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Bunga Bunga. The end

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(12 Ottobre 2011) Enzo Apicella
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CONTRO QUESTA STABILIZZAZIONE ECONOMICA
ESPLICITARE LA CONFLITTUALITA’!

(23 Maggio 2013)

Da "Alternativa di Classe", anno I, numero V (Editoriale)

Dopo un tergiversare di due mesi, e la “storica” riconferma di Napolitano come Presidente della Repubblica, nonostante fosse apparso inizialmente riottoso, è arrivato il “nuovo” governo. A capo di esso il 24 Aprile è stato nominato Letta jr., colui il quale, insieme allo zio, Letta sr., del PDL, è considerato il vero artefice del cosiddetto “grande inciucio”, lo stesso che avrebbe condotto prima proprio alla riconferma del “grande vecchio”, già padre del Governo Monti, e poi alla scelta del “governissimo PD-PDL”.
Anche dietro questa lettura, una delle meno appiattite sulle dinamiche della politica borghese ed, in quanto tali, pubblicizzate dai media, c’è, però, la scelta del capitale nazionale di una nuova “governance”, appena “turbata” dagli esiti elettorali, e solo nella misura in cui non hanno rispettato le previsioni. Delle cinque “coalizioni” presentatesi alle scorse elezioni, il movimento di Grillo si è, ovviamente, autoescluso, ed al governo sono approdati, insieme, il centro-sinistra, il “nuovo” centro di Monti ed il centro-destra (con una “elegante” astensione della Lega Nord). Capolavoro, poi, della tecnica parlamentarista è l’aver mantenuto, a parte lo scontato NO del “Movimento Cinque Stelle”, SEL, a sinistra, e “Fratelli d’Italia”, a destra, come ali di “opposizione”!
Si tratta proprio del cambio di passo, cui già si accennava nel nostro editoriale di Gennaio a pag.1 del giornale, e che porterà dalla alternanza alla governabilità, a partire dalla cosiddetta “Convenzione” per la nuova ingegneria istituzionale. Essa, con buona pace della “Costituzione nata dalla Resistenza”, ricomprenderà quantomeno parlamento, istituzioni decentrate e legge elettorale: è ormai una necessità primaria per la borghesia nazionale!…
Mentre continua, più apparente che reale, lo scontro tra PDL e PD, sempre utile rispetto alle prossime elezioni alle porte, il “Napolitano bis”, che li vede uniti, cioè il Governo Letta-Alfano, oltre a ripresentare ai vertici della scena nazionale anche personaggi di pessima fama (certamente non usurpata!…), a livello europeo si è associato alla Spagna di Rajoy, per richiedere insieme l’unione bancaria europea, cioè un altro passo coerente proprio con l’accentramento di quei poteri di cui il capitale europeo necessita. Rispetto a questo processo in atto, non è il caso di meravigliarsi, o, peggio ancora, di rivendicare, nostalgicamente, come fa una certa “sinistra”, una “sovranità nazionale” violata, ma è quello di individuarne le tendenze di fondo, i principali passaggi e le contraddizioni, per meglio riuscire a far valere, ed al più presto, gli interessi di classe dei proletari di tutta Europa!
Il Governo Letta, dopo alcune giornate di democristiana meditazione, ha dato il la a due soli provvedimenti, di per se’ non penalizzanti: la sospensione dell’IMU (fino a Settembre?) ed il finanziamento della CIG in deroga (fino a Dicembre…); nel frattempo, ha rinviato tutto il resto ai prossimi cento giorni (si sa che l’Estate è da sempre il momento propizio per le peggiori stangate!…). L’immediata sospensione dell’IMU è segnale rassicurante per gli industriali, che, peraltro, continuano ad insistere su di una esenzione totale per i capannoni, mentre la “Cassa in deroga” è dettata dalla necessità di disinnescare urgentemente quella bomba sociale rappresentata dal precipitare nell’indigenza di più di mezzo milione di famiglie, a fianco di quel milione che è già privo di redditi da lavoro!…
Sul resto, il rinvio del Governo vorrebbe celare le sue dirette intenzioni, ma due dati di fatto parlano per esso. Il primo è una cosa che solo l’assuefazione di questi ultimi anni può far passare come normale: la manifestazione di Brescia del 11 Maggio del PdL, che è stata fatta, in pratica, “contro i giudici”, e, sia promossa che permessa, dal Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, con il complice silenzio del Ministro della Giustizia, Cancellieri, ed una formale “neutralità” di Letta jr. sulla sostanza del fatto. Il secondo è che, dato il “fiscal compact” (che obbliga alla restituzione annuale del 5% del debito), e gli altri meccanismi dei vincoli europei, i “poteri forti” restano tranquilli, quanto lo sono stati nei primi due mesi della nuova legislatura, anche se il Governo va “a rilento” nel colpire i proletari, ed anzi, a parole, vengono espresse dai suoi leader politici preoccupazioni per le sorti dei ceti deboli…
Intanto, molto sapientemente, viene lasciato il tempo ai sindacati confederali di ricompattarsi, ed al PD di rinsaldare il proficuo (per il capitale) legame con la CGIL, arruolando coattivamente a Segretario (fino al Congresso di Ottobre) proprio lo “scopritore” della Camusso, Guglielmo Epifani. In questo senso la CGIL non ha certo perso tempo, regalando al neogoverno di Letta l’Accordo con CISL, UIL e Confindustria del 24 Aprile, per la “detassazione del salario di produttività”, cioè del salario variabile deciso a livello aziendale, compresi eventuali accordi a tale livello per aumentare l’orario di lavoro: si tratta, in pratica, di un peggioramento dell’Accordo del 28 Giugno 2011, che “ricompone” la divisione sindacale rinnovatasi con l’Accordo sulla produttività del 21 Novembre scorso, con buona pace per la sostanza del Contratto Nazionale.
Anche i Direttivi unitari CGIL-CISL-UIL del 30 Aprile, che hanno deciso mobilitazioni indolori per le controparti fino alla manifestazione unitaria di Sabato 22 Giugno per il “nuovo patto sociale”, seguiti da un Primo Maggio festeggiato insieme a Confindustria in diverse città, vanno nella stessa direzione.
Del resto, già nel Comitato Direttivo CGIL del 22 Aprile la Camusso aveva ottenuto una cambiale in bianco per la trattativa che porterà a tale Patto, calcando la mano sul riconoscimento della rappresentatività, che “metterebbe fine agli accordi separati”. In particolare, Susanna Camusso ha ottenuto il mandato della CGIL, con la sola, ma significativa, eccezione della “Rete 28 Aprile – Opposizione CGIL”, ad accettare un letale meccanismo di esigibilità dell’accordo da parte delle controparti, che esclude a priori una eventuale lotta da parte dei dissenzienti, se i firmatari rappresentano la maggioranza dei lavoratori. Si capisce facilmente che la vigenza di un simile meccanismo avrebbe delegittimato la giusta lotta della FIOM ai tempi, mai cambiati davvero, dei diktat di Marchionne, che ottiene, così, finalmente la sua vittoria finale!
Nonostante i “distinguo” di Landini e, soprattutto, di Rinaldini, la cruda realtà è che anche tutti i vertici nazionali di “La CGIL che vogliamo” hanno accreditato questa “trattativa” unitaria per possibili sbocchi “accettabili”. Motivo in più per rompere questa attesa, a partire dalla ricerca di uno stravolgimento conflittuale dei contenuti della manifestazione indetta dalla FIOM per il 18 Maggio, “per la giustizia sociale e la democrazia”, ma senza alcun cenno esplicito al “nuovo patto sociale” in gestazione.
Non migliore appare la situazione a livello politico, tra le forze che si autodefiniscono “di sinistra”. Il flop elettorale, ma non solo, di “Rivoluzione Civile”, insieme ai vari insuccessi politici della cosiddetta “sinistra di governo”, stanno coagulando l’ennesima nuova area, che vorrebbe riuscire nell’ardua “impresa” di costituire una sorta di “PD di sinistra”. E’ così, che Vendola, con Landini ed il suo SEL (già autodefinitasi come “unica sinistra in Parlamento”), sta cercando di fare da “polo di attrazione” per i “dissenzienti del PD”, come Barca e Cofferati, ma anche verso pezzi di PdCI, i “togliattiani” ex-PRC, i dissidenti grillini e lo stesso Ingroia, verso un “nuovo partito di sinistra”. E’ chiaro che, nel tempo, questo indigesto minestrone potrà perdere ingredienti, magari dando luogo a più di una nuova forza, ma il risultato negativo per i proletari è ugualmente scontato.
I “fermenti” di cui sopra non sono, però, gli unici a caratterizzare il “nuovo” panorama. In un neonato “Movimento anticapitalista e libertario”, insieme a personaggi “costituzionalmente incapaci” a perseguire nel tempo un progetto fondato sulle esigenze della classe (ma - non è mai troppo tardi - con qualche avvisaglia di coscienza sul ruolo sociale giocato dal PD…), si sono aggregati, purtroppo, anche compagni di buona volontà, attivisti di movimenti effettivi, e Sabato 11 a Bologna si sono autodenominati “ROSSA” (cioè Resistenza, Organizzazione, Solidarietà, Socialismo, A come anticapitalismo, antipatriarcato, antirazzismo, antifascismo, ambientalismo - dove l'ultima a è la chiocciolina, simbolo di connessione…).
Il documento “di proposta” di quella che si vuole presentare come “Casa comune dell’anticapitalismo” è un misto di luoghi comuni ed alcuni buoni propositi, ma il vaneggiare ancora modelli “terzomondisti”, in base a formule equivoche come “il socialismo del XXI° secolo”, nonché il traguardare una lista alle prossime elezioni europee, la dicono lunga sui limiti di prospettiva. Il Movimento, sul piano politico, vede l’adesione di esponenti da provenienze ed appartenenze eterogenee: dalla “maggioranza” del PRC, dal PdCI, dalla “Rete dei Comunisti” e da “Sinistra Critica”; ad oggi, che non diventi un nuovo ritrovo dei soliti “poltronisti” di sinistra, che potrebbero accorrere in gran quantità, lo si può solo sperare!…
Il da farsi non è così “semplice”, né è su quel piano. Si tratta, invece, di ricostruire, con pazienza e lavoro costante, un tessuto di classe, che si mobiliti a partire dal riconoscimento concreto dei propri interessi, per cambiare logiche e prospettive dentro il movimento operaio, per capire che, se è vero che solo la lotta paga, lo fa solo se è un “sottoprodotto” di una lotta che intende fuoriuscire dai mortiferi limiti di questo sistema sociale, rilanciando una conflittualità, che dal parziale riporti alla esigenza complessiva della alternativa di classe, che è internazionalista, o non è tale!
No (è nostro dovere politico dirlo con chiarezza ai compagni che si riferiscono a “Rossa”), quella non è e non può essere “la nostra casa”! Sarà la realtà dello scontro di classe a dire se, almeno per un certo periodo, potremo essere “vicini di casa”…

Alternativa di Classe

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