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Accadde il 14 Maggio 1931 - Lo schiaffo fascista a Toscanini

(10 Maggio 2013)

artoscanin

La sera del 14 maggio 1931 a Bologna durante un concerto in commemorazione del musicista Giuseppe Martucci, in presenza dei ministri Galeazzo Ciano e Leandro Arpinati, Arturo Toscanini si rifiuta di eseguire l'inno fascista "Giovinezza" e l'inno reale. All'uscita dal teatro viene apostrofato, schiaffeggiato e minacciato da un'attivista fascista (secondo Indro Montanelli si trattava di Leo Longanesi).
L’episodio, appoggiato dalle autorità e dal governo che palesemente presero posizione contro Toscanini offendendolo sia artisticamente che personalmente, fu l’inizio del suo distacco dall’Italia; infatti si rifiutò di dirigere concerti mentre le autorità diedero disposizione per tenere la sua vita sotto controllo con provvedimenti come lo spionaggio delle telefonate e della corrispondenza ed il ritiro del passaporto. Il 19 maggio l'Assemblea regionale dei professionisti e artisti deplorerà "il contegno assurdo e antipatriottico" del maestro parmigiano. Toscanini dal canto suo scriverà una feroce lettera di protesta a Mussolini, già suo compagno di lista a Milano nel 1919. Da questo episodio matura la decisione di Toscanini di lasciare l’Italia vero gli Stati Uniti, da dove tornerà a dirigere solo nel 1946, a liberazione avvenuta, dirigendo un concerto tutto di musiche di compositori italiani per la Scala di Milano ricostruita a tempo di record dopo i bombardamenti, che i milanesi scelsero come simbolo della rinascita della loro città e dell’Italia intera.

Come anticipato, la cronaca vuole che a schiaffeggiare Toscanini sia stato Leo Longanesi, l'inventore del motto «Mussolini ha sempre ragione». Longanesi su "Libro e moschetto" dello stesso anno, sfogherà il suo livore scrivendo in prosa futurista che «il maestro celebre, dopo la sua morte sarà come tutti gli uomini destinato a marcire», «uomo schifoso… un rudere che molta gente, di dentro e di fuori, avrebbe voluto divenisse il deposito escrementizio di tutte le loro acidose e putrefacenti ire isteriche… gli osservo sulla guancia le impronte (ora metaforiche) dello schiaffo bolognese che lo fa degno del mio compassionevole sguardo e…gli sputo negli occhi».
Ma anche altri furono gli episodi che mostrarono la sua avversione per il fascismo e il nazismo.

Nel 1933 lasciò il festival wagneriano di Bayreuth, dove fu il primo direttore non di lingua madre tedesca ad esibirsi nel prestigioso teatro, a seguito dell’affermazione di Hitler in quegli anni.
Nel 1938, dopo che il governo austriaco fece delle concessioni ad Hitler abbandonò il Festival di Salisburgo nonostante fosse caldamente invitato a rimanere.
Nel 1938 partecipò al primo Festival di Lucerna e per l’occasione molti, soprattutto antifascisti, vennero dall’Italia per seguire i concerti. Il fascismo diede disposizioni di segnalare tutte le persone che varcarono la frontiera in automobile per recarsi al concerto (allora era molto più semplice di oggi) per poi prendere dei provvedimenti che fortunatamente non furono presi.
Dopo questa esperienza a Lucerna ed anche a seguito della sempre più dilagante persecuzione razziale abbandonò l’Europa per andare ad operare negli Stati Uniti.
Il 19 luglio 1942 Toscanini diresse la prima americana della Settima Sinfonia di Shostakovich, detta "Sinfonia di Leningrado", composta durante l'assedio della città e che era il simbolo della resistenza russa all’invasione tedesca. Tra le colonne de “Il Messaggero” di quegli anni si lesse una citazione che diceva: "Oh, allora buon fascista bolognese che gli desti in anni ormai da troppi dimenticati quei sonori ceffoni al suo rifiuto di suonare gli inni nazionali, suscitando enormi internazionali scalpori, perché non rincarasti la dose meritatissima in maniera tale da renderlo inabile permanentemente al lavoro? Avresti evitato ad italiano di avvilire l’Italia di oggi di fronte al nemico". La firma era di Tito Silvio Mursino alias Vittorio Mussolini. Nel 1944, nel dirigere a New York "l'Inno delle nazioni" di Verdi, incluse al suo interno anche "L'Internazionale". Lo identificò come l'inno di tutti quelli che, a cominciare dall’URSS, avevano contribuito alla sconfitta del nazismo e del fascismo.

Linea Rossa

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