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Saggi turchi per la questione kurda

(4 Aprile 2013)

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I saggi vanno di moda anche in Turchia. Il governo Erdogan, impegnato nella trattativa sulla questione kurda coi buoni uffici di Abdullah Öcalan, risponde con quest’iniziativa a effetto alla lettera-proclama divulgata dal prigioniero eccellente in occasione del Newroz. L’intento è coinvolgere l’opinione pubblica turca tramite personalità celebri: artisti, intellettuali, accademici che aderiscono alla task force di supporto agli accordi. E gli attori Kadir Inanir, Lale Mansur, Ylmaz Erdohan, Hülya Koçyigit più il musicista Orhan Gencebay dovrebbero risultare ottimi testimonial. Una polemica è subito sorta in merito ai nominativi scelti: 51 uomini e solo 12 donne. Organizzazioni femminili hanno fatto notare che sarebbe stato più utile alla causa avere almeno un 50% di donne e hanno lanciato la palla agli uomini inseriti in lista chiedendo loro cosa pensano della vicenda. Il premier in persona ha garantito di tenere in grande considerazione i suggerimenti dei membri di questa speciale commissione che organizzerà incontri e momenti di cultura con la cittadinanza su base regionale.

Erdogan l’ha definita “operazione psicologica” che può respingere rigurgiti nazionalisti contro le minoranze, i peggiori effetti d’un kemalismo d’altri tempi. Riferimenti quasi espliciti rivolti ai settori più retrivi del militarismo golpista, di quello fascista modello ‘Lupi grigi’ e dei settori deviati dei Servizi, sospettati (ma non dal premier) anche per il pluriomicidio parigino delle tre attiviste kurde Cansiz, Dogan, Söylemez. Alcuni nomi noti dell’elenco - l’accademico Vergin, i giornalisti Gülerce e Akyol, la cantante pop Aksu - hanno rifiutato l’offerta governativa, mentre il professor Oran, che si presentò come indipendente socialdemocratico, ha dichiarato alla stampa di non essere semplicemente stato interpellato. Il leader dell’Unione dei lavoratori Rivoluzionari Erol Ekici ha smentito di partecipare al gruppo, dichiarando “Ho letto il mio nome sui giornali e ho declinato l’invito”. Altri che hanno egualmente appreso a mezzo stampa della loro presenza sono rimasti stupiti, sostenendo di attendere l’odierno primo incontro nello storico palazzo Dolmabahçe per esprimere pareri adeguati.

Comunque qualcuno - Cemal Ussak della Fondazione dei giornalisti e scrittori - ha rivolto parole di speranza per un impegno di pacificazione del Paese. C’è già chi s’interroga sui costi dell’operazione-immagine che porterà i membri della commissione in giro per sette macroregioni (Mediterranea, Est, Sud-est, Egea, Anatolia centrale, Marmara, Mar Nero). E fra chi storce il naso giunge qualche battuta polemica: il portavoce repubblicano ha chiosato che alcuni dei saggi non meritano quell’attributo. Più pesante la valutazione dei nazionalisti pronti a definire il gruppo “un team delle burle e degli inganni”. Mentre la macchina erdoganiana della saggezza compie i primi passi Öcalan ha ricevuto una visita a sorpresa di tre parlamentari del Partito della Pace e Democrazia. Tramite loro ha fatto sapere ai compagni di Qandil che questo tentativo di accordo si sta sviluppando su basi serie. Seppure nel diffuso ottimismo c’è chi vuol procedere coi piedi di piombo.

In un’intervista a Nuçe Tv Camil Bayik per il Consiglio delle Comunità Kurde (Knk) ha evidenziato come la lettura del messaggio di Öcalan non dev’essere sminuita alla semplice rinuncia alla guerriglia. Essa è un gesto di buona volontà che cerca un’ampia soluzione politico-democratica del tema kurdo. Però i passi devono essere reciproci e il governo turco è atteso a elencare le proprie concessioni. A cominciare da quella di consentire al leader incarcerato d’interagire coi suoi colleghi per sostenere al meglio le trattative. “Öcalan - afferma Bayik - ha bisogno di tenere colloqui col Bdp, il Pkk, le formazioni democratiche e socialiste, gli aleviti, gli armeni, gli oppressi e le donne che affrontano tutti problemi di democrazia, libertà e ostacoli a esprimere loro stessi”. Comunque anche lui ha evidenziato l’importanza dell’iniziativa che non deve rischiare il fallimento pena una ricaduta nel periodo buio d’un conflitto senza vie d’uscita.

4 aprile 2013

Enrico Campofreda

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