori sono stati ridimensionati e in alcuni casi ridotti a ambulatorio ostetrico-ginecologico. Ma soprattutto, le donne italiane hanno poca scelta: in molti ospedali (dal Nord al Sud) non si può ancora scegliere fra aborto farmacologico e chirurgico. Infine, la terza parola chiave è “sicurezza”: l’aggiornamento professionale degli operatori è fondamentale per garantire la salute delle donne.

Ma come conciliare i diritti? La parola torna alle due ricercatrici. «L’obiezione di coscienza non deve rendere, di fatto, inapplicabile la 194. Anche il Comitato nazionale di Bioetica – ricordano Valeria Galanti ed Emanuela Borzacchiello - riconosce che l’interruzione di gravidanza debba essere sempre e comunque garantita come un diritto fondamentale alla salute psichica e fisica della donna».

Insomma, «l’obiezione di coscienza deve essere disciplinata» per evitare che, come accaduto a Bari, quando l’unico medico non obiettore va in ferie il servizio sia sospeso. Ma anche per evitare che i pochi non obiettori si riducano solo alle interruzioni di gravidanza.
«La soluzione proposta e condivisa da tutte le istituzioni è semplice: bisogna organizzarsi meglio, in modo che la libertà degli uni finisca dove inizia quella degli altri. Si tratta di promuovere una cultura del bilanciamento dei diritti fondamentali – che non ha niente a che vedere con il relativismo – in verità già solidamente stabilita sia a livello nazionale che sovranazionale.

Eppure, su questo tema l’Italia adotta la resistenza passiva, non agisce, mescola le carte, non prende una posizione, o meglio, ne prende troppe. «La legge 194 non prevede misure concrete per trovare un equilibrio fra tutti i diritti in gioco e ha bisogno di essere integrata. Il persistere di questa situazione – aggiungono - potrebbe anche configurare la possibilità di denunce di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione dell’articolo 8, diritto al rispetto della vita privata e familiare, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, come già successo ad altri paesi membri. C’è da chiedersi per quanto tempo ancora l’Italia continuerà ad ignorare le proprie responsabilità…».

Carlotta De Leo, La 27esima ora

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