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(29 Gennaio 2011) Enzo Apicella
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L’ACCORDO SULLA RAPPRESENTANZA E LA LOTTA PER FARLO SALTARE

(6 Giugno 2013)

Una settimana fa Confindustria e i vertici di CGIL, CISL e UIL hanno raggiunto
un’intesa in materia di rappresentanza e rappresentatività sindacale.
L’accordo è stato salutato in modo entusiasta dal presidente di Confindustria,
Squinzi (“accordo storico che ci permetterà di avere contratti pienamente
esigibili”) e dalle direzioni confederali. Anche il segretario della Fiom, il
socialdemocratico Landini, ha valutato l’intesa come un passo in avanti, dopo
averne fatti parecchi indietro. Napolitano lo ha portato ad esempio della
favola della “coesione sociale”… fra un pugno di miliardari e milioni di
disoccupati.
Questo accordo viene firmato in un contesto economico e politico ben preciso:
una crisi profonda e di lunga durata che scuote le strutture e le
sovrastrutture del capitalismo, il cui peso viene gettato completamente sulle
spalle dei lavoratori; impoverimento di massa, disuguaglianze sociali sempre
più marcate; un governo di “larghe intese” al servizio esclusivo del capitale
finanziario, ampiamente screditato agli occhi delle masse, che va avanti nella
politica di austerità e di guerra.
In questo quadro quello che teme di più la borghesia è il riaccendersi dello
scontro sociale, come sta avvenendo in altri paesi.
Ciò spinge i padroni ed i loro complici a prendere misure per cercare di
mantenere la “pace sociale”, perché sono consapevoli che gli operai e gli
altri lavoratori sfruttati non saranno disposti a sopportare a lungo questa
situazione. L’obiettivo è quello di tagliare fuori, disorganizzare e reprimere
i settori più combattivi del proletariato.
L’accordo rientra in questa logica e va in parallelo con le controriforme
elettorali (non a caso si introduce in ambito sindacale una sorta di
maggioritario con soglia di sbarramento) e quelle istituzionali in cantiere.
Si tratta di aspetti di un solo processo reazionario che sta subendo
un’accelerazione nella situazione creata dal perdurare della crisi economica,
dal diffondersi del malcontento e della rabbia fra i lavoratori e
dall’offensiva reazionaria dei monopoli capitalistici.
I padroni puntano a intensificare lo sfruttamento, ad incrementare il ricatto
occupazionale, a distruggere gradualmente tutte le residue conquiste operaie
per rialzare i profitti e competere con i loro concorrenti. Perciò pretendono
la “esigibilità” dei contratti-truffa e degli accordi capestro per le
ristrutturazioni e i licenziamenti di massa, i ribassi salariali, la
flessibilità, etc. Vogliono procedere su questa strada senza trovare ostacoli
da parte degli operai e dei sindacati che resistono.
Da parte loro, i capi riformisti, social-liberisti e cattolici dei sindacati
si spostano ancora più a destra. Mentre gli operai abbandonano i tradizionali
partiti parlamentari e si radicalizzano, costoro si trasformano in un centri
di smobilitazione e crumiraggio dei lavoratori per puntellare il capitale
finanziario e i suoi governi.
La firma di questo vergognoso accordo pone a tutti i comunisti, agli operai
avanzati e combattivi, ai militanti sindacali di classe il problema di come
farlo saltare, per conquistare una vera democrazia sindacale, respingere
l’attacco al diritto di sciopero ed affermare gli interessi di classe.
E’ chiaro che ciò potrà avvenire solo sulla base dello sviluppo della
mobilitazione e della lotta del proletariato nelle fabbriche, nelle piazze,
contro la “pace sociale nell’industria”.
Occorre anzitutto discutere a fondo nei posti di lavoro, nelle sedi sindacali
questo accordo antidemocratico (nessun lavoratore ha mai espresso un mandato
in tal senso), intensificando la critica contro il collaborazionismo dei
vertici e della burocrazia sindacale.
L’impegno comune dev’essere quello di non rispettare questo accordo, per
contrastarne in tutti i modi l'approvazione e l'applicazione.
Per fare ciò è necessaria la massima unità di lotta della casse operaia
assieme all’organizzazione dei disoccupati.
Il modo migliore per incrinare prima e demolire poi l’intesa sulla
rappresentanza è sicuramente quello di realizzare il Fronte unico di lotta del
proletariato, costruendo organismi come i Comitati di sciopero, di agitazione,
etc. che raccolgano vaste masse di operai sindacalizzati e non, per lottare in
difesa degli interessi economici e politici della classe operaia.
Fronte unico significa rilanciare le assemblee decisionali dei lavoratori.
Significa rafforzamento dei settori di opposizione di classe all’interno e
all’esterno dei sindacati e la loro azione comune in un solo Fronte sindacale
di classe, sulla base di una piattaforma di lotta, per costruire
un’alternativa sindacale rivoluzionaria. Significa lottare uniti contro
l’espulsione dei comunisti, dei delegati e degli operai combattivi dai
sindacati, esigendo che siano cacciati i vertici e i burocrati traditori dai
sindacati.
In tutte le realtà in cui è possibile contare su un segmento avanzato e
combattivo del movimento organizzato dei lavoratori (sindacati classisti,
correnti, reti, etc.) utilizziamolo non per separarlo dall'insieme, ma per
forgiare la più ampia unità di lotta della classe operaia occupata e
disoccupata.
Non abbandoniamo all’influenza dei capi reazionari e dell’aristocrazia operaia
la massa degli operai iscritti ai sindacati, ma lavoriamo per rafforzare le
loro posizioni di lotta e attrarli dalla nostra parte!
Ogni vertenza, ogni contratto, ogni sciopero devono diventare un momento dello
scontro fra comunisti e riformisti per la direzione del movimento operaio, per
la conquista delle masse sfruttate e oppresse, per rovesciare nelle fabbriche
e nelle piazze i governi dell’oligarchia finanziaria.
E’ necessario approfittare delle condizioni esistenti per promuovere la lotta
degli operai e dei lavoratori, per avanzare ed affermare l'idea della
rivoluzione e del socialismo.
Il lavoro all’interno del movimento operaio e sindacale è fondamentale ai fini
della ricostruzione del Partito comunista!

6 giugno 2013

Piattaforma Comunista

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