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Assalto al palazzo d'inverno

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(17 Novembre 2009) Enzo Apicella

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Il pessimo esordio di Guglielmo Epifani, il "traghettatore"

(20 Maggio 2013)

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La replica di Guglielmo Epifani alle critiche che gli sono piovute addosso per avere disertato la manifestazione dei metalmeccanici della Fiom è per più di un motivo interessante, perché dice molto della cultura politica, prima ancora che della rotta, che il “traghettatore” imprimerà al Partito democratico.

Come ognuno ha potuto vedere, il segretario ha creduto di cavarsi d’impaccio spiegando che non è tanto importante “stare nelle manifestazioni”, quanto piuttosto “dare risposte ai problemi posti dalla piazza”. Epifani si è cioè subito posto, con riflesso spontaneo, dal punto di vista del governo, come se ne fosse un esponente, dimenticando (o trascurando la differenza del fatto) che lui non rappresenta il governo. Epifani è il segretario di un partito. E un partito, per definizione, “prende parte”, milita da un lato, consapevole di rappresentare una parzialità, anche se da quella parzialità ha l’ambizione di guardare al tutto. Epifani – e con lui, purtroppo, l’intero partito che è chiamato transitoriamente a guidare – se n’è scordato.

“Noi – ha poi continuato -rappresentiamo la totalità”, che dev’essere, nella testa del segretario, una sorta di “luogo geometrico”, la risultante politica di diverse spinte sociali, delle quali, incidentalmente e al pari delle altre, una si chiama “lavoro”. Anzi, dove il significato del termine – nella neolingua democrat – tiene insieme i lavoratori e l’impresa, il capitale e i prestatori d’opera, i possessori dei mezzi di produzione e coloro che gli vendono (sempre più a basso prezzo) la propria forza lavoro, i padroni e i subalterni: esattamente come recita quella Lettera di intenti dei Democratici e dei Progressisti ampiamente rottamata dagli eventi politici, ma di cui è utile ricordare il nitido impianto ideologico.

Ora, non è che Epifani e i suoi abbiano semplicemente archiviato ogni pur blanda categoria del repertorio socialista, essi hanno rimosso anche la Costituzione, che del lavoro – senza blasfeme confusioni interclassiste – fa un “prius”, vale a dire un fondativo riferimento sociale della Repubblica e delle sue leggi.

Non fatico ad immaginare che queste osservazioni suonino come astratti e vetusti ideologismi alle orecchie del Pd, ripulite con dosi massicce di soda caustica da ogni “scoria” classista.

Allora mettiamola terra terra, che forse con voi Democratici è più facile capirsi: sono le misure per il lavoro annunciate dal ministro Giovannini le “risposte alla piazza” a cui ha orgogliosamente accennato Epifani?

Dino Greco - liberazione.it

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