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Acque radioattive smaltite in mare. L'ultima trovata di menti criminali

(13 Marzo 2013)

mentcrimrad

Il 9 gennaio scorso in un’intervista a “Greenreport” il comandante del CISAM di San Piero a Grado, ammiraglio Domenico De Bernardo, comunica che 750mila litri di acqua contaminata da sostanze radioattive verranno sversati nel canale dei Navicelli.

Si tratta dell’acqua che veniva usata per il raffreddamento del combustibile del reattore nucleare del CISAM, attivo dal 1963 al 1980 e attualmente in dismissione.

De Bernardo assicura che prima dello sversamento le acque verrebbero “depurate”, mantenendo comunque in tutto il processo livelli di radioattività sempre al di sotto dei limiti di legge

I fanghi residui (circa il 3%, quindi una ventina di tonnellate), saranno incapsulati nel cemento e immagazzinati all’interno del CISAM, in pineta, così come altri trenta bidoni di materiali di risulta della piscina.

L’intervista viene ripresa dalla stampa locale e suscita comprensibili preoccupazioni a Pisa, dove Legambiente obietta che “l’acqua del canale è stagnante, non ha un flusso e gli sversamenti potrebbero depositarsi sul fondo”.

L’Amministrazione comunale di Pisa risponde che “per gli abitanti di Porta a Mare non sussiste alcun pericolo in quanto il canale ha una sua corrente. In caso di pioggia l’acqua del canale scorre diretta verso il mare. Nei periodi in cui non ci sono queste condizioni, l’acqua del canale procede in modo rallentato ma continuo verso il mare. Inoltre, l’immissione delle acque trattate della ex piscina del reattore vengono inserite nel canale nella zona di Camp Darby, quindi lontano da Porta a Mare”.

In sintesi, il Comune di Pisa non si prende neanche la briga di spiegare che le acque del CISAM sono innocue, ma si limita a rispondere che per i pisani non ci sono problemi perché queste dai Navicelli finiranno nello Scolmatore e poi in mare, dalle parti di Livorno.

A questo punto era normale aspettarsi qualche segno di vita delle amministrazioni comunale e provinciale di Livorno, almeno i classici comunicati prestampati secondo cui la vicenda è seguita attentamente, non c’è alcun rischio per la popolazione e tutto è sotto controllo.

Invece, a tutt’oggi, da parte delle istituzioni locali della nostra città, encefalogramma piatto.

La stampa ha riportato gli interventi di alcune forze politiche, il disappunto di un gruppo di canottieri che si allena nello Scolmatore, il solito comunicato provocatorio di Vertenza Livorno, poi la vicenda è del tutto scomparsa dalle cronache.

Incredibile, perché le preoccupazioni per l’operazione sono del tutto giustificate considerata la leggerezza con cui dalle nostre parti si trattano tutte le questioni ambientali e l’assoluta mancanza di trasparenza che la natura militare del CISAM comporta.

Il CAMEN-CRESAM-CISAM

Ma che cos’è il CISAM? CISAM (Centro Interforze Studi Applicazioni Militari) è l’attuale denominazione di una struttura creata nel 1956 nell’ambito dell’Accademia Navale di Livorno con il nome CAMEN (Centro applicazioni militari energia nucleare), con il compito di effettuare ricerche sulla propulsione nucleare di sommergibili e portaerei. La struttura si trasferisce nel 1961 nell’attuale sede di San Piero a Grado, nei paraggi di Camp Darby, dove tuttora occupa 470 ettari di pineta (1).

Nel 1963 viene inaugurato il reattore nucleare del Centro, chiamato pretenziosamente “Galileo Galilei”.

Che tipo di ricerche venivano svolte? Ad esempio, come risulta da un documento ufficiale del 1973, “sulla possibilità di impiego di plutonio in sostituzione di uranio 235 nei reattori nucleari termici”.

In un tripudio di megalomania, si cerca perfino di progettare la bomba atomica italiana.

Poi il progetto viene abbandonato, il reattore viene spento e il CAMEN diventa CRESAM (Centro ricerche esperienze studi applicazioni militari).

Nel 1981 con la scoperta delle liste di Licio Gelli si viene a sapere che il Centro era stato diretto per anni da un ammiraglio e da alti ufficiali aderenti alla P2(2).

Nel 1994 il CRESAM assume l’attuale denominazione di CISAM, e la sua principale attività, come la definisce un ex direttore, è quella di “spazzini del nucleare”.

Già nel 2002 alcuni cittadini presentavano un esposto dove denunciavano a presenza di un vero e proprio cimitero radioattivo nel bel mezzo di un’area protetta.

Secondo un esposto successivo “più di cento bidoni sono stati abbandonati per anni all’aperto. Contengono scorie e rifiuti radioattivi. Con il tempo i contenitori si sono deteriorati. Alcuni sono arrugginiti, altri hannoevidenti fori con la possibilità che parte del materiale sia uscito.Tempo fa sono stati spostati in un’altra zona della base. Un’operazione che è avvenuta senza la minima prevenzione”.

La Procura accerta la presenza di questi materiali, che secondo le stime dell’Enea, dell’Anpa, dell’Enele dell’Unione europea ammonterebbero a circa 700 metri cubi.

Non ci sono solo le scorie del vecchio reattore, ma anche materiali provenienti da fuori: come ad esempio alcuni contrappesi all’uranio impoverito usati per le eliche degli elicotteri, mandati a San Piero da La Spezia.

Nel 2004 alcuni parlamentari presentano un’interrogazione sul CISAM ma il governo si trincera dietro il segreto militare, per cui non vengono chiarite le modalità di stoccaggio e di trattamento.

Anche sulle voci di vari incidenti non è mai stata fatta piena luce. Ma per dare un’idea, l’onorevole Niccolai descriveva così al Ministro della Difesa Gui un’operazione di smaltimento avvenuta alla fine degli anni ‘60: “Armati di martello, con la più fanciullesca, incredibile imperizia, un maggiore di fanteria e i suoi uomini hanno effettuato l’operazione, a petto nudo, senza guanti né tuta. Il risultato è che tutti rimangono contaminati, primo fra tutti il capo del laboratorio radio-protezioni. Se il capo è questo, lei può immaginare, signor ministro, il resto”.

Alla luce di quanto abbiamo raccontato, di perplessità sull’operazione “acqua radioattiva” ce ne sono a bizzeffe.

La prima questione sono “i limiti di legge” per la radioattività sotto i quali rimarrebbero le acque da depurare e smaltire nei Navicelli. Come rileva Legambiente di Pisa, “la parola smaltire è ingannevole. Non esiste alcun processo fisico o chimico che possa far perdere ai radionuclidi la proprietà di emettere quelle particelle ionizzanti che ne costituiscono il pericolo per la salute e per l’ambiente”. E come si legge perfino su Wikipedia, i limiti di legge non corrispondono a un’assenza di pericolo ma a conseguenze considerate accettabili compatibilmente con gli interessi economici prevalenti.

La recente trasmissione Presa Diretta che si è occupata delle conseguenze devastanti sulla popolazione sarda per gli esperimenti nel poligono di Quirra, ha spiegato come gli alti gradi militari imputati al processo si siano difesi proprio dicendo che le procedure di legge e i limiti di legge siano stati rispettati, e se la gente si è ammalata la responsabilità è di chi ha stabilito tali limiti e tali procedure.

C’è un altro elemento da considerare e cioè la superficialità e il disinteresse di quelle istituzioni che dovrebbero vigilare su questioni di interesse ambientale. Prendiamo ad esempio l’ARPAT, che nel caso dei bidoni tossici della Grimaldi ha aspettato 40 giorni prima di effettuare le analisi sui bidoni rimasti a bordo del cargo Venezia, per cui solo con molto ritardo è stato possibile appurare la vera natura delle sostanze disperse in mare.

Infine, come ha scritto giustamente Mauro Zucchelli sul Tirreno, “come ben sa qualunque imprenditore con una attività che produca qualsiasi tipo di rifiuto, difficilmente potrebbe essere accettabile come modalità di smaltimento la diluizione in acqua, foss’anche in dosi omeopatiche. Non dovrà essere così perché non sono queste le regole che devono seguire perfino piccole attività artigianali come una carrozzeria, un laboratorio o qualcosa del genere, al punto che sono previste multe salatissime anche solo e soltanto per irregolarità puramente burocratico-amministrative”.

Ancora una volta quindi non c’è da fidarsi, e sarà bene che i cittadini livornesi e le associazioni ambientaliste si facciano sentire prima di trovarci di fronte all’ennesimo disastro.

1. Le informazioni contenute in questo articolo sono tratte da”Nucleare militare, un segreto italiano”, di Gianni Lannes.

2. Uno di questi è Pino Aleffi, ex deputato di Forza Italia, che si è candidato nel 2006 nell’Italia di Valori ma non è stato eletto. Curioso, proprio nel partito della legalità e delle manette

tratto da Senza Soste n.79 (attualmente in distribuzione)

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