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Usciamo di casa

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(28 Settembre 2012) Enzo Apicella
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(Lotte operaie nella crisi)

Volantino del PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE che verrà distribuito alla manifestazione FIOM - Roma 18 Maggio

(17 Maggio 2013)

La classe lavoratrice può difendersi dalla crisi del capitalismo solo lottando unita al di fuori delle aziende unendo tutte le categorie fuori e contro i sindacati di regime
Il capitalismo è un inestricabile intreccio mondiale e tale è la sua crisi economica. Tutti i paesi ne sono colpiti. I vecchi capitalismi – i cosiddetti paesi occidentali – sono in recessione da cinque anni: dopo il crollo del 2008-2009, una flebile ripresa, che ha riguardato solo alcuni di essi senza riuscire a riportarli ai livelli precedenti la crisi, dal 2012 la produzione industriale ha iniziato nuovamente a calare, anche in Francia, Olanda e Germania. In Italia e Gran Bretagna non cresce più dal 2001. Giappone e Stati Uniti non sprofondano nella recessione solo in virtù di manovre monetarie fondate su un colossale indebitamento, cioè rimandando e ingigantendo il crollo economico. I giovani capitalismi, dall’Asia al Sud America – che hanno permesso negli ultimi 25 anni al capitalismo mondiale di respirare rimandando la crisi – entrano in recessione (Brasile) o rallentano la crescita (Cina).

Le cause di questa crisi non sono affatto nuove. Sono le stesse che causarono la grande depressione del 1929: la sovrapproduzione e il calo del saggio del profitto. Esse non risiedono nella sfera finanziaria, come vuol far credere la propaganda di regime, ma in quella produttiva, là dove il lavoro salariato crea il plusvalore.
Il Capitale o cresce o muore. Ma aumentando la sua massa, da un lato ha sempre maggiori difficoltà a crescere ancora perché i mercati si saturano di merci, dall’altro diminuisce la redditività dell’investimento (il plusvalore). Invocare "maggiori investimenti" non ha senso perché significa proporre come soluzione proprio il fattore che ha generato la crisi.

Il marxismo rivoluzionario – fin dalle sue origini col “Manifesto” (1848) e “Il Capitale” (1864) – è l’unico movimento politico che ha previsto le crisi catastrofiche del capitalismo, ne ha denunciato l’inevitabilità e l’esito nell’alternativa: guerra fra nazioni borghesi per conservare il capitalismo o rivoluzione internazionale proletaria per abbatterlo.
Tutti i nostri avversari – in primis coloro che per decenni hanno ingannato i lavoratori spacciando per comunismo il capitalismo di Stato russo, cinese, ecc. – come ieri non hanno previsto la crisi, così oggi si affannano a darne false spiegazione e false soluzioni. Ieri ed oggi, illudono i lavoratori che la causa delle loro sofferenze non sia il capitalismo stesso, con le sue intrinseche leggi economiche, ma la sua cattiva gestione, la finanza senza regole, la ricerca di ingiusti superprofitti!
Che questa buona gestione del capitalismo sia una favola lo dimostra il fatto che non vi sia paese in cui la crisi non avanzi, dal Giappone agli Stati Uniti, dalla Grecia all’Islanda, indifferente a fattori quali corruzione, mafia, destra, sinistra o... Berlusconi! La gravità con cui ciascun capitalismo nazionale è colpito dalla crisi non dipende dalle politiche seguite dai vari governi ma dalle inesorabili leggi del capitalismo.

Lavoratori!
Sostenere la propria azienda nella competizione capitalistica significa lottare contro i vostri fratelli di classe. Se gli operai FIAT, Fincantieri, Electrolux, ecc., accettano la diminuzione del salario, l’incremento della produttività, la riduzione del personale, forse per un po’ conserveranno un salario – sempre più misero – ma a discapito degli operai delle aziende concorrenti. Questa competizione riduce alla miseria i lavoratori e fa la fortuna del capitalismo.
Allo stesso modo, sostenere il proprio paese nella competizione internazionale, illudendosi che possa scampare all’inesorabile avanzata della crisi, significa combattere contro i lavoratori degli altri paesi, per ritrovarsi, infine, tutti sconfitti, divisi e incatenati al carro del proprio capitalismo nazionale, e fino alla adesione alla guerra, l’unica terribile soluzione del capitalismo alla sua crisi mondiale.
La vostra strada, deve essere un’altra, deve essere quella indicata dal comunismo rivoluzionario fin dal suo esordio col “Manifesto”: Proletari di tutti i paesi unitevi! Unitevi non nel cullare le illusioni riformiste di un capitalismo democratico e riformatore, che si accontenta del “giusto” profitto in cambio di un “giusto” salario, ma contro il regime capitalistico, innanzitutto quello del proprio paese, per la società internazionale senza classi, cioè senza Capitale.

Il solo modo per potervi difendere oggi è avere questa prospettiva per domani.
L’unione dei lavoratori è possibile solo lottando per obiettivi che difendono gli interessi generali di classe contro quelli dell’azienda e dell’economia nazionale:
- Difesa intransigente del salario, con aumenti maggiori per le categorie peggio pagate; - Riduzione dell’orario di lavoro, a parità di salario; - Salario pieno ai lavoratori licenziati, a carico di industriali e banchieri mediante il loro Stato. Questi obiettivi sono perseguibili solo con la lotta di classe cioè con veri scioperi: a oltranza, senza preavviso, con picchettaggi, che si estendano al di sopra delle aziende e delle categorie, fino a confluire nella mobilitazione di tutta la classe lavoratrice.

A questo scopo è necessario ricostruire un vero SINDACATO DI CLASSE,FUORI E CONTRO I SINDACATI DI REGIME (Cgil, Cisl, Uil, Ugl) che impongono la subordinazione dei lavoratori agli interessi dell’azienda e del capitalismo nazionali, attraverso la loro falsa politica conciliativa.

La FIOM si conferma l’argine a sinistra di questo sindacalismo concertativo. Ha illuso i lavoratori di difendere il contratto nazionale, ma lo ha fatto con una mobilitazione fabbrica per fabbrica, cioè assecondando con la sua azione quella divisione tra i lavoratori che è l’obiettivo del padronato.
La FIOM sigla accordi aziendali unitari in cui avalla ciò che ha proclamato di combattere sul piano nazionale, come alla Fincantieri di Sestri Ponente e a Castellammare dove è giunta a sostenere la deroga non al Ccnl unitario del 2008, ma perfino a quello separato del dicembre 2012.
Accetta, come alla Electrolux, aumenti di produttività a fronte della riduzione dell’orario, del salario e il ricorso allo straordinario, che si premura persino di gestire insieme all’azienda.
Pone fra i suoi principali obiettivi i contratti di solidarietà, che riducono l’orario insieme al salario, chiudono ancora una volta la lotta nei confini della vertenza aziendale, dividono i lavoratori delle poche imprese che possono ricorrervi dalla grande maggioranza che ne restano estranei, mistificando il concetto della riduzione dell’orario di lavoro per tutti.
Mentre mobilita i lavoratori con la manifestazione odierna, più che per rivendicazioni sindacali per obiettivi politici del più fradicio riformismo, quali "un piano straordinario d’investimenti" e "la riconversione ecologica del sistema industriale" – come se queste favolette potessero risolvere la crisi storica e mondiale del capitalismo! – si appresta ad avallare un nuovo patto sulla rappresentanza sindacale, voluto da Cgil, Cisl e Uil per puntellare il loro controllo sui lavoratori a discapito dei sindacati di base.

Lavoratori, compagni!
L’opportunismo politico e sindacale per 90 anni, dal prevalere della controrivoluzione staliniana, ha spacciato la menzogna del falso socialismo russo, deformando il significato del comunismo. Gli eredi odierni continuano nell’opera di disorientamento dei proletari vendendo l’illusione di una soluzione alla crisi attraverso fantomatici modelli di sviluppo "declinati", secondo la moda dei politicanti oggi in voga, la “green economy”, la “decrescita”, l’ “autogestione”, ecc., ma tutti ossequienti nel rispetto del capitalismo.
La strada per la liberazione della classe mondiale dei lavoratori dal capitalismo va nella direzione opposta. Va nel senso della preparazione rivoluzionaria, dell’abbattimento del regime capitalistico e del suo Stato, dell’instaurazione della dittatura del proletariato.
Passa per la ricostruzione del Sindacato di classe.
E passa per la milizia nel Partito Comunista Internazionale erede della tradizione di quella Sinistra Comunista che fondò il Partito Comunista d’Italia a Livorno nel 1921, conobbe e combatté sin dalla prima ora la controrivoluzione e lo stalinismo, e, da quella grave sconfitta della Rivoluzione che ancora oggi pesa, ha tratto le necessarie lezioni per la riscossa proletaria futura.

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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