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I lavoratori vincono il referendum alla Siemens di Cassina de Pecchi (MI)

Si votava contro il terzo turno (esteso anche alle lavoratrici)

(22 Ottobre 2004)

Finalmente gli operai vincono un referendum! Dopo tante sconfitte per pochissimi voti, che tra l’altro un anno fa ha comportato l’esternalizzazione di 75 lavoratori in gran parte operai.

In questo referendum, in cui si chiede l’estensione del terzo turno a tutta la fabbrica, donne comprese, l’intesa tra azienda e i funzionari sindacali firmatari dell’accordo, è stata respinta a grande maggioranza.

La Siemens, forte della collaborazione di gran parte della Rsu, ha provato a far passare un accordo fortemente punitivo, specialmente per le operaie. I precedenti la rendevano sicura, e la Rsu in uno dei primi incontri aveva dichiarato all’azienda che non esistevano più obiezioni di principio ad estendere il lavoro notturno anche alle donne.

La mattina successiva però, una trentina di operaie del primo turno attendevano i delegati al loro arrivo ai cancelli. Ma la convinzione di delegati e delegate non veniva minimamente intaccata.

Si è andati in direzione e durante la notte i tre funzionari Fim-Fiom-Uilm siglano l’accordo e indicono le assemblee.

In questo accordo si prevedevano ridicoli aumenti salariali e l’introduzione dei due turni anche agli impiegati dei supporti alla produzione, mentre non c’era sicurezza sul futuro della fabbrica.

Nelle assemblee venivano applauditi e sostenuti i delegati contrari a questo piano di aumento dello sfruttamento talmente sfrontato da prevedere tre turni per ammortizzare un tavolo, una sedia ed un cacciavite.

Il referendum si è concluso con 305 votanti su 361 aventi diritto, con il seguente risultato: 181 contrari, 114 favorevoli, 6 bianche, 4 nulle. Non sono mancati tentativi di brogli da parte dei delegati collaborazionisti che avevano cercato di far sparire la lista dei votanti.

L’azienda vuole aumentare la produzione col maggiore utilizzo degli impianti, senza aumenti salariali e soprattutto passando sopra alle esigenze familiari delle operaie.

Il giocattolino costruito dalla Direzione aziendale insieme ai capi della produzione col tacito consenso dei funzionari sindacali e di gran parte della Rsu, questa volta ha fatto cilecca. La ristrutturazione è troppo pesante, gli operai e gli impiegati dei supporti hanno inteso dire BASTA!!! ma hanno anche voluto punire l’arroganza di azienda e sindacalisti venduti.

Ma l’intenzione dell’azienda è quella di continuare nel suo intento. Infatti per la settimana successiva ha mandato le lettere di comando a 22 operai e operaie.

Il giorno successivo si organizza lo sciopero e si esce dallo stabilimento per occupare la Statale Padana.

La partecipazione è alta, nonostante il lavoro ai fianchi fatto da capi e delegati collaborazionisti per far fallire la dimostrazione.

I tre funzionari mandano una lettera alla direzione in cui dichiarano il rirtiro della firma e che l’accordo non è applicabile, ma non organizzano nessuna seria reazione alla “comandata” delle direzione.

La RSU dichiara lo sciopero degli straordinari con picchetto ai cancelli. Il primo sabato l’azienda chiama i carabinieri per fare entrare un disabile, ma dal secondo sabato l’azienda non chiede straordinari.

Per due settimane si sciopera mezz’ora a turno prima dell’orario di mensa, con assemblee nei reparti con più crumiri, e con visite improvvise nella sede della Rsu, dove alcuni delegati tentano di far accettare il fatto compiuto ed andare a firmare un accordo che tuteli al più presto la Siemens, non gli operai.

Alla terza settimana partono altre 40 lettere di comando e da questo momento la RSU, allargata agli scioperanti, decide di continuare la lotta scioperando al terzo turno. Lo sciopero di mezz’ora viene sospeso e il salario risparmiato viene messo in una “cassa di resistenza” a sostegno degli scioperanti del turno notturno.

Ma nel frattempo gli altri delegati cercano di boicottare la lotta e di scoraggiare i più indecisi, per poi arrivare a una nuova assemblea. Se avessero vinto i SI ! sarebbe tutto finito, ma avendo vinto i NO! padrone e sindacato si arrogano il diritto di ritentare all’infinito.

Questa è la democrazia di fabbrica.

Un delegato operaio della Siemens Cassina de Pecchi (Mi) dell'Aslo Operai Contro

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