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(4 Aprile 2011) Enzo Apicella

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(La tolleranza zero)

Sciopero della fame e piccioni morti

(18 Aprile 2013)

CIE di Torino
Aprile 2013, CIE di corso Brunelleschi a Torino. Nella notte del 2 aprile un recluso ha appiccato il fuoco nell’area gialla, già più volte danneggiata. Tutte le aree, tranne quella femminile, sono state quasi completamente distrutte dagli immigrati in lotta negli ultimi due mesi. L’area bianca, rimasta chiusa da oltre un anno, sebbene sia stata ristrutturata con materassi ignifughi e tavoli di cemento fissati al suolo, è tuttavia ancora vuota ed inutilizzata.
I detenuti, parte dei quali dormono su materassi gettati in terra nelle mense, sono poco meno di cinquanta in un Centro che, a pieno regime, ne poteva ospitare sino a 180. Segno chiaro che i soldi per sistemare le aree distrutte non ci sono, mentre l’attenzione della politica, per lunghi anni focalizzata sull’equazione tra immigrazione clandestina e sicurezza, oggi pare orientata altrove.
La domenica di pasqua tutti i 47 detenuti del CIE, comprese per la prima volta anche le donne, hanno iniziato uno sciopero della fame durato due giorni. Uno sciopero con un solo obiettivo: la libertà. Nella mattinata del 30 marzo un prigioniero tunisino era salito sul tetto della sezione blu per evitare, riuscendoci, l’espulsione. Nelle ultime settimane sono stati ridotti i turni del personale interno al CIE: assistenti sociali, medici e infermieri e psicologi.
Anche gli addetti alle pulizie sono in fibrillazione, perché per diversi giorni hanno trovato ovunque piccioni morti. La paura delle infezioni ha innescato la loro protesta. Tra la gente che gravita nel CIE c’è chi pensa che ad ammazzare i piccioni siano i resti del cibo che mangiano i prigionieri.

Domenica 7 aprile una cinquantina di antirazzisti hanno fatto un presidio in corso Brunelleschi.
La situazione nel CIE di Torino e, in generale, nei Centri del resto d’Italia, sta mutando.
Dopo la lunga stagione di lotte culminata con la distruzione pressoché totale del CIE di Gradisca nel dicembre del 2011, le politiche verso i CIE sono lentamente cambiate. I Centri sono ancora la punta dell’iceberg legislativo costruito per mantenere sotto costante ricatto gli immigrati nel nostro paese, tuttavia rappresentano sempre di più un problema sia economico che di immagine per i governi di turno. Chi lotta viene duramente represso: i prigionieri che protestano possono essere arrestati, rinchiusi in isolamento, espulsi immediatamente o semplicemente obbligati a dormire in terra.
In questi stessi anni è cambiato, complice l’obbligatorio recepimento della direttiva europea sui rimpatri, entrata in vigore il 24 dicembre 2011, ma recepita in modo parziale e restrittivo dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, anche il quadro legislativo. La reclusione massima dentro ai centri è passata da sei mesi ad un anno e mezzo, nel contempo avrebbero dovuto applicare la prigionia come estrema ratio, ma di fatto le norme che tutelano chi ha parenti o problemi di salute sono rimaste in buona parte inapplicate.
In questo contesto sono mutate le forme di resistenza dei reclusi: le lotte hanno perso il carattere rivendicativo rispetto alle condizioni di vita nei Centri, per trasformarsi in rivolte miranti alla fuga collettiva.

Le lotte degli antirazzisti fuori dal CIE non hanno invece saputo essere abbastanza incisive da bucare il silenzio che circonda questi luoghi.
La scommessa è quindi ancora quella di allargare il fronte, portando la realtà del CIE per le strade e per le piazze delle nostre città.
Il 20 aprile a Torino, in continuità con l’iniziativa di febbraio “portiamo il CIE nel salotto di Torino”, ci sarà una serata di informazione e lotta contro i CIE “Il CIE tra la movida della città”. L’appuntamento è in largo Saluzzo alle 19,30 con un aperibenefit per gli antirazzisti sotto processo, poi assemblea con testimonianze dal CIE, infine presidio itinerante per le strade del quartiere S. Salvario.


per approfondimenti:
http://anarresinfo.noblogs.org

m.m. - Umanità Nova (n. 13 anno 93)

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