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Giordania, monarchia garante dei non-cambiamenti

(13 Giugno 2013)

In Giordania, a quanto pare, la strada per le riforme non passa dalle manifestazioni di piazza. La monarchia garantisce i privilegiati che le cose non cambino in modo radicale

giordmongar

di Sonia Grieco

Roma, 13 giugno 2013, Nena News - L'immolazione del 23enne Ahmad Robin, mercoledì davanti al ministero dello Sviluppo sociale, è la quinta in meno di due anni in Giordania. Un gesto di protesta estremo, che fa tornare alla memoria quello del tunisino Mohamed Bouazizi, nel dicembre del 2010: il suo suicidio diede il via alla rivolta che ha rovesciato il regime di Ben Ali e, poi, alla cosiddetta Primavera araba nel 2011. Ma le probabilità che tali gesti mobilitino la piazza fino al punto di mettere a repentaglio la tenuta della monarchia hascemita sono piuttosto basse, secondo alcuni analisti.

In Giordania, a quanto pare, la strada per le riforme non passa dalle manifestazioni di piazza, che sono state sporadiche negli ultimi due anni, ma da cambiamenti graduali e promossi dall'alto, che comunque sono stati spinti dalle sollevazioni popolari nel mondo arabo e hanno scalfito appena lo status quo.

Il regno non è immune da proteste - come quella dei giornalisti che mercoledì hanno contestato davanti al palazzo reale la decisione del governo di bloccare 290 siti web locali di informazione - e ha gli stessi problemi che hanno determinato le rivolte in Tunisia, Egitto, Libia, Siria: mancanza di una democrazia reale, di pluralismo, carenza dei servizi pubblici, povertà e disoccupazione a livelli molto alti, distribuzione iniqua della ricchezza con sacche di povertà estrema.

Inoltre, la Giordania è fortemente legata a interessi stranieri che ne limitano la sovranità e spesso pongono le esigenze di paesi esteri al di sopra di quelli nazionali.Un malessere, quest'ultimo, emerso con forza nelle piazze di Tunisi, del Cairo e degli altri stati spazzati dal vento delle sollevazioni popolari. Tutti questi fattori di scontento in altri paesi hanno scatenato rivolte che, con esiti differenti, e nel caso della Siria tuttora imprevedibili, avevano e hanno l'obiettivo di smantellare regimi oppressivi, personalistici e famigliari, caratterizzati da corruzione e da una diffusa ingiustizia sociale.

Nel regno hascemita, invece, re Abdallah II, che concentra nelle sue mani un grande potere, ha preferito allo scontro alcune concessioni: ha emendato un terzo della Costituzione, ha formato una commissione elettorale indipendente, una Corte costituzionale e ha modificato la legge elettorale. D'altronde le contestazioni sono state rivolte al governo, per la sua politica economica, e non tanto alla dinastia hascemita, che non è stata quasi mai messa in discussione da nessuno dei manifestanti, neanche dai Fratelli musulmani che in altri paesi, come l'Egitto, hanno guadagnato il potere in seguito alla caduta di regimi decennali.

Il fatto che la Giordania sia stata sinora soltanto sfiorata dai venti di protesta non si spiega, però, soltanto con la relativa apertura del re alle istanze dei manifestanti. Hamada Faraenah, sul quotidiano palestinese Al-Ayyam, individua anche altre ragioni che hanno a che fare con l'indole conservatrice dei giordani e con il panorama politico di questo paese che è considerato un'oasi di stabilità in un'area calda. Faraenah mette in evidenza la frammentazione e la debolezza dell'opposizione giordana, incapace di trovare un fronte di lotta comune e quindi di mobilitare in massa i cittadini. I giordani, fa notare, nonostante aspirino a una maggiore libertà di espressione, a una più ampia rappresentanza e a riforme politiche e sociali che riducano il divario tra i ricchi e i poveri, hanno mostrato nelle ultime elezioni politiche (gennaio 2013), boicottate dai Fratelli musulmani, di temere cambiamenti radicali.

Anche la componente demografica ha il suo peso: un eventuale allargamento di rappresentanza e di diritti ai palestinesi, che sono quasi la metà dei circa sei milioni di abitanti del regno, è percepito da molti come una minaccia ai propri privilegi, ad esempio al monopolio di alcune professioni. La monarchia, dunque, garantisce che le cose non cambino, o per lo meno non in modo repentino e radicale. Ma guadagnare tempo con la politica delle concessioni non potrà eludere a lungo la domanda di riforme, sia istituzionali sia economiche, avanzata dai giordani.

Nena News

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