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Gli Industrial Workers of the World e la lotta di classe negli Stati Uniti

(12 Aprile 2013)

bigbill

Big Bill Haywood

La storia del movimento operaio novecentesco è ricca di esperienze che hanno contribuito a trasformare il quadro dei rapporti sociali e a modellare le organizzazioni di cui la classe lavoratrice si è storicamente dotata per difendere i propri interessi. Alcune di esse sono state in grado di rivelare fino in fondo la forza che è in grado di esprimere il proletariato organizzato; altre lo hanno fatto solo parzialmente; altre ancora si sono concluse con tragiche sconfitte che hanno segnato intere generazioni di attivisti politici e sindacali.

Tutte insieme vanno a comporre un patrimonio storico di straordinario valore formativo. La vicenda che vede protagonisti gli Industrial Workers of the World (IWW) ne è parte integrante, come dimostra l’interesse che questa continua a suscitare non solo fra gli attivisti di sinistra, com’è naturale che sia, ma anche tra le fila di storici e romanzieri interessati a mettere in luce le doti di coraggio e abnegazione di militanti impegnati a costruire la loro organizzazione in un contesto ostile e carico di violenza.

Gli IWW nacquero a Chicago nel giugno del 1905. Pochi mesi prima nella lontana Russia era esploso il movimento di protesta che avrebbe generato la prima rivoluzione russa. Se l’importanza della “prova generale”, come la definì Lenin, per la Russia fu da subito evidente, anche l’altro “tentativo”, quello del proletariato americano, darà il via ad una serie di avvenimenti dai quali la società statunitense non poté mai più tornare indietro. La connessione esistente fra i due eventi verrà colta brillantemente da uno dei dirigenti wooblies più importanti, Big Bill Haywood. Nel suo intervento al congresso fondativo, disse che sperava di vedere il nuovo movimento “crescere in questo paese fino ad arrivare a comprendere la grande maggioranza dei lavoratori: anche qui i lavoratori insorgeranno in rivolta contro il sistema capitalista come la classe lavoratrice sta facendo in Russia oggi”.


Alla prima convenzione di Chicago parteciparono 186 delegati in rappresentanza di alcune decine di migliaia di iscritti. Due sole erano le organizzazioni di massa presenti ufficialmente: la Western Federation of Miners (WFM), forte di 27.000 iscritti e l’American Labor Union (ALU), che contava 16.500 aderenti. La dirigenza della federazione dei minatori era composta in larga parte da socialisti che rifiutavano l’approccio riformista dell’ American Federation of Labor (AFL) di Samuel Gompers, la più grande federazione sindacale statunitense dell’epoca. Oltre ai militanti del Socialist Party of America (SPA), erano presenti a Chicago anche quelli dell’altra formazione politica d’ispirazione socialista: il Socialist Labor Party (SLP), guidato da Daniel De Leon. Composti entrambi da poche migliaia di militanti, non riuscirono ma a giocare un ruolo da protagonisti nello scenario politico americano.

Il congresso fondativo degli IWW, oltre a ribadire la validità dell’Industrial Union Manifesto votato nella conferenza preliminare di gennaio, adottò un preambolo nel quale si ribadiva il carattere rivoluzionario dell’organizzazione. Affermava il testo: “La classe operaia e la classe dei datori di lavoro non hanno niente in comune. Non vi può essere pace fino a quando fame e bisogno sono presenti tra milioni di operai ed i pochi che costituiscono la classe dei datori di lavoro godono di tutti i beni della vita. Tra queste due classi la lotta deve necessariamente continuare, finché tutti gli operai non si uniscano in campo politico come in campo industriale e prendano e mantengano possesso di quello che producono con il loro lavoro, attraverso un’organizzazione economica della classe operaia senza affiliazione ad alcun partito politico”.



Il preambolo esplicitava il fine, la rivoluzione, e il mezzo per raggiungerlo, un’unica organizzazione economica della classe operaia. La battaglia per la costruzione di una struttura capace di superare barriere corporative, linguistiche e culturali contraddistinguerà la storia degli IWW fino alla loro uscita di scena, avvenuta negli anni venti. Essa affondava le radici in quei processi materiali che stavano andando a modificare strutturalmente il sistema industriale americano. La formazione dei grandi monopoli industriali nel nord-est e l’introduzione del taylorismo rendevano effettivamente insensate le vecchie divisioni di mestiere. All’interno del settore più avanzato della classe operaia americana questa percezione iniziava ad affacciarsi con forza. Gli stessi burocrati dell’Afl dovranno presto porsi il problema di come coordinare la rappresentanza sindacale di lavoratori di fatto appartenenti allo stesso ramo industriale. Nonostante queste premesse favorevoli, gli wooblies non riuscirono mai a penetrare nelle grandi concentrazioni industriali delle zone più sviluppate del paese. Questo risultato negativo, che plasmerà il profilo politico dell’organizzazione, fu il prodotto di una serie di fattori differenti. Sicuramente la lotta spietata condotta dai padroni per impedire la penetrazione del nuovo sindacato nelle grandi industrie fu uno di essi. La borghesia poteva disporre di pulpiti e giornali, spie ed assassini, carceri e tribunali. Ma questo non basta a spiegare il fallimento politico dell’operazione.


La tendenza a sottovalutare il ruolo della teoria rivoluzionaria portò, nel caso degli IWW, ad un’incomprensione di fondo dei processi che muovono l’azione della classe operaia. Come affermava Lenin: “senza teoria rivoluzionaria, non vi può essere movimento rivoluzionario”. Il radicamento del partito bolscevico nei grandi bastioni operai di San Pietroburgo fu il prodotto di un paziente e prolungato intervento basato sulle idee fondamentali elaborate da Marx ed Engels. La massima flessibilità tattica si accompagnava nei bolscevichi ad un grande rigore teorico. Il contrario di ciò che avveniva all’interno dell’ IWW, dove ad un sostanziale settarismo nei confronti delle altre organizzazioni operaie, si affiancava uno spirito eccessivamente semplificatore. Il loro tentativo di essere allo stesso tempo un partito rivoluzionario e un’organizzazione di tutti i lavoratori si rivelerà pura utopia. A compiti diversi, corrispondono strumenti diversi. Questo fu uno dei grandi contributi teorici apportati dal bolscevismo al movimento operaio. Gli wooblies non lo capirono mai.



Emarginati nell’industrializzato est, sotto la guida del carismatico Vincent St. John, gli unionisti si rivolsero apertamente al giovane proletariato che emigrava ad ovest. Composto prevalentemente da lavoratori giornalieri senza nessuna qualifica professionale, questo costituiva il settore più sfruttato della classe operaia americana. All’Ovest il peso della tradizione della “frontiera” si faceva sentire anche all’interno del conflitto di classe, contribuendo a modellare la mentalità di entrambe le parti in lotta. La mancanza di un apparato statale aveva contribuito alla nascita di una vera e propria cultura delle armi e della violenza. I conflitti guidati dall’IWW diventeranno in questo periodo i più violenti della storia del mondo capitalistico sviluppato. Fu in questo contesto che nacquero le teorie dell’azione diretta e del sabotaggio industriale. Quest’ultimo si poneva apertamente il fine di arrivare alla distruzione violenta della proprietà privata, una misura che si presupponeva giustificata dalla situazione di guerra scatenata dai padroni contro i lavoratori. Come gli anarchici, gli IWW arrivarono a sviluppare la teoria che la rivoluzione potesse ignorare la politica e la natura borghese dello stato, convinti che un’ escalation delle mobilitazioni potesse sfociare, quasi ineluttabilmente, nella rivoluzione proletaria.


L’ingresso degli Stati Uniti nel primo conflitto mondiale rappresentò il punto di svolta nella vita degli IWW. Il restringimento degli spazi democratici significò per loro arresti, torture ed uccisioni. Lo stato borghese, che gli IWW avevano pensato di poter ignorare, manifestava ora il suo volto più spietato. Essi furono costretti a ritirarsi sulla difensiva, più impegnati a difendersi nelle aule dei tribunali che ad organizzare nuove lotte. Fu proprio in questo momento che emerse la debolezza di una elaborazione politica tutta basata sull’ idea dell’ attacco continuo, dello scontro ultimativo. Nel momento decisivo i dirigenti non furono in grado di elaborare una strategia diversa da quella utilizzata negli anni dell’ascesa delle lotte. Il non aver formato quadri in grado di orientarsi in contesti differenti, l’aver sovrapposto compiti sindacali e compiti politici, il non esser stati in grado di modellare la propaganda e l’agitazione sulla base del nuovo contesto si riveleranno fatali. La realtà s’incaricherà proprio in quegli anni cruciali di emettere sentenze inappellabili su queste ed altre questioni sulle quali il movimento operaio si era per anni diviso. I bolscevichi, non casualmente, giungeranno al potere proprio nel momento in cui dappertutto andrà ad eclissarsi la parabola dell’anarco-sindacalismo. Lo faranno grazie alla correttezza delle loro analisi teoriche sui processi sociali, sul ruolo del partito e sul rapporto che lega questo alle masse.


La rivoluzione scoppiata nel 1917 susciterà enorme entusiasmo anche fra i militanti e i dirigenti dell’organizzazione. Alcuni, come Haywood, abbracciarono le idee dei bolscevichi e aderirono al movimento comunista internazionale. La maggior parte di essi prese però un’altra via. Come scrisse James Cannon, ex-membro degli IWW e fra i fondatori del Partito Comunista Americano: “ciò segnò la condanna degli IWW. La loro tragica incapacità a guardare, ascoltare, imparare dai due grandi eventi li condannò alla sconfitta e alla decadenza […] Il nascente partito comunista ben presto superò gli IWW e li lasciò ai margini. Ciò fu tutto deciso nello spazio di due o tre anni”.


Gli errori nei quali caddero i dirigenti dell’organizzazione non devono oscurare i meriti che seppero guadagnarsi nel vivo dello scontro di classe. Lo sciopero dei minatori di McKees Rock, quello vittorioso dei tessili di Paterson, la lotta condotta dai setaioli di Lawrence, le battaglie per i free speech rights, solo per fare alcuni esempi, ci raccontano delle grandi doti organizzative e dell’enorme coraggio che contraddistingueva il loro operato.

Essi erano capaci di muovere rapidamente i loro attivisti da una parte all’altra del paese e di trovare le forme più originali per guadagnarsi la solidarietà del resto della popolazione. Teatro, musica, raffigurazioni, tutto poteva essere utile alla causa operaia e tutti questi strumenti vennero utilizzati dagli IWW, autentici pionieri in questo campo.

Formalmente l’organizzazione non ha mai smesso di esistere. Ma la setta anarchica che ne ha ereditato nome e simboli non ha nulla a che vedere con gli autentici Industrial Workers of the World. I grandi combattenti che provarono ad organizzare il settore più sfruttato del proletariato americano tentarono ben altra impresa.

Fallirono, ma la parte migliore del loro contributo deve essere parte integrante di quel patrimonio di idee che i marxisti continuano a difendere strenuamente.

Francesco Fioravanti - FalceMartello

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