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L’Iran verso le elezioni

(16 Maggio 2013)

jaliliparis

MERCOLEDÌ 15 MAGGIO 2013 23:00

La scadenza dei termini previsti per la presentazione delle candidature preliminari alla presidenza dell’Iran è stata segnata sabato scorso da un’importante sorpresa dell’ultimo minuto che ha immediatamente scatenato una valanga di commenti e congetture sia a Teheran che in Occidente. La candidatura alla guida del paese del 78enne ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, se confermata, oltre a rianimare una campagna elettorale che sembrava essere dominata quasi esclusivamente dagli uomini espressione dell’establishment conservatore iraniano, solleva infatti una serie di interessanti interrogativi sulla direzione che potrebbe intraprendere la Repubblica Islamica nel prossimo futuro.

Importante figura della Rivoluzione Islamica del 1979 e già presidente per due mandati tra il 1989 e il 1997, Rafsanjani viene universalmente considerato come un politico pragmatico e moderato, relativamente disponibile ad accogliere alcune delle istanze del movimento riformista iraniano, pur rimanendo una personalità di primo piano della gerarchia religiosa sciita.

La candidatura di Rafsanjani e quelle di altri 685 aspiranti alla presidenza saranno esaminate dal Consiglio dei Guardiani, il quale valuterà una serie di requisiti dei candidati stessi - tra cui il rispetto dei principi della fede musulmana e degli elementi fondanti la Repubblica Islamica - per poi autorizzare entro il 23 maggio l’apparizione del nome di una parte di essi sulle schede elettorali il prossimo 14 giugno.

La riapparizione di Rafsanjani sulla scena politica iraniana, in ogni caso, rappresenta già di per se un dato significativo, vista la pesante sconfitta che aveva patito da Mahmoud Ahmadinejad nel ballottaggio delle presidenziali del 2005, nonché, soprattutto, la sua sostanziale emarginazione dopo il voto contestato del 2009 e il sostegno fornito al cosiddetto “Movimento Verde” guidato dai candidati sconfitti Mehdi Karroubi e Mir-Hossein Mousavi.

Con questi ultimi due leader ancora agli arresti domiciliari, proprio Rafsanjani viene indicato come l’unica speranza per i riformisti, tanto più che il loro tradizionale beniamino, l’ex presidente Sayyed Mohammad Khatami, dopo avere alimentato qualche illusione nei mesi scorsi ha deciso anche questa volta di declinare gli inviti a correre per la guida del paese.

In particolare, il candidato Rafsanjani potrebbe facilmente intercettare una parte del voto della borghesia urbana che condivide il suo desiderio di stabilire rapporti più distesi con l’Occidente, in funzione di un’apertura dell’economia iraniana al capitale internazionale.

Per l’Occidente, inoltre, una eventuale nuova presidenza Rafsanjani rappresenterebbe un’occasione per allentare le tensioni con l’Iran, così come accadde in parte durante i suoi due mandati negli anni Novanta, caratterizzati da sforzi diplomatici che sarebbero poi stati raccolti dal suo successore, Khatami.

La collocazione ideologica di Rafsanjani e la sua candidatura direttamente in competizione con varie personalità conservatrici rende dunque piuttosto enigmatica una sua dichiarazione rilasciata qualche tempo fa, cioè che avrebbe preso parte alla corsa alla presidenza solo con il via libera della Guida Suprema della Repubblica Islamica, ayatollah Ali Khamenei.

Come ha ipotizzato qualche giorno fa un articolo apparso sulla testata on-line Al-Monitor, questa affermazione da parte di un politico senza una vera e propria base di potere nel paese potrebbe essere stata rilasciata semplicemente per prevenire i prevedibili attacchi dei suoi rivali conservatori e per cercare di impedire l’annullamento della sua candidatura da parte del Consiglio dei Guardiani.

Allo stesso tempo, tuttavia, una qualche approvazione da parte di Khamenei per la candidatura di Rafsanjani sembra essere più che probabile. Anche se la Guida Suprema, pur non sostenendo apertamente alcun candidato, continua a mandare segnali per invitare gli elettori a scegliere un presidente dalle qualità ben differenti da quelle attribuibili a Rafsanjani, è possibile che la sua approvazione all’apparizione di quest’ultimo sulle schede elettorali risponda alla necessità di acconsentire alle richieste di una parte dell’élite iraniana che condivide la visione pragmatica dell’ex presidente in ambito economico e diplomatico.

Il via libera alla candidatura di Rafsanjani potrebbe anche rappresentare un segnale all’Occidente, in vista forse di concreti passi avanti verso un accordo sull’annosa questione del nucleare dopo le elezioni presidenziali. Per altri osservatori, infine, Khamenei avrebbe consentito a Rafsanjani di partecipare alla corsa per la successione ad Ahmadinejad solo per alzare il livello di partecipazione al voto, così da legittimare l’evento elettorale stesso di fronte all’opinione pubblica domestica e internazionale dopo il caos del 2009.

Le reali possibilità di Rafsanjani di conquistare la presidenza o quanto meno di accedere al secondo turno - nel caso riesca a conquistare l’approvazione del Consiglio dei Guardiani - sono comunque tutte da verificare. Oltre a quello che potrebbe eventualmente ricevere da Khamenei, sarà da valutare anche l’entità dell’appoggio che riuscirà ad ottenere dai riformisti e dai conservatori più moderati.

Soprattutto, bisognerà poi attendere la risposta dei cosiddetti “principalisti” - la fazione più fedele all’ayatollah Khamenei - e la loro capacità di coalizzarsi attorno ad un candidato forte che partirebbe senza dubbio da favorito nella corsa alla presidenza.

Tra i nomi più probabili spiccano quelli del capo dei negoziatori sul nucleare, Saeed Jalili, considerato da molti il favorito di Khamenei; l’ex ministro degli Esteri e consigliere dell’ayatollah, Ali Akbar Velayati; l’ex presidente del Parlamento, Gholam Haddad Adel, e il carismatico sindaco di Teheran, Mohammed Baqer Qalibaf.

Gli schieramenti che dovrebbero fare capo approssimativamente a Rafsanjani e al blocco conservatore potrebbero infine dover fare i conti con il candidato di Ahmadinejad, il suo controverso capo di gabinetto Esfandiar Rahim Mashaei. Esaurito il limite dei due mandati consecutivi previsto dalla Costituzione, Ahmadinejad da tempo sostiene Mashaei apertamente e in violazione di quanto previsto dalla legge iraniana, indicandolo come il suo più qualificato successore, in grado di proseguire le politiche di sostegno alle classi più disagiate che hanno in parte caratterizzato i primi anni della sua presidenza.

Su Mashaei pesa però la profonda ostilità nutrita dalla classe dirigente conservatrice, nonché dai riformatori, per Ahmadinejad e per le sue politiche populiste, tanto che sono in pochi a scommettere su un’approvazione della sua candidatura da parte del Consiglio dei Guardiani. Mashaei viene infatti accusato di far parte di una sorta di setta “deviazionista”, poiché incoraggerebbe, tra l’altro, un’esperienza religiosa diretta a discapito della gerarchia clericale sciita e sarebbe responsabile di privilegiare un nazionalismo che fa riferimento al periodo pre-islamico.

L’ostilità dei conservatori verso Mashaei e, in buon parte, Rafsanjani è apparsa evidente nella giornata di martedì, quando, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa iraniana Mehr, un centinaio di parlamentari ha consegnato una petizione al Consiglio dei Guardiani per escludere entrambi i candidati dalla competizione elettorale di giugno, citando il “deviazionismo” del primo e il ruolo giocato dal secondo nella “sedizione” del 2009.

I timori nutriti nei confronti di Mashaei dall’establishment conservatore, in realtà, riguardano più che altro le scelte in ambito economico, dal momento che esso e la borghesia imprenditoriale iraniana intendono liquidare definitivamente le politiche promosse da Ahmadinejad e fatte di limitati sussidi per l’acquisto di beni di prima necessità, prestiti a tassi accessibili e sovvenzioni in denaro destinate agli iraniani più poveri.

Nonostante gli attacchi subiti dalle fazioni politiche antagoniste nell’ultima fase della sua presidenza, Ahmadinejad continua con ogni probabilità a godere di una certa popolarità tra le fasce più povere della popolazione, così che l’eventuale partecipazione alle elezioni presidenziali di Mashaei costituirebbe una seria minaccia per i candidati conservatori o per lo stesso Rafsanjani.

La sua esclusione, perciò, appare a molti scontata, anche se una decisione in questo senso del Consiglio dei Guardiani difficilmente farebbe desistere il sempre più combattivo Ahmadinejad, il quale infatti ha più volte lasciato intendere di essere pronto a rivelare prove esplosive su episodi di corruzione che coinvolgono i vertici della Repubblica Islamica o, addirittura, a far scendere i propri sostenitori nelle piazze delle città iraniane.

Michele Paris - Altrenotizie

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